Si annuncia un secondo giorno breve, nel programma, ma intenso nei contenuti, per Papa Francesco a Torino, dopo che le prime 24 ore di presenza del Pontefice hanno suscitato una vasta eco di emozioni, non solamente nella città della Mole.
R. – La Chiesa valdese di Torino ha una sua storia particolare. Forse non tutti sanno che i diritti civili sono stati concessi ai Valdesi – e poi anche agli Ebrei – soltanto nel 1848 e la Chiesa di Torino è la prima che è sorta al di fuori di quello che possiamo chiamare “il ghetto delle Valle valdesi”, dove i valdesi erano rinchiusi e da cui non potevano uscire. Questa è poi una Chiesa che in qualche modo esprime le varie anime della Chiesa valdese: la parte più tradizionale, e, dall’altra parte, l’evangelismo italiano che è un po’ più aperto alle realtà del mondo intorno a noi.
D. – Qual è il valore storico di questa “prima volta” di un Papa in un Tempio valdese?
R. – Contatti, ovviamente, tra cattolici e valdesi ci sono già ormai da molti anni, e anche il moderatore della Tavola valdese aveva già incontrato altre volte Papa Francesco. Il fatto che un Papa entri in una chiesa valdese è però la “prima volta”, ed è – io credo – significativo della volontà di riconoscimento reciproco e di lanciare ponti, come si suol dire; e poi, l’ha detto anche Papa Francesco: “Abbattete i muri e costruite i ponti”. Ecco: questo è un ponte che si costruisce nel riconoscimento reciproco. Da una parte, la Tavola valdese invita Papa Francesco, e, dall’altra parte, Papa Francesco accetta questo invito. Il tutto è significativo di un riconoscimento reciproco che – diciamocelo – non c’è stato sempre, da parte di ambedue le Chiese: nel senso che ci si pone spesso un po’ in contrapposizione l’uno con l’altro, mentre invece qua si esprime una volontà di fraternità molto più forte.
D. – Quale reazione ha registrato nel mondo protestante a questa scelta del Papa?
R. – Alcuni hanno trovato la scelta della Tavola immotivata, come se fosse un cedere dalle proprie posizioni; ma altri, invece, si sono dimostrati gioiosamente o sobriamente felici di questa possibilità di incontro. E infatti il nostro tempio sarà bello pieno di persone che non sono tanto curiose, quanto piuttosto piacevolmente sorprese da questa visita. Poi, certo, anche la personalità di Papa Francesco attira. Inoltre, molte coppie, molte famiglie che aderiscono alla Chiesa valdese in realtà sono famiglie miste: un genitore è cattolico è l’altro è valdese. Per cui, diciamo così: questo incontro, per queste famiglie, significa anche una possibilità di incontro particolare.
D. – Come pastore valdese, quali tratti del magistero di Papa Francesco apprezza particolarmente?
R. – Certamente, Papa Francesco ha imposto una svolta: appunto questo costruire i ponti. Non dimentichiamo che prima di venire in una chiesa valdese è stato, per esempio, in una chiesa pentecostale, a Caserta. Credo che Papa Francesco abbia con semplicità, con umiltà, se vogliamo, ma con molta forza, aperto delle porte che poi nella Chiesa cattolica difficilmente si potranno richiudere. Io apprezzo la sua sobrietà ma nello stesso tempo, la schiettezza con cui pone i problemi di fronte alla sua Chiesa e direi anche di fronte al mondo.
D. – Come si svolge concretamente la visita?
R. – Tutto molto semplice: quando il Papa arriva ci sarà un coro che canta, poi il mio saluto molto breve, poi il discorso del moderatore della Tavola valdese e la risposta di Papa Francesco. Poi parlerà il moderatore della Chiesa valdese in Sudamerica e il rappresentante metodista, e poi insieme si canterà un inno secondo la nostra tradizione, si dirà insieme il Padre nostro e poi ci sarà un momento “conviviale” con un gruppo più ristretto di persone. Tutto molto tranquillo, se così vogliamo dire …
di Redazione Papaboys / Fonte: Radio Vaticana (Intervista di Fabio Colagrande)