Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione sulla Chiesa, parla con chiarezza della chiamata universale alla santità, affermando che nessuno ne è escluso: “Nei vari generi di vita e nelle varie professioni un’unica santità è praticata da tutti coloro che sono mossi dallo Spirito di Dio e […] seguono Cristo povero, umile e carico della croce, per meritare di essere partecipi della sua gloria” (LG, 41). La storia della Chiesa è contrassegnata da molte figure di santi e di sante. Ogni Chiesa particolare custodisce, poi, con peculiare cura la memoria di questi suoi figli, proposti come modelli e testimoni. Essi, sono i tesori più cari delle comunità: non si conservano in un museo o in una cassaforte, ma si venerano, si pregano, si imitano, si amano. Sono i fratelli e le sorelle che ci hanno preceduto nella fede e che, ora, ci accompagnano con la loro protezione e ci guidano con la loro vita luminosa.
Ogni santo ci assicura, in modo concreto, che il disegno d’amore e di salvezza di Dio si sta compiendo nella storia, sebbene gli ostacoli e le chiusure degli uomini alle volte sembrano dire il contrario. Tutti noi abbiamo conosciuto nella nostra vita dei santi, che magari non saranno mai canonizzati ma che ci hanno confermato che la fede è credibile. «Vorrei aggiungere – affermava Benedetto XVI nell’Udienza Generale del 13 aprile 2011 – che per me non solo alcuni grandi santi che amo e che conosco bene sono “indicatori di strada”, ma proprio anche i santi semplici, cioè le persone buone che vedo nella mia vita, che non saranno mai canonizzate.
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Sono persone normali, per così dire, senza eroismo visibile, ma nella loro bontà di ogni giorno vedo la verità della fede. Questa bontà, che hanno maturato nella fede della Chiesa, è per me la più sicura apologia del cristianesimo e il segno di dove sia la verità».
La piccola Teresa Ruocco nasce il 26 marzo 2004, da mamma Laura e papà Andrea e vive la sua infanzia a Frignano (CE). È bellissima, e fin da piccola manifesta una grandissima sensibilità e spontaneità nelle relazioni, tanto che le persone che la circondano o che la incontreranno almeno una volta nella vita se ne porteranno, nel cuore e nella memoria, un ricordo indelebile. La sua vita procede serenamente. Accoglie la nascita del fratellino Luca quando ha tre anni di vita. A cinque anni e mezzo inizia la prima elementare e fin dal primo giorno mostra le sue svariate qualità, ottimo profitto, e ottimo comportamento. Non ha mai avuto difficoltà a relazionarsi con i compagni, rispettando tutti e incitando gli altri a farlo con i più deboli. Una sua compagna di classe che allora, aveva il sostegno, la ricorda come colei che la difendeva e la confortava mentre gli altri la deridevano e la prendevano in girono per le sue difficoltà.
Il 28 marzo 2012, due giorni, dopo il suo ottavo compleanno, dopo un lungo periodo di visite specialistiche, di esami vari dovuti ad un persistente dolore alla gamba sinistra, le fu diagnosticato un male terribile: sarcoma di Ewing IV stadio all’anca sinistra metastatico ai polmoni. Comincia così un periodo di sofferenza e prova che Teresa affronta con una forza e un’umanità straordinarie. Racconta che durante il suo primo ricovero sentì una voce che lei diceva essere dal cielo: «Stai sempre vicina alla mamma e ti sentirai forte». Potrebbe essere una suggestione o un normale aumento di attenzione e bisogno di protezione della piccola Teresa, ma accanto a questo episodio comincia , in realtà, una serena e luminosa consapevolezza in lei: «Attraverso questa malattia io ho scoperto l’amore grande di Dio. La mia malattia è un dono». Parola che lasciano letteralmente “senza parole”.
Pur combattendo con tutta se stessa contro la malattia, era anche convinta che lei dovesse dare testimonianza agli altri. Ripeteva spesso: «Gli altri vedendo me capiranno che Dio esiste per davvero», e poi ancora «io ho una missione». E davanti ai momenti di sconforto delle persone che le volevano più bene, specialmente il padre e la madre, diceva: «non temete noi siamo “beati” perché nel Vangelo è scritto che chi soffre è beato». Chi la incontrava non trovava in lei mai una parola di ribellione contro quello che stava vivendo.
Un carattere forte, volitivo, creativo e sensibile. Era una bambina normalissima ma allo stesso tempo straordinaria nel modo di approcciarsi alla vita. Riteneva sempre che la sofferenza degli altri fosse più importante della propria, per questo chiedeva che si pregasse più per gli altri che per lei, e che si domandasse la loro guarigione prima ancora che quella sua. Il 18 novembre 2014 subì una lobectomia, un intervento al polmone per niente facile per una bimba di 10 anni. Nonostante tutto, dopo 4 giorni in ospedale, tra drenaggio e dolori, venne dimessa; mostrava a tutti con coraggio la ferita e li rincuorava dicendo che per lei non era niente e che non avevano motivo di preoccuparsi. Il 4 giugno 2015 le fu diagnosticata una grande metastasi al cervello che la paralizzò parzialmente. Ormai non c’erano più speranze di guarigione.
Visse altri 53 giorni, durante i quali continuò a mostrare la sua profonda fede e illimitata fiducia in Dio. Il suo capezzale è stato meta d’incontri e grazia per tanti laici e sacerdoti. Ha vissuto momenti intensi di preghiera durante i quali fissava lo sguardo al Cielo e sorrideva, e alla domanda del perché fosse così felice, lei rispondeva «Dio ha esaudito tutto le mie preghiere», perché chiedeva di “accrescere la fede”, chiedeva a Gesù di dare la forza di andare avanti a coloro che le stavano accanto, e pregava per quanti non conoscevano questo amato Gesù, perché diceva: «Dove non c’è Gesù, non c’è la forza di andare avanti».
In questi ultimi momenti ebbe anche il conforto della visita del Vescovo di Aversa, S. E. Rev.ma Mons. Angelo Spinillo, che visitandola le portò Gesù Eucarestia. Il 29 luglio, alle ore 16.00, al termine della recita del Santo Rosario, santamente Teresa lasciava questo mondo per tornare al Padre. Pienamente conformata a Cristo. Anche dopo la sua morte – ed io che scrivo, ne sono testimone – la sua tomba, come lo fu prima il suo capezzale, è divenuta meta di tante persone che ancora desiderano incontrarla e consegnarle intenzioni di preghiera.
La sua esperienza rimane un faro di Grazia che col passar del tempo diviene sempre più luminoso. Quella di Teresa è una pagina straordinaria di Passione e di Calvario – «una consegna totale». La morte, veramente, non è mai l’ultima parola. Ci sono, infatti, altre vie, impensabili, che il mondo non conosce – che fa fatica a comprendere, vie che si allargano, vie invisibili, vie nelle quali nel lento corso del tempo, uomini comuni, bambini in questo caso, hanno seminato la parola di Cristo. Una parola che ha il segno della Croce ma la forza del mattino di Pasqua.
di Andrea Maniglia
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