Un Papa coraggioso, un uomo che ha attraversato gli anni difficili del ‘900 prendendo decisioni difficili, tenendo saldamente il timone della Barca di Pietro. In una conferenza stampa in Vaticano è stato fatto il punto sulla beatificazione di domenica. All’incontro sono intervenuti il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto emerito della Congregazione per i Vescovi, padre Antonio Marrazzo, postulatore della Causa di Beatificazione, don Pierantonio Lanzoni, delegato vescovile per la promozione della memoria di Paolo VI nella diocesi di Brescia, vice postulatore della Causa di Beatificazione, e don Davide Milani, portavoce della Diocesi di Milano.
Un pastore coraggioso
“Altro che Papa amletico: Paolo VI ha preso decisioni molto coraggiose e innovative: ha abolito la Corte Pontificia, ha abbracciato il patriarca ortodosso Atenagora ed è stato il primo Papa che si è tolto la tiara per affermare che l’autorità del Papa non è legata al potere umano, ma allo stesso tempo voleva mettere i poveri al centro”. Ha sottolineato il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto emerito della Congregazione dei vescovi e conterraneo di Montini. “La tiara – ha ricordato – Paolo VI volle che fosse venduta, la comprò un museo americano, e il ricavato fu portato dal Papa stesso in India per consegnarlo a Madre Teresa di Calcutta”.
I primati
Paolo VI, un Papa di primati che la Chiesa ha scelto come modello a cui ispirarsi. Il cardinale Giovanni Battista Re, storico collaboratore e grande amico di Papa Montini, ha parlato dell’eredità lasciata da Paolo VI. “Paolo VI – ha raccontato il cardinale di origini bresciane come Montini – è stato un papa di primati. Il primo Papa che ha preso l’aereo, il primo che si è recato in Terra Santa mentre era ancora in corso il Concilio. Per dire che il rinnovamento della Chiesa doveva avvenire andando a ricalcare le orme di Cristo”.
“Fu un Papa geniale e ricco di spiritualità”, ha ricordato il porporato, correggendo un aspetto che all’epoca si rimproverava a Montini. “Un papa indeciso? Niente affatto – ha corretto il cardinale Re – si disse che era un Papa indeciso ma più che dubbioso Montini voleva sentire le diverse voci e aveva la volontà di approfondire le ragioni degli altri”.
Il Concilio
Paolo VI “è stato un Papa poco compreso, ci furono giudizi ingiusti e duri contro di lui, ora invece è una figura apprezzata, si riconosce la sua saggezza, la figura di un uomo ricco di spiritualità, molto sensibile alle sfide della modernità e alle attese degli uomini di oggi”. Il cardinale Re si è detto certo che “resterà nella storia per il ruolo che ha avuto nel Concilio Vaticano II: ha avuto il merito di averlo guidato e portato a termine con mano ferma e poi di essersi impegnato per la sua applicazione”. Nel Concilio, come Papa, ha detto Re, “ha cercato di assumere anche le ragioni che c’erano nella minoranza mentre proprio nell’applicazione del Vaticano II ha poi fondato il Sinodo dei vescovi”.
Uomo di cultura e di dialogo
“Resterà nella storia – ha aggiunto Re – anche per essere stato un uomo di cultura, un grande uomo di dialogo, atteggiamento che aveva appreso in famiglia e che sviluppò rendendosi conto che la maggior parte delle persone non sono cattoliche, lo stile doveva allora essere quello del dialogo”. “Si è detto, Papa amletico, indeciso – ha continuato Re – ma il suo non era affatto l’animo del dubbio, piuttosto la volontà di approfondire le questioni in tutti i loro aspetti. Voleva sentire tutte le voci, poi decideva”. Per papa Francesco, ha osservato Re, “Montini è stata una grande luce, la luce della sua giovinezza. Giovanni Paolo II, invece, disse che era stato il suo vero padre. Ha donato alla Chiesa una grande umanità”.
Ostpolitik. Lo sguardo a Est
“L’iniziativa della Ostpolitik è stata di Giovanni XXIII, Paolo VI l’ha portata avanti, c’erano persone che dicevano che non si dovesse seguire questa linea, Paolo VI invece l’ha ripresa in maniera convinta e ha portato avanti questo dialogo con i Paesi dell’Est ottenendo peraltro dei discreti risultati”. Ha ricordato ancora il cardinale Giovanni Battista Re che ha spiegato: In seguito alla sua Ostpolitik “alcuni accordi ci sono stati, diceva che era un ‘modus vivendi’, non morendi, in modo cioè che la Chiesa potesse continuare ad avere dei vescovi”. A questo riguardo, il porporato ha ricordato il braccio di ferro di Paolo VI con il cardinale ungherese Mindszenty che alla fine ubbidì al Papa che lo destituì da arcivescovo di Budapest. “Paolo VI gli scrisse una lettera – ha detto Re -, Mindszenty obbedì, venne a Roma e il Papa lo volle ospitare nella Torre di San Giovanni. Lo accolse lui stesso al suo arrivo e gli donò il mantello rosso che usava a Milano all’epoca in cui era arcivescovo dicendogli che a Vienna, dove poi Mindszenty sarebbe andato, ne avrebbe avuto bisogno perché faceva freddo”.
