Papa Francesco non pronuncia l’atteso discorso dai salesiani, ma lo consegna al Rettor Maggiore perchè sia lui a diffonderlo. Poi, cambiando il protocollo, si è messo simpaticamente ‘a chicchierare’ a braccio, raccontando della sua esperienza con i salesiani. Il Papa si è recato nella ‘casa spirituale’ di Don Bosco nella ricorrenza del bicentenario della nascita del Santo (1815-1888). Sul piazzale antistante la Basilica erano presenti i ragazzi e i giovani degli Oratori.
“La mia famiglia – ha iniziato Francesco – è molto legata ai salesiani; mio papà appena arrivato in Argentina è andato dai salesiani, alla Basilica di S. Maria Ausiliatrice ed alla parrocchia di S. Carlo e si è subito affezionato ad una squadra di calcio che aveva fondato un salesiano. In quella cappellina nell’anno 1908 il salesiano aveva fondato una squadra di calcio con i colori della Madonna… ma con i ragazzi di strada!!!
In quei luoghi mio padre ha conosciuto mia madre che abitava li vicino e si sono sposati da un missionario salesiano della Patagonia che era nato a Lodi. Da ragazzo andavo a confessarmi da Lui, poi mi ha battezzato ed ha guidato la mia vocazione, ed è lui che mi ha guidato in seminario nel passare alla Compagnia di Gesù.
Sono tanto riconoscente alla famiglia salesiana; dopo il quinto parto mia mamma è rimasta un anno paralitica, ed ai tre fratelli più grandi ci ha inviato ai collegi salesiani. L’ultimo anno di collegio ho imparato in questo collegio ad amare la Madonna, proprio con i salesiani che hanno formato l’affettività: quello è proprio un cardine di Don Bosco. Con l’Amore Don Bosco faceva maturare l’affettività! (continua….) Non si può capire Don Bosco senza mamma Margherita!
Io mi domando se la famiglia salesiana oggi, quando si tratta di educare una ragazza le fanno vedere cosa faceva questa donna semplice e povera, per far crescere il cuore del figlio (Don Bosco ndr)” E poi il Pontefice ha insistito sui 3 amori ‘bianchi’ di Don Bosco: la Madonna, l’Eucarestia e la Santa Madre Chiesa!
IL TESTO INTEGRALE ‘A BRACCIO’ DELL’INTERVENTO DI PAPA FRANCESCO
Cara famiglia salesiana, io ho pensato tanto a cosa dirvi. E ho scritto cosa io volevo dirvi. Ma è troppo formale. E lo consegno al rettore maggiore, perché vi faccia conoscere il testo. Questo rettore maggiore che ho conosciuto in un confessionale [risa e applausi]. Ma io non mi sono confessato da lui e neanche lui da me, era un pellegrinaggio alla Madonna di Lujan. Era appena arrivato in Argentina, nel mese di ottobre. Un amico dell’ispettoria salesiana era con lui, e lui vede questo pellegrinaggio di giovani che arriva a un milione durante 48 ore. Quando è uscito un penitente si sono avvicinati e mi hanno detto: “Il nuovo ispettore”. E io gli detto: “Ah, questo è quello che viene a comandarci”. Poi abbiamo avuto buoni rapporti, anche in momento brutti… abbiamo vissuto momenti brutti e anche a me sempre di lui mi ha colpito il servizio e l’umiltà. Ricordo una volta, dovevamo fare qualcosa in parrocchia… E lui ha firmato tutto.
Poi è venuto qui al Capitolo, tranquillo, per tornare in Spagna perché aveva finito… E invece gli hanno fatto la trappola… Ma con lo Spirito Santo. Ma io vorrei parlarvi della mia esperienza con i salesiani. La mia famiglia è una famiglia molto attaccata ai salesiani. Mio papà, appena arrivato in Argentina, è andato dai salesiani nella chiesa italiana. Alla basilica di Maria Ausiliatrice, la parrocchia san Carlo, e ne ha conosciuti tanti. E mio papà subito si è affezionato a una squadra di calcio, che aveva fondato un salesiano!
