Il 19 novembre di due anni fa scrivevamo su Rimini 2.0 che la Congregazione delle cause dei santi stava esaminando quello che viene considerato il miracolo attribuito alla intercessione di Sandra Sabattini: “un cinquantenne di Rimini guarito da un tumore”.
Forse in pochi ricordano il nome della persona guarita, per l’intercessione di Alberto Marvelli (1918-1946), in modo scientificamente non spiegabile nel 2002. Si chiama Tito Malfatti.
Il cinquantenne di Rimini è invece un nome notissimo e che sarà ricordato facilmente. Secondo quello che la chiesa sta valutando, anche lui ha ricevuto un miracolo non meno prodigioso, questa volta grazie ad una giovane studentessa di Rimini, morta a soli 23 anni a seguito di un tragico incidente, Sandra Sabattini, appunto, così diversa da Alberto Marvelli ma entrambi strappati alla vita allo stesso modo e giovanissimi: anche Marvelli si spegne dopo un incidente stradale, quando aveva 28 anni.
Si tratta di Stefano Vitali, classe 1967, presidente della Provincia di Rimini dal 2009 al 2014 e prima, per dieci anni, assessore col sindaco Ravaioli. Oltre che politico di area Pd, è impegnato da tempo nella comunità di don Oreste Benzi, inizialmente a fianco del sacerdote, nella seconda metà degli anni 90, ed ora, dopo che ha lasciato l’ente di corso d’Augusto, è tornato nella Papa Giovanni XXIII per seguirne i progetti all’estero, considerato che è presente in tutto il mondo. Un miracolo in famiglia, si potrebbe definire, visto che Sandra Sabattini (nella foto sotto)
e Stefano Vitali appartengono entrambi alla stessa esperienza sgorgata dal carisma di don Benzi, anche se i due protagonisti probabilmente non si sono neppure conosciuti visto che la prima è morta quando Vitali aveva 17 anni e solo successivamente avverrà l’ingresso a tutti gli effetti di quest’ultimo nella associazione che opera dal 1968 a fianco dei deboli e degli emarginati, e che da quell’anno è stata riconosciuta come aggregazione internazionale di fedeli di diritto pontificio.
La storia del miracolo, che ovviamente per essere ufficialmente dichiarato tale dovrà seguire tutta la trafila prevista e richiederà il tempo necessario, va raccontata a partire da quella della malattia che ha colpito Stefano Vitali. Ne parliamo perché lui stesso non l’ha mai nascosta, nemmeno in pubblico, ai tempi in cui era assessore ai servizi sociali del Comune di Rimini.
Nel 2007 scopre di avere un cancro e improvvisamente la sua vita cambia. Sono momenti difficili e faticosi, non solo per i nuovi incerti scenari che si aprono davanti alla sua esistenza, ma anche per tutto quello che deve affrontare. I medici gli pronosticano sei mesi di vita. E’ una “botta” incredibile. Però non si abbatte e affronta con speranza la prova. Lo prende in cura il suo sindaco oncologo, primario del reparto all’Infermi, Alberto Ravaioli. Un oncologo di grido, come si suol dire, con ruoli molto prestigiosi anche a livello internazionale nella cura dei tumori.
Dopo pochi mesi da quando sta fronteggiando la malattia, inaspettatamente il 2 novembre 2007 muore don Oreste Benzi (anche per lui è in corso a livello diocesano il processo di beatificazione), che per Sandra Sabattini ha avuto una vera e propria predilezione. E’ lui che nel 1984 cura la prima edizione del “Diario di Sandra”. E’ lui che chiede alla Conferenza episcopale emiliano-romagnola il nulla osta per avviare l’iter verso gli altari della giovane. Segue le fasi iniziali del processo di canonizzazione, che si apre a Rimini nel settembre del 2006 e si chiude nel dicembre di due anni dopo. “Sandra era immersa in una relazione limpida e intensa con Dio”, dirà don Benzi, “gustava tutto l’universo, scoprendone ogni bellezza assieme a Lui”.
Qualcosa di misterioso appare da subito nella cartella clinica di Stefano Vitali, ma nessuno parla di miracolo. Pur colpito da un cancro all’intestino che nel momento in cui viene diagnosticato è già molto diffuso e aggressivo, con linfonodi e metastasi che la tac fotografa in modo impietoso, nel giro di circa due mesi il morso mortale della malattia smette di stringere. La guarigione così rapida e risolutiva, tanto più considerate le premesse, appare già all’epoca abbastanza inspiegabile. Restano evidenti segni sul corpo, ma sono solo quelli lasciati dal chirurgo. Il cancro è sconfitto.
