Dio si è dunque compiaciuto nel creare gli Spiriti angelici, in essi Egli ha moltiplicato le perfezioni: Li ha colmati di grazie. Essi sono innumerevoli e, nonostante ciò, ognuno di loro possiede la sua propria personalità, inconfondibile con nessuna altra.
Tante diversità e splendori riuniti basterebbero pienamente a magnificare il Creatore. Ma il capolavoro dei capolavori, la meraviglia delle meraviglie alla quale il Signore ha dato l’essere in questi primi istanti della Creazione, è un Serafino. In lui, il genio divino si è superato. Tutti gli altri Angeli si estasiano davanti a questo Principe.“Tu sei un modello di perfezione, pieno di saggezza, meraviglioso in bellezza. Tu sei, nell’Eden, il giardino di Dio. Tutte le pietre preziose formano il tuo mantello: sardonio, topazio, diamante, crisolito, onice, diaspro, zaffiro, smeraldo; d’oro lavorato sono i tuoi pendenti e le tue pagliette”. Serafino, questo Spirito era già al vertice della Gerarchia angelica e, primo del primo Coro, egli è incontestabilmente il capo di quella Corte che si accosta, splende, intorno all’insondabile penombra dove Dio si tiene nascosto.
Bruciante d’amore e di fervore, egli riverbera la luce divina, proiettandola sugli altri Angeli, rivelando loro, con la sua intelligenza sublime, la più alta che Dio ha creata, i segreti divini che, solo, egli è atto a comprendere quasi nella loro pienezza. Per questo, egli ha ricevuto un nome magnifico, intimamente legato al ruolo che gli è confidato presso l’Altissimo: Lucifero, il “Portatore di Luce”. Ma, non più dell’ultima fila dell’ultimo Coro, Lucifero non è al sommo della sua scienza, del suo fervore e della sua gloria. Quello che egli contempla, nella sua indicibile estasi e già incapace di saziarsene, non è Dio, ma solamente il suo riflesso. Il tempo non è ancora venuto per gli Angeli di conoscere e di vedere il volto dell’Onnipotente. La conoscenza non deve essere la loro ricompensa che al termine di una prova che essi ignorano quale sarà. Intuitivamente, fin dal primo istante della loro creazione, Lucifero ed i suoi fratelli hanno visto il mistero della Trinità e quello dell’Incarnazione. Tuttavia, essi non hanno compreso interamente le implicazioni. Ed ecco che Dio lo mette davanti all’incredibile, all’incomprensibile, davanti a quello che l’intelligenza angelica è la meno adatta a cogliere. Creando gli Angeli – Egli ha creato degli esseri puramente spirituali. Creando l’universo, popolandolo di piante e di animali, Egli ha fatto degli esseri puramente materiali ed incapaci di conoscere la Sua adorabile presenza. La tappa successiva, il nuovo progetto di Dio, è la creazione di un essere ibrido, la nascita di una specie di mostro… l’Uomo. Un essere capace di elevarsi verso le sfere celesti e di concepire l’idea di Dio, ma prigioniero di un corpo di carne. Lo spirito privo delle sue ali, ingabbiato nella materia… Un mostro, un essere infermo. E pertanto tutto come essi, gli Angeli, l’Uomo sarà una immagine di Dio.
Questa immagine sarà anche più fedele. Un fremito di stupore passa sugli Spiriti. Come l’immagine divina, così alta che i Serafini non osano né possono contemplare, potrebbe abbassarsi fino alla materia? Crederlo, non è già una bestemmia? Una inquietudine strana si impadronisce di queste intelligenze normalmente così serene. La materia e lo spirito uniti in una sola natura… Come questo è possibile? Come una tale creatura, squartata tra due estremi così totalmente inconciliabili, non oscurerebbe? Degli Angeli in corpi di bestie… Non è la sconfitta garantita? Come potrebbe mai l’Uomo – l’infelice, prigioniero di un destino così smisurato – essere all’altezza del dono che gli è fatto: la capacità di comprendere l’idea di Dio? Il piano divino continua a svolgersi davanti alla Corte celeste, sempre più interessata. É vero che la materia trascinerà l’uomo verso il basso, ma la sua anima la trascinerà verso l’alto e Dio lo aiuterà. Dio si farà uomo, si unirà all’uomo, perché l’uomo e Dio non siano che uno.Se gli Angeli gridassero, un lungo grido di sorpresa dolorosa, indegna presso alcuni, scuoterebbe le sfere celesti. Questo Dio, di cui nessuno tra di essi può sostenere la maestà terribile e di cui essi proclamano incessantemente la santità dagli accenti splendenti del Trisagione, questo Dio si farà uomo, e, così facendo, si abbasserà al di sotto degli Angeli! Interrogativi febbrili spuntano, in una indicibile comunicazione degli Spiriti. Nessuno di loro comprende. Il più ‘shockato’, il più indignato, non è altri che Lucifero. Il Principe dei Serafini è posto brutalmente di fronte all’insondabile del Divino. La sua estrema intelligenza manca davanti a questo abisso di cui egli sapeva l’esistenza senza misurarne la profondità. Egli non ignorava che la sua scienza di Dio fosse incompleta ma gli sembra ora essere risibile, inesistente quasi. A meno che…, una terrificante, una inverosimile idea si presenta fuggevolmente a Lucifero, prima che egli la rigetti con orrore: il pensiero fugace che Dio potrebbe essere in errore, e lui, Lucifero, nella verità. Egli si trattiene dall’entrare in discussione col Creatore, di dirgli, fremendo: “No, Signore, questo non ti accadrà!”.