A 500 metri dalla basilica di san Carlo, lì quel salesiano ha fondato una squadra di calcio con i colori della Madonna, rosso e blu. Ma con i ragazzi di strada eh? Subito. Per me è la migliore squadra di Argentina, tante volte campione… Quindi ha conosciuto mia mamma, che abitava a pochi metri, e si sono sposati da un prete che ha seguito me e mio papà tutta la vita. Un missionario salesiano della Patagonia, nato a Lodi, un bravo uomo e grande confessore della famiglia salesiana. Io andavo a confessarmi da lui, mi ha battezzato.. e ha aiutato la mia vocazione. Nel momento di passare dal seminario alla Compagnia di Gesù mi ha aiutato.
Io sono tanto riconoscente alla famiglia salesiano. Dopo il quinto parto la mia mamma è rimasta un anno paralitica, e a noi più grandi ci ha mandato ai collegi salesiani. L’ultima elementare l’ho fatta lì e ho imparato lì ad amare la Madonna. I salesiani mi hanno formato alla bellezza, al lavoro – e questo è un carisma vostro. Con l’amore formava l’affettività, faceva maturare l’affettività dei ragazzi.
Ricordo i grandi confessori salesiani, misericordiosi, grandi. Lì nella basilica sempre ce n’erano tanti. Ma poi è morto mio papà, è morto questo padre, ma io sempre andavo a Maria ausiliatrice ogni 24 maggio. Portavo dei fiori e pregavo la Madonna. È una cosa che ho ricevuto da voi. Ma una cosa che mi fa sempre pensare: l’affettività. Io credo che don Bosco era capace di educare l’affettività dei ragazzi, perché aveva avuto una mamma che aveva educato la sua affettività. Una mamma buona, carina, forte. Con tanto amore educò il suo cuore. Non si può capire don Bosco senza mamma Margherita. Non lo si può capire.
Io mi domando se i salesiani oggi e le salesiane, tutta la famiglia, quando si tratta di educare una ragazza le fanno vedere cosa faceva questa donna, come ha formato il cuore del figlio. E questo volevo sottolinearlo.
Ma c’è un’altra cosa. In quel tempo, fine Ottocento, questa regione dell’Italia era massonica, mangiapreti, anticlericale, anche demoniaca – anche demoniaca! Torino è uno dei punti demoniaci – ma quanti santi sono usciti da qui. Fate i conti! Il Signore ha dato una missione alle famiglie nate qui. Oggi tante cose sono migliorate. C’è il computer, tante cose.. Ma la situazione della gioventù è più o meno la stessa. Don Bosco cosa ha fatto? Lavorava con i ragazzi che erano lì, senza lavoro e senza studio, sulla strada. Ha rischiato il suo ministero. E per questo tanti hanno sparlato di lui.
Ha rischiato il ministero lì: “Questi son di seconda classe, non si può fare nulla…” Oggi la situazione è che qui in Italia il 40% dei giovani dai 25 anni in giù sono senza lavoro. Né studiano né lavorano. Voi salesiani avete la stessa sfida che ha avuto don Bosco. Prendere questi ragazzi e ragazze. E don Bosco cosa faceva? Lo sport, perché lo sport ti porta a essere sociale, a una competitività sana, ti porta alla bellezza di lavorare tutti insieme. E poi l’educazione. Don Bosco non diceva grandi cose no, piccole scuole per educare ai mestieri. Quelle scuole salesiani, che poi erano de arte y oficio, dove i ragazzi imparavano il mestiere.
Ma oggi i salesiani sono capaci di educare a questi mestieri di urgenza? Davvero, non lo so, pongo questa domanda. Non so, in sei mesi imparare a fare l’elettricista o l’idraulico che sempre si rompe il rubinetto. Educazione, ma educazione alla misura della crisi. Non pensiamo che questi ragazzi di strada oggi – penso alla mia patria – possano andare subito al liceo. Diamo loro qualcosa che sia fonte di lavoro, lavori anche piccoli – anche oggi sì e domani no. Un’educazione di emergenza, credo che hanno bisogno di questo i ragazzi di strada oggi. Poco tempo ma un mestiere pratico e poi si vedrà. Questo 40% ha bisogno di qualcosa. La creatività salesiana prenda in mano questa sfida.