Sandra Sabattini è una gemma sbocciata sul tronco piantato da don Oreste Benzi. Nasce a Riccione nel 1961, ma rinasce nell’incontro (quando ha 12 anni) con il sacerdote degli ultimi e comincia a spendersi per gli altri senza riserve, i tossicodipendenti e i diseredati che incrocia sul suo cammino e ai quali regala la “paghetta” dei genitori. Il suo sogno è quello di andare in missione in Africa, ma non ne avrà il tempo. Insieme alla famiglia abita anche la canonica di San Girolamo, dove lo zio don Giuseppe è parroco. Dopo la maturità si iscrive a medicina. C’è in lei qualcosa che subito colpisce chi le sta accanto, sin da quando è adolescente. Appunta su un diario il difficile mestiere di vivere, non si fa sconti e guarda sempre più in alto. Non si accontenta delle piccole distrazioni. Verga su fogli volanti che “la vita senza Dio è un passatempo noioso con cui giocare in attesa della morte”. E’ un’anima esigente. Ha un ragazzo, Guido, di cui è innamorata, quando un’auto la travolge davanti alla Casa della Papa Giovanni di Igea Marina, nell’aprile del 1984. E se la chiesa la proclamerà santa, sarà la prima “santa fidanzata”.
L’imprevisto l’ha accompagnata in vita ma anche dopo. Il 22 aprile 2009, a venticinque anni dalla morte di Sandra, quando la commissione si reca nel cimitero di S. Andrea in Casale, dove Sandra Sabattini è sepolta di fianco alla mamma Agnese (morta nel 1992), per la traslazione della salma nella chiesa di S. Girolamo, trova una bara vuota. Solo pezzi della croce che sormontava la bara e qualche brandellino delle calze. Nulla del corpo, nemmeno un piccolo osso. Cercano a fondo, rivoltano la terra, infilano le mani come archeologi in cerca di preziosi resti di civiltà antiche. Ma devono constatare che quello che hanno davanti agli occhi altro non è che un sepolcro vuoto. Cercatemi altrove, sembra dire lei. Un’ultima frase, questa volta non scritta su carta, lasciata ai dubbiosi. Stupore, e forse qualcosa di più, si stampa sul volto del vescovo, Francesco Lambiasi, e degli altri membri della commissione, compreso il medico legale, don Nevio Faitanini della Papa Giovanni, lo zio don Giuseppe Bonini e il fratello di Sandra, anche lui medico. A non essere meravigliato di quella bara vuota sarà il padre di Sandra, Giuseppe Sabattini: “E’ ritornata da dove è venuta”. Don Oreste Benzi non era stato meno chiaro e non aveva avuto bisogno di un sepolcro vuoto per dire, molti anni prima: “Sandra non va cercata fra i morti”.
Nella chiesa di S. Girolamo era pronta l’urna che avrebbe dovuto contenere le reliquie della giovane già in odore di santità, ma l’imprevisto ribaltò i piani. L’urna è rimasta vuota, trasparente, con solo qualche pezzo di legno che racchiuse il corpo di Sandra ancora intatto. Mons. Lambiasi dirà che, come per Gesù, di Sandra Sabattini non è rimasta reliquia e quel sepolcro vuoto va interpretato come un segno della risurrezione.
Non breve sarà, si diceva, il percorso verso la canonizzazione di Sandra Sabattini, che si è aperto col decreto di costituzione del tribunale delegato per il processo canonico sulla vita, la virtù e la fama di santità della Serva di Dio Sandra Sabattini. Quel decreto lo firmò il vescovo Mariano De Nicolò. Su questa strada già tracciata il miracolo segna un punto di svolta. Sul tavolo della Congregazione per le cause dei santi ci sono già, da oltre otto anni, mille pagine degli atti processuali relativi alla causa e che raccolgono anche le testimonianze di una settantina di uomini e donne, religiosi e laici, che hanno conosciuto Sandra o che con lei sono venuti in contatto per via indiretta. Il prossimo passo sarà il “Decreto di eroicità delle virtù teologali e cardinali” e a quel punto Sandra Sabattini per la chiesa sarà “venerabile”. Potrebbe avvenire nell’anno in corso. Quindi il miracolo attribuito alla sua intercessione le consentirà di essere proclama beata. Come avvenuto per Alberto Marvelli, beatificato nella piana di Montorso, Loreto, da Giovanni Paolo II nel 2004. Per la canonizzazione è invece necessario un secondo miracolo.
Fonte: www.riminiduepuntozero.it
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