É il grido di San Pietro che non comprende la necessità della morte di Cristo, e che gli attira la sferzante reprimenda: “Va indietro, Satana! Tu mi sei di ostacolo, perché i tuoi pensieri non sono quelli di Dio!”. E questo grido, che egli trattiene così difficilmente, è ancora l’espressione del suo amore, del suo fervore e del suo rispetto. Questo non sarà, perché l’Onnipotente non deve umiliarsi. Vicino a Lucifero, un altro Serafino, Michele, si interroga, anche lui. Lucifero sente il turbinio di pensieri che si urtano nell’intelligenza, quasi altrettanto sublime della sua, di suo fratello. Egli sente ugualmente, poco a poco, quello che Michele proietta verso di lui, con quell’ardore proprio alla natura serafica ma che è, presso di lui, più forte che presso ogni altro: delle immagini di pacificazione, di fiducia, di abbandono a quello che li sorpassa tutti. La certezza pacifica ed integra che la sapienza di Dio sa d’obbligo quello che Ella fa e dove Essa va: “Non cercare di comprendere! Accetta! Accetta!”.
Ma Lucifero chiude il suo spirito alle esortazioni di Michele. Non padroneggia egli in intelligenza su tutti gli altri Angeli? Perché meravigliarsi, allora, che egli comprenda prima e solo quello che la Corte angelica apprende lentamente e grazie al suo aiuto? Nell’animo del più bello dei Serafini si alza ciò che non è ancora la ribellione, ma già il preludio insidioso del dubbio.
Dio si farà uomo. L’incredibile, la scioccante affermazione risuona dall’alto in basso dei nove Cori angelici, suscitando nuove questioni, nuove emozioni. Ed ecco che appare l’immagine di questo Uomo-Dio e, vicino a Lui, una creatura umana, nient’altro che umana, completamente umana : una semplice figlia degli uomini. Gli Angeli, attoniti, la sentono nominare col nome che essi credevano impossibile poter mai ascoltare: Madre di Dio! Una creatura madre del Creatore, che mette al mondo l’Increato! “Ecco vostro Signore, ed ecco la vostra Regina. AdorateLo. Chinatevi davanti a Lei”. Gli Angeli, attoniti, la sentono nominare col nome che essi credevano impossibile poter mai ascoltare: Ma Lucifero contempla, smarrito, questi due esseri prigionieri della materia, quell’abominevole materia che spinge al disgusto ed all’orrore la sua natura angelica e spirituale. Adorare quello che gli è così spaventosamente, così incurabilmente inferiore! Come può Egli, suo Re benamato, chiedergli questo?! Il Principe dei Serafini prende subito coscienza sovracuta di ciò che egli possiede: la bellezza, l’intelligenza, la scienza, una volontà perfetta, la grazia e la santità, questi doni gratuiti che distillano in lui la pace, la felicità e l’amore. Quest’uomo e questa donna non possono nulla possedere di tutto ciò, o possederli a dei gradi così infimi da essere ridicoli. Adorarli…?! Ma, se Dio vuole unire la Sua sublime natura ad una natura creata, perché scende così in basso quando Egli potrebbe invece fare l’onore di questa unione ipostatica alla sola delle Sue creature che possa quasi esserne degna: lui, Lucifero, il “Sigillo di rassomiglianza, pieno di saggezza e di una bellezza perfetta”?
Se qualcuno merita quest’incredibile felicità, non è lui, che brucia di un amore folle, che si consuma nell’amare? Adorarli! Nello stesso tempo, l’intelligenza di Lucifero – quell’intelligenza angelica suprema, portata presso di lui alla sua più alta espressione naturale e che coglie subito fin nelle più estreme conseguenze ogni atto e tutte le ipotesi, e tutte le possibilità – gli svela, senza nessuna incertezza, la scelta che si offre a lui. Egli adora, sormontando la sua paura, la sua incomprensione, la sua delusione: la pienezza della felicità che ne discenderà per lui supera la sua capacità di comprendere. Egli non adora: Egli rifiuta. Ed allora… Così atroce, così irreparabile sarebbe questa disgrazia che il pensiero del bel Serafino non dovrebbe neanche arrestarvisi. Questa alternativa, è la libertà. Dio non vuole essere servito da un popolo di schiavi tremanti. La libertà di ogni creatura, è il diritto di pretendere di fare a meno di Dio. Fare a meno di Dio…! Fin nel profondo del suo essere, Lucifero sa che fare a meno di Dio gli è impossibile. Un tale castigo sarebbe peggio, infinitamente peggio, che essere precipitato di nuovo nel Nulla da dove il Creatore l’ha tratto. Dio lo ha creato Serafino, puro amore, bruciatura inguaribile di una fiamma inestinguibile. La sua natura è di amare. Di amarLo più di tutto. E Lucifero non è un qualunque Serafino. Egli è il primo in mezzo ai primi, la più nobile, la più sublime delle creature uscite dalle mani di Dio. Tra tutti, è lui che possiede la più grande potenzialità di amore. Una potenzialità così grande che niente potrebbe mai colmarla, se non Dio stesso… Rinunciare a Dio sarebbe rinunciare a questo assolvimento dell’amore che è la sua ragion d’essere. Egli non sarebbe più che del crepaccio, del vuoto. Un vuoto insondabile, uguale solamente all’insondabile profondità del suo dolore, della sua perdita, della sua disperazione, della sua sofferenza. Egli sarebbe il Vuoto.