Anche portarli alla gioia, alla gioia salesiana che è un’altra cosa che ho imparato e non dimentico mai. È la gioia che nasce da tutto quello che ci ha dato il Signore, che è bello. L’animazione, educazione. Diamo da mangiare ai ragazzi di strada: è vero, con lo stomaco vuoto non si può lodare Dio! Ma dobbiamo promuoverli, e come? Con la creatività. Educazione a misura della crisi. Questo è quello che mi viene da dirvi.
Cosa ha fatto questo padre, si chiamava Lorenzo Mazza, che ha fondato la squadra di calcio nel 1908? Lo sport. Ha dato una mistica a questi ragazzi di strada. Saranno portatori di droga, cadranno nelle dipendenze, o tanti ragazzi si suicidano… ma la gioia di una cosa che può andare avanti. Questo mi viene da dirvi. È un momento di crisi brutta, anche contraria alla Chiesa. Ma don Bosco non ha avuto vergogna di parlare dei tre amori bianchi: la Madonna, l’Eucaristia e il Papa
Questi tre amori, lui non si vergognava della Madonna. Perché mai si era vergognato della sua mamma. Oggi tanti… Mi ricordo una cosa che mi ha fatto tanto male. Negli anni Ottanti, sono andato in Belgio per un incontro con i benefattori dell’Università cattolica di Cordoba. E poi sono stato invitato a cena a un matrimonio di professori, praticanti e cattolici, con quattro figli piccolini. E a tavola loro incominciavano a parlare di teologia, Cristologia, della situazione della Chiesa. E a un certo punto dicono: “La Madonna oggi non va, grazie a Dio abbiamo superato quella tappa”. Ma erano buoni…
Anche oggi, non fra voi, ma si trova gente che non proprio si vergogna, ma non parla della Madonna con amore come parlava don Bosco. Il primo amore di don Bosco, la Madonna. Si affidava a Dio pregando la Madonna, e rischiava tanto. Il secondo amore, l’Eucaristia. La pratica della liturgia ben portata avanti oggi nella famiglia salesiana si fa e si spiega bene, si fanno entrare i ragazzi nel mistero eucaristico. E anche l’adorazione, che tante volte i salesiani fanno. Questo è buono, anche il Papa lo fa. Perché don Bosco amava la Chiesa, la Madonna e la sua mamma. E a voi, donne consacrate, il mistero della donna nella Chiesa. L’amore al Papa non è amore solo a una persona, è amore a Pietro come testa della Chiesa. Come rappresentante dello sposo della Chiesa. Ma dietro a quell’amore bianco al Papa c’è l’amore alla Chiesa.
Non so come faceva don Bosco a nascondere o spiegare certi scandali. Ma che faceva amare la Chiesa, sì. Pensate a questo collegamento: la Chiesa, madre; la Madonna, madre; Margherita, madre. Voi formate ragazze a diventare madri, ma che facciano crescere i figli nell’amore alla Madonna e alla Chiesa. A volte mi chiedono: non servono decisioni più forti sulle donne nella Chiesa? Certo. Ma credi che nominarne una capo dicastero sia una decisione forte? La donna nella Chiesa ha lo stesso lavoro, per dirlo così, che aveva la Madonna con gli Apostoli nella mattina di Pentecoste. Gli Apostoli senza Maria non andavano: Gesù ha voluto così.
Non dimenticate i tre amori bianchi. Non vergognarsi di parlare della Madonna, di fare l’Eucaristia e farla bene, e non vergognarsi della Santa Madre Chiesa. Che poveretta, finisce sempre sotto attacco tutti i giorni… E di lì imparare il ruolo della donna nella Chiesa. I tre amori bianchi di don Bosco ci portano sempre su questa strada. Poi la fiducia in Dio: ho detto, don Bosco pregava sempre Maria Ausiliatrice e andava avanti. Non aveva tanti calcoli.
La mia esperienza salesiana è quella che ho detto, quella del collegio e basta. Ho fatto il resto nelle scuole pubbliche. E la mia famiglia, attaccata ai salesiani. A Maria Ausiliatrice. Chiedevo ai salesiani “dammi la benedizione di Maria Ausiliatrice”… Di questa esperienza ringrazio Dio, mi hanno aiutato a crescere senza paura, senza ossessioni. Ad andare avanti nella gioia, nella preghiera. Il vostro carisma è di una attualità grandissima. Guardate le strade, guardate i ragazzi e fate decisioni rischiose. Non abbiate paura. Come ha fatto lui.