Il cardinal Re ha ricordato anche il dibattito precedente all’atto di Helsinki con alcuni prelati che sostenevano che si dovesse andare e altri che erano contrari. “Fu Paolo VI a decidere – ha affermato – dicendo che si doveva andare e mandò Casaroli. Fu importante perché furono aggiunte notazioni sulla libertà religiosa che poi ebbero i loro sviluppi persino nella caduta del Muro di Berlino”. Grazie alla Ostpolitik, ha concluso Re, “la Chiesa non è morta, si è ritrovata viva e con una certa organizzazione” negli allora Paesi comunisti.
Amore per la libertà, anche politica
“Paolo VI era un antifascista sfegatato: non era certo a favore di Francisco Franco, come non era stato a favore di Benito Mussolini”. Lo ha affermato il postulatore della causa di beatificazione, padre Antonio Marrazzo, rispondendo a una domanda dei giornalisti sul rapporto conflittuale tra Paolo VI e il regime franchista in Spagna e sull’intervento del Papa per salvare la vita dei condannati a morte “garrotati” durante il regime. “Nella causa di beatificazione – ha comunque spiegato Marrazzo – la ricerca storica fa da base per trovare le virtù: noi non abbiamo seguito il percorso di indagare su tutto”. Tuttavia, “è importante vedere come Paolo VI si è posto davanti alle situazioni: quello che è singolare è stato il suo comportamento nel passaggio alla democrazia, come ha stimolato l’episcopato spagnolo ad essere protagonista in questa transizione. Lui ha dato direttive ma senza apparire. La sua idea era sempre: aiutiamo gli ultimi a sentirsi difesi come umanità”.
Il miracolo e la privacy
Non saranno dati particolari nè immagini della famiglia che ha ricevuto il miracolo grazie al quale è stata resa possibile la beatificazione di Paolo VI. “Hanno invocato la privacy”, si è scusato con i giornalisti il postulatore, padre Antonio Marrazzo che ha tuttavia precisato che il miracolo approvato dalla Chiesa riguarda la guarigione di un feto che non sarebbe potuto nascere a causa di una grave malformazione, ottenuto grazie alle preghiere dei genitori del bambino (oggi è un ragazzo) ma anche dei medici dell’ospedale degli Stati Uniti dove era in cura la signora, e delle suore di Maria Bambina, che all’epoca erano a servizio nell’appartamento di Giovanni Paolo II, una delle quali era in amicizia con la madre della puepera. La reliquia
Alla cerimonia di beatificazione che si svolgerà domenica mattina in Piazza San Pietro, come reliquia di Paolo VI sarà portata una sua maglietta insanguinata, una delle due, di lana leggera, che indossava quando a Manila, nel viaggio del 1970, fu bersaglio di un attentato da parte di uno squilibrato munito di pugnale. Lo ha detto padre Marrazzo, che ha ricordato che le due magliette insanguinate, dopo la morte di Paolo VI, furono donate dal segretario particolare monsignor Pasquale Macchi, una alla diocesi di Milano e una a quella di Brescia. “Noi porteremo quella di Brescia la più insanguinata – ha detto Marrazzo -. La presenteremo in una teca al Santo Padre. Dopo la cerimonia ritornerà nel duomo di Brescia per la venerazione dei fedeli.
L’arazzo
Per l’arazzo che sarà esposto sulla facciata della basilica vaticana è stata utilizzata una foto di Pepi Merisio, fotografo ufficiale di Paolo VI, che ha anche collaborato per la parte fotografica della “positio” durante la causa di beatificazione. La foto mostra Paolo VI ha braccia aperte e sollevate, scontornata con l’inserimento di uno sfondo con una strada lastricata di sampietrini. “L’idea – ha spiegato Marrazzo – è che Paolo VI è stato il Pontefice che ha guidato la Chiesa per le strade del mondo, annunciando la fede in un linguaggio comprensibile all’uomo comune. La gestualità dell’immagine, inoltre, invita all’accoglienza e al dialogo”.
Ci sarà anche Benedetto XVI
Ci sarà anche il Papa emerito, Joseph Ratzinger, domenica a piazza San Pietro in occasione della beatificazione di Paolo VI. Lo ha confermato padre Federico Lombardi.
