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Terra Santa: i ricordi più belli dei Papi

Il primo successore di san Pietro a compiere un pellegrinaggio in Terra Santa fu Paolo VI che compì il suo viaggio nel Gennaio del 1964, mentre la Chiesa celebrava il Concilio Vaticano II. Domenico Agasso ci racconta che a volte Paolo VI si permetteva piccoli gesti inattesi. Atterrato all’aeroporto di Amman, in Giordania, si diresse in auto verso Gerusalemme, discendendo nella conca del Mar Morto e arrivando poi al Giordano, il fiumicello del Battesimo di Gesù. Era prevista una sosta sulla riva, in posizione riparata, ma lui volle avvicinarsi di più all’acqua con uno spostamento non previsto. Tentò di scendere da solo lungo la breve scarpata, perse l’equilibrio e per poco non ruzzolò nel fiume. Fu sorretto da due soldati dell’esercito di re Hussein, due musulmani, che accorsero e lo aiutarono a rimettersi in equilibrio. Capirono però che lui voleva arrivare all’acqua e lo portarono giù fino a toccarla. Giunto a toccare l’acqua, Paolo VI si raccolse in una intensa recita del Padre Nostro con gli occhi rivolti verso l’alto. Agasso ci racconta anche un secondo episodio avvenuto durante il pellegrinaggio di Paolo VI in Terra Santa: Era la sera del 4 gennaio 1964. «Davanti alla porta di Damasco erano schierati in bell’ordine gruppi religiosi, rappresentanti dell’Onu, ministri e generali Giordani, cori che si preparavano a cantare l’inno dei pellegrini Lauda Jerusalem Dominum, cardinali, vescovi. Tutto preparato con cura, tutto previsto, tranne la gente. Gente del luogo e profughi di guerra, abitanti di casette piccole e scure, gente con le grucce e le bende… quella gente “catturò” il Papa Paolo VI. Solo 5-6 uomini dell’esercito di re Hussein di Giordania riuscirono a formare un cerchio attorno al Papa e scortarlo verso il Calvario. Pochi cristiani erano rimasti lì, in mezzo ad una moltitudine di arabi. Il Segretario di Stato, card. Cicognani, fu salvato da un mercante arabo che lo rifugiò nella sua botteguccia. Niente più protocollo, niente più ordine o gerarchie. Il re Hussein sorvolava la zona in elicottero gridando ordini che nessuno poteva eseguire. Il Papa era in mano a quella gente, quasi tutta musulmana, che gridava “Yaja Baba”, viva il Papa. Il suo zuccotto bianco appariva e spariva, non si sapeva più dove fosse, e magari era lì a pochi metri. Anzi – continua il giornalista- io quando mi tirai indietro per schivare il bastone di un soldato, me lo trovai davanti, il Papa, in faccia a me, quasi addosso a me. Era a mezzo metro, ci separava solo la schiena di un soldato. Incrociai il suo sguardo, vedevo muoversi le sue labbra, e negli occhi aveva una luce mesta, lo sguardo di chi visita un parente malato. Suoi parenti, infatti, erano tutti quei nullatenenti a vita, che però in quel momento lo assediavano felici e, ognuno cercava di dirgli qualcosa».

Il secondo Papa a recarsi in pellegrinaggio in Terra Santa fu San Giovanni Paolo II, che in realtà desiderava potersi recare in Terra Santa fin dal 1978, ma dovette attendere 22 anni prima di poter fare questo viaggio tanto atteso. Il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, Nunzio apostolico in Israele, dal 1994 al 1998, ci racconta quanto fosse forte il desiderio di San Giovanni Paolo II di recarsi in pellegrinaggio in Terra Santa: «Ogni estate tornavo sempre a Roma per un periodo di riposo. Era mia consuetudine inviare al segretario particolare del Papa un biglietto sul quale scrivevo la data iniziale e quella finale della mia permanenza nella capitale. Verso il termine delle vacanze, pochi giorni prima che facessi ritorno in Israele, era ormai tradizione che don Stanislao Dziwisz mi telefonasse per dirmi che Giovanni Paolo II mi invitava a cena. A quei pasti mangiavo sempre molto poco perché il Papa mi faceva tante domande sulle vicende che avvenivano nella terra di Gesù e io passavo tutta la serata a parlare e al momento del congedo il mio piatto era ancora pieno. Ogni anno verso la fine del pasto, il Papa mi faceva la stessa domanda: Eccellenza, quando potrò andare in Terra Santa?. Aspettiamo, Santità. È ancora presto, era sempre la mia risposta». «Durante l’estate del 1997 trascorsi come al solito un periodo di riposo a Roma e informai della mia permanenza don Stanislao. Con mia grande meraviglia, però – ricorda ancora Montezemolo – quell’anno, nonostante si avvicinasse la data del mio rientro in Israele non ricevevo nessuna telefonata dal segretario del Papa. Ero molto stupito perché non era mai successo prima. Pensai che forse Giovanni Paolo II era preso da tanti impegni da non potersi fermare a cena con me. L’ultimo giorno della mia permanenza a Roma – prosegue Montezemolo – mi chiamò don Stanislao e mi disse che il Papa mi attendeva la sera stessa per la cena. Fui molto felice che anche quella volta Giovanni Paolo II si fosse ricordato di me. Verso la fine del pasto – racconta ancora il cardinale – si ripeté la solita scena». «Eccellenza, quando potrò andare in Terra Santa?, mi domandò nuovamente Wojtyla. Quando vuole Santità, fu la mia risposta. Il Papa saltò dalla sedia e replicò subito: Eccellenza, lei ha cambiato opinione. No, Santità, precisai. Non sono io ad aver cambiato opinione, ma sono le condizioni a essere mutate e ora è possibile programmare una sua visita in Terra Santa. Il Papa mi guardò fisso negli occhi e mi disse: Eccellenza, posso chiederle una cortesia?. Rimasi perplesso – confida Montezemolo – non capita tutti i giorni che il Papa ti chieda una cortesia. E non potevo dirgli di no. Certo, Santo Padre. Mi dica, risposi. Quello che ha detto a me – mi disse Wojtyla – lo vada per cortesia a ripetere in Segreteria di Stato!». In un boschetto di olivi piantati durante il pellegrinaggio di Giovanni Paolo II in Terra Santa nel 2000, solo l’albero che era stato benedetto dà frutti. Lo riferisce il giornale Yediot Ahronot. Al termine di una preghiera collettiva sul Monte delle Beatitudini, che domina il Lago di Tiberiade, il pontefice aveva benedetto un olivo offerto da un fondo israeliano per la salvaguardia della terra (il Kkl). L’alberello era stato piantato insieme ad altri undici. “Si trovano tutti sulla stessa parcella e hanno ricevuto le stesse cure e la stessa quantità d’acqua, ma solo quello benedetto dal papa dà frutti”, ha detto al giornale un esperto del Kkl. di Alessandro Ginotta

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