Tutto questo, colmo di orrore, al bordo della vertigine, Lucifero lo comprende. Vicino a lui, Michele lo comprende ugualmente e lo supplica: “Adora!”. Lucifero percepisce tutto quello che vi è nella preghiera di Michele : essa non è unicamente esigenza di rendere a Dio quello che Gli è dovuto. Essa è supplica strappata dall’amore fraterno inorridito al pensiero di quello che minaccia il principe serafico. Ma, subito, l’amore di Michele gli sembra odioso, insultante, insopportabile. Chi è, per credere di saperne più di lui? Sovreccitati, i due Serafini non velano i loro pensieri né il loro dialogo i cui accenti si ripercuotono sui Cori inferiori. Adorare, non adorare! Abituati a ricevere le loro illuminazioni da Lucifero, il portatore di Luce, numerosi sono gli Angeli in preda al dubbio e che non sanno quale partito prendere. Quello di Dio, che essi non comprendono e di cui risentono, ripercossa dall’emozione del grande Serafino, la scandalosa umiliazione? Quello di Lucifero, loro abituale maestro, l’autorità costituita? Da quale lato è l’obbedienza? Da quale lato la ribellione? Terribile dilemma: Scelta spaventosa.
Egli adora, abbassando la sua splendida natura serafica davanti a questi esseri in parte materiali. A questo spettacolo, altri Angeli si prosternano a loro volta. Più giù, il tumulto continua. Lucifero sente il dubbio che attanaglia i suoi fratelli, la fedeltà che essi gli votano. Egli è loro Principe, loro capo. A tutti! La sottomissione di Michele, contro il suo parere, gli sembra una intollerabile disobbedienza, un odioso tradimento. La sua supplica desolata lo irrita: “Adora, Lucifero! Adora!”. Miserabile schiavo, indegno delle virtù che gli furono prodigate! Lucifero si vede, magnifico, incomparabile. Prosternare questa meraviglia davanti alla materia? Mai!
La sua intelligenza, la sua logica gli urlano pertanto ch’egli sta per commettere l’irreparabile, che sta per fare la sua propria disgrazia, che deve sottomettersi, fintanto che la scelta gli è offerta, o sarà il Vuoto, il Vuoto atroce ed eterno… Tutto in lui si ribella contro questa scelta mostruosa. Egli sa che dovrebbe volgere la sua volontà, il suo spirito, il suo essere tutto intero verso questa Presenza nella quale Michele sembra ora piombato, radioso come mai lo è stato. Ma, farlo, è rinunciare a quello che egli guarda oramai come suoi diritti intangibili. I suoi diritti, a lui che è la Bellezza, la Perfezione, la Grazia, la Santità. Lucifero non si pensa più in rapporto a Dio. Egli si pensa in rapporto a se stesso… Egli non ha mai visto Dio ed ecco che egli si vede, lui. E si illumina e si compiace in questo splendore menzognero ed imbroglione. Il suo cuore si inorgoglisce della sua bellezza.
L’amore che lo bruciava si distoglie dal suo oggetto e dalla sua sorgente, il braciere si spegne nel suo spirito senza che vi prenda cura, assorto come è nella scoperta del suo proprio splendore. Distogliersi da quel miraggio, egli lo può ancora ; egli non lo vuole. Sa che sta per commettere un errore mostruoso, ma questo errore lo seduce, gli sembra più bello della Verità. Ostinato, il bel Lucifero si guarda: Egli si ama. Dio, lontano, nascosto, sta per essere perduto da lui, egli lo sa. Questo non lo impensierisce più. Che bisogno ha di Dio? Egli può farne a meno! La beatitudine? Ma la beatitudine non è in Dio, è in se stesso!
Lucifero ha dimenticato da chi egli riceve i suoi doni ed il suo essere. Egli si guarda e la sua compiacenza non smette di crescere. Il rimprovero di Michele risuona ancora da qualche parte, infinitamente lontana: “Adora!”. “No! No, non servirò! Io non adorerò perché mi è posteriore ed inferiore!”. Adorare degli esseri materiali, quando si è il più sublime dei Serafini! Quando si era… Perché, come egli profferiva queste parole insensate, e che egli sapeva tali, un velo di tenebre si è abbattuto su Lucifero. In lui, per lui, la luce di Dio si è spenta per sempre. Il Portatore di Luce non è più che oscurità.
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