Vi ringrazio tanto di quello che fate nella Chiesa e per la Chiesa. Vi ringrazio tanto per la missionarietà. Tanti salesiani nascosti in Africa… Penso ai primi tempi della Patagonia, quando le suore andavano là con l’abito di quel tempo – come facevano quelle donne sul cavallo? – e hanno evangelizzato la Patagonia. E i martiri salesiani della Patagonia…
Non è che io abbia una ossessione per la Patagonia. Ma don Bosco l’ha sognata! E ha inviato là. Tanto bene hanno fatto i primi salesiani. E forse il rettore si ricorda quando è venuto da noi per un incontro di beatificazione, con i vescovi della Commissione permanente, ad Aparecida per cercare il posto dove farla. E c’era una proposta buona, di farla a Buenos Aires così tutti gli ex alunni potevano venire. E io mi sono opposto, si ricorda? No, si deve fare in Patagonia! Ma non era una città. Il card. Bertone, che ha fatto la beatificazione, si ricorda.. Era un campo!
I salesiani che non hanno questa concretezza delle cose… Gli manca qualcosa. Il salesiano è concreto, vede il problema, ci pensa e lo prende in mano. Alla fine ho detto “come arcivescovo non darei il permesso”… su questa missionarietà vi dico una cosa: in una delle regioni della Patagonia è stata abbandonata dai preti. Lì non c’erano i salesiani. Durante 15 anni sono entrati evangelisti… Quello era un popolo religioso ma isolato. Loro volevano sentire la Parola di Dio e andavano dal pastore. Si sono più o meno convertiti. Una signora colta – i salesiani non erano sul posto ma avevano fatto tante missioni lì – quando è tornato un nuovo parroco lo ha ricevuto male. Lo ha accusato di averli abbandonato. E alla fine lo ha fatto passare un poco. Alla fine, il sacerdote ha chiesto perdono e mentre usciva la donna lo ha richiamato. Gli ha fatto vedere la statua di Maria Ausiliatrice: “Io sono evangelica adesso, ma questa non la lascio. L’ho nascosta perché non la veda il pastore”. Questa è la vostra missionarietà, grazie tante per quello che fate in tutta la Chiesa.
Questo invece il testo che Papa Francesco ha lasciato ai Salesiani
Maestro dei giovani, servo dei poveri e grande evangelizzatore fiducioso nella Divina Provvidenza: questi i tratti di Don Bosco evidenziati da Papa Francesco nell’incontro con la grande famiglia salesiana nella Basilica di Santa Maria Ausiliatrice.
Sul piazzale antistante la Basilica il Papa saluta i giovani educatori e animatori degli oratori ed ha ricevuto il Saluto di don Ángel Fernández Artime, rettor maggiore dei Salesiani (nella fotogallery) ed il Saluto di sr Yvonne Reungoat, superiora generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice (nella fotogallery)
Ecco il testo di Papa Francesco lasciato al Rettor Maggiore dei Salesiani
Cari fratelli e sorelle, in questo mio pellegrinaggio dedicato alla venerazione di Gesù crocifisso nel segno della santa Sindone, ho scelto di venire in questo luogo che rappresenta il cuore della vita e dell’opera di san Giovanni Bosco, per celebrare con voi il secondo centenario della sua nascita.
Con voi ringrazio il Signore per avere donato alla sua Chiesa questo Santo, che assieme a tanti altri Santi e Sante di questa regione, costituiscono un onore e una benedizione per la Chiesa e la società di Torino e del Piemonte, dell’Italia e del mondo intero, in particolare a motivo della cura avuta verso i giovani poveri ed emarginati.
Non si può parlare oggi di Don Bosco senza vederlo circondato da tante persone: la Famiglia salesiana da lui fondata, gli educatori che a lui si ispirano, e naturalmente tanti giovani, ragazzi e ragazze, di tutte le parti della terra che acclamano Don Bosco quale “padre e maestro”.