Milano in festa. Tremila pellegrini a Roma
La Diocesi di Milano si prepara a partecipare alla beatificazione di Paolo VI, che come arcivescovo, guidò la chiesa ambrosiana, tra il ’54 e il ’63, in un momento storico cruciale per la vita ecclesiale e cittadina, lasciando un’impronta indelebile. Da domani, sabato 18, arriveranno a Roma 3.000 pellegrini ambrosiani con il cardinale Angelo Scola. Nelle parrocchie ambrosiane, nella giornata di sabato, si celebreranno Veglie in preparazione alla Beatificazione e in tutte le messe, a cominciare da quelle vigiliari di sabato 18 e poi di domenica 19, i fedeli si uniranno in preghiera con i pellegrini a Roma. Quando a Roma in piazza San Pietro papa Francesco proclamerà “beato” Paolo VI, a Milano e in tutte le parrocchie della Diocesi le campane suoneranno a distesa in segno di festa.
Chi è rimasto a Milano potrà assistere alla diretta di questa Messa, dalle 10.20 alle 12.30, sul megaschermo montato in Galleria Vittorio Emanuele II, in centro. Sarà una proiezione innovativa: sia perché è la prima volta che una Messa viene trasmessa in Galleria sia perché per la prima volta in Europa verrà effettuata su schermo all’aperto in 4K, un nuovo standard televisivo che consente una qualità dell’immagine quattro volte superiore a quella dell’alta definizione. Lo spettatore in Galleria, guardando l’evento, avrà la sensazione di essere affacciato direttamente su piazza San Pietro.
La Fuci
“Ho appreso con piacere che la vostra Federazione si appresta a celebrare un congresso nazionale straordinario ad Arezzo per riscoprire la figura profetica del mio venerato predecessore Papa Paolo VI”. Ha detto Papa Francesco ai giovani della Fuci, la Federazione degli universitari cattolici italiani in un messaggio. Montini, ha continuato, “fu vostro Assistente Centrale dal 1925 al 1933” e “avrò la gioia di proclamarlo Beato”, domenica. Il congresso straordinario per la Beatificazione di Papa Paolo VI verte sul tema ‘In spirito e verità. La testimonianza di Giovanni Battista Montini nell’università e nella cultura contemporaneà. È promosso e organizzato dalla Federazione degli Universitari Cattolici Italiani in collaborazione con la diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro.
Rinovamento dello Spirito
In occasione del rito di beatificazione di Paolo VI, il Rinnovamento nello Spirito Santo vuole ricordarlo, sottolineando che fu Montini a incoraggiare la nascita del Movimento Carismatico Cattolico. Nel 1975 Paolo VI ricevette in udienza, i partecipanti al III Congresso Internazionale del Movimento Carismatico Cattolico e in un discorso “a braccio” sottolineò che il Rinnovamento doveva “ringiovanire il mondo” dandogli “una spiritualità, un’anima, un pensiero religioso”. Il presidente di Rns Salvatore Martinez ribadisce che Montini riconobbe subito il movimento come “chance per la Chiesa e per il mondo”.
Il Meic
Anche la rivista del Meic, il Movimento ecclesiale di impegno culturale, “Coscienza”, celebra la beatificazione di Paolo VI con un numero speciale: la copertina è la riproduzione, testata inclusa, di quella del luglio 1963 con la quale il Movimento Laureati festeggiò l’elezione del “suo” Montini al Soglio di Pietro. Intanto nel pomeriggio a Fiuggi prende il via la XII Assemblea nazionale del Meic, dove i delegati di tutti i gruppi locali d’Italia saranno chiamati a discutere e approvare le linee programmatiche del Movimento per i prossimi tre anni e a eleggere il nuovo Consiglio nazionale. Sarà poi l’organismo scaturito dal voto assembleare a indicare il nuovo presidente nazionale degli intellettuali cattolici, che succederà a Cirotto, giunto alla fine del suo secondo e ultimo mandato.
Il Meic “deve a Paolo VI la sua stessa fondazione e la definizione dei propri caratteri fondamentali, ovvero la comunicazione dell’esperienza di fede attraverso l’esercizio della ragione”. Così il presidente del Meic Carlo Cirotto, che sottolinea che fu proprio l’allora monsignor Giovanbattista Montini, al Congresso della Fuci del 1932, a dare l’impulso alla nascita del Movimento dei Laureati dell’Azione cattolica, progenitore dell’attuale Movimento ecclesiale di impegno culturale. Domenica in piazza San Pietro ci saranno tutti i delegati e centinaia di soci del Meic in arrivo da tutta Italia.
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La fonte dell’introduzione di questo speciale è: Avvenire