Di Don Bosco si può dire tanto! Ma oggi vorrei rimarcare solo tre lineamenti: la fiducia nella divina Provvidenza; la vocazione a essere prete dei giovani specialmente i più poveri; il servizio leale e operoso alla Chiesa, segnatamente alla persona del Successore di Pietro. Don Bosco ha svolto la sua missione sacerdotale fino all’ultimo respiro, sostenuto da una incrollabile fiducia in Dio e nel suo amore, per questo ha fatto grandi cose.
Questo rapporto di fiducia con il Signore è anche la sostanza della vita consacrata, affinché il servizio al Vangelo e ai fratelli non sia un rimanere prigionieri delle nostre visuali, delle realtà di questo mondo che passano, ma un continuo superare noi stessi, ancorandoci alle realtà eterne e inabissandoci nel Signore, nostra forza e nostra speranza. E questa sarà anche la nostra fecondità.
Possiamo oggi interrogarci su questa fecondità, e – mi permetto di dire – sulla tanto “brava” fecondità salesiana.
Ne siamo all’altezza? L’altro aspetto importante della vita di Don Bosco è il servizio ai giovani. Lo realizzò con fermezza e costanza, fra ostacoli e fatiche, con la sensibilità di un cuore generoso. «Non diede passo, non pronunciò parola, non mise mano ad impresa che non avesse di mira la salvezza della gioventù… Realmente non ebbe a cuore altro che le anime» (Costituzioni Salesiane, n. 21). Il carisma di Don Bosco ci porta ad essere educatori dei giovani attuando quella pedagogia della fede che si riassume così: «evangelizzare educando ed educare evangelizzando» (Direttorio Generale per la Catechesi, 147). Evangelizzare i giovani, educare a tempo pieno i giovani, a partire dai più fragili e abbandonati, proponendo uno stile educativo fatto di ragione, religione e amorevolezza, universalmente apprezzato come “sistema preventivo”. Quella mitezza tanto forte di Don Bosco, che certamente aveva imparato da mamma Margherita. Mitezza e tenerezza forte! Vi incoraggio a proseguire con generosità e fiducia le molteplici attività in favore delle nuove generazioni: oratori, centri giovanili, istituti professionali, scuole e collegi. Ma senza dimenticare quelli che Don Bosco chiamava i “ragazzi di strada”: questi hanno tanto bisogno di speranza, di essere formati alla gioia della vita cristiana.
Don Bosco è sempre stato docile e fedele alla Chiesa e al Papa, seguendone i suggerimenti e le indicazioni pastorali. Oggi la Chiesa si rivolge a voi, figli e figlie spirituali di questo grande Santo, e in modo concreto vi invita ad uscire, ad andare sempre di nuovo per trovare i ragazzi e i giovani là dove vivono: nelle periferie delle metropoli, nelle aree di pericolo fisico e morale, nei contesti sociali dove mancano tante cose materiali, ma soprattutto manca l’amore, la comprensione, la tenerezza, la speranza. Andare verso di loro con la traboccante paternità di Don Bosco. L’oratorio di Don Bosco è nato dall’incontro con i ragazzi di strada e per un certo tempo è stato itinerante tra i quartieri di Torino. Possiate annunciare a tutti la misericordia di Gesù, facendo “oratorio” in ogni luogo, specie i più impervi; portando nel cuore lo stile oratoriano di Don Bosco e mirando a orizzonti apostolici sempre più larghi. Dalla solida radice che egli ha posto duecento anni fa nel terreno della Chiesa e della società sono spuntati tanti rami: trenta istituzioni religiose ne vivono il carisma per condividere la missione di portare il Vangelo fino ai confini delle periferie. Il Signore ha poi benedetto questo servizio suscitando tra voi, lungo questi due secoli, una larga schiera di persone che la Chiesa ha proclamato santi e beati.
Vi incoraggio a proseguire su questa strada, imitando la fede di quanti vi hanno preceduto. In questa Basilica, così cara a voi e a tutto il popolo di Dio, invochiamo Maria Ausiliatrice perché benedica ogni membro della Famiglia Salesiana; benedica i genitori e gli educatori che spendono la loro vita per la crescita dei giovani; benedica ogni giovane che si trova nelle opere di Don Bosco, specie quelle dedicate ai più poveri, affinché, grazie alla gioventù bene accolta e educata, sia data alla Chiesa e al mondo la gioia di una nuova umanità.
Servizio di Ornella Felici / Redazione Papaboys
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