Durante una delle pause accademiche, nel corso della permanenza romana, probabilmente nel periodo che va dal 29 marzo al 4 aprile del 1948, così come segnalato dall’ottimo studio di Stefano Campanella (Il Papa e il Frate, inserito nella positio della beatificazione ndr), il giovane sacerdote don Karol, giunge a San Giovanni Rotondo e conosce Padre Pio. Come l’autore appena citato, siamo anche noi convinti che uno dei motivi ispiratori della visita nel paese garganico sia stato determinato dall’approfondimento dell’oggetto della tesi dottorale, dedicata al ruolo della fede in San Giovanni della Croce.
Nell’umile Frate Cappuccino, infatti, uomo di fede e di preghiera, mistico e contemplativo, icona visibile del Cristo crocifisso e risorto, segno per un’umanità tramortita e ancora affranta dal dolore, egli può riscontrare, quegli aspetti che costituiranno un tratto originale del suo studio dottorale, ma anche della sua stessa esperienza personale, vale a dire come la fede e la preghiera siano mezzo d’unione con Dio, anche nel tempo del buio e della prova.
Un’ulteriore aspetto – scrive per approfondire Giovanni Chifari su Papaboys 3.0 – può essere rintracciato nella crescente e graduale consapevolezza personale dell’esperienza contemplativa. Solo anni dopo sapremo che Don Karol è un mistico. Un’esplicita testimonianza che l’attento giornalista, sopra citato, ha potuto apprendere da un’intervista al Card. Deskur, compagno di seminario e amico personale del futuro Papa, ci suggerisce che fin dai tempi del seminario egli durante la preghiera, riusciva ad immergersi in Dio, perdendo quasi contatto con tutto ciò che era intorno, in una costante dimensione contemplativa.
I dialoghi fra Giovanni Paolo II e Padre Pio
Egli stesso narrerà alcuni elementi del dialogo avuto con Padre Pio, che avviene durante la confessione. Accenni che sembrano rievocare una comune missione e condivisione, quella della sofferenza, che, come sappiamo, scandirà il futuro ministero del giovane sacerdote. Alla domanda su quale piaga sia più dolorosa, Padre Pio avrebbe risposto: “quella della spalla”. Quella cioè che in Gesù sostiene il peso della croce. Anche quel giovane sacerdote, sarà chiamato a portare questa croce, introducendo la Chiesa nel solco del terzo millennio. Così, dopo aver soggiornato l’anno prima, durante le vacanze estive ad Ars (1947), approfondendo la figura del Santo Curato, adesso, incontrando Padre Pio, potrà fare conoscenza diretta di un “uomo di Dio”, attingendo ad una mediazione autentica ed efficace, entrando in una comunione che lo accompagnerà per il resto della vita. Don Karol tornerà in patria avendo fatto esperienza di un certo modello di sacerdote, che fra i poli dell’altare e del confessionale, così come nella direzione spirituale e perfino nelle Opere terrene, prolunga l’azione di Dio nel mondo. In Padre Pio osserva infatti una contemplazione che si apre all’azione. Proprio in quegli anni all’opera nella costruzione di quel “tempio di preghiera e di scienza” dedicato al sollievo della sofferenza.
Karol Wojtyla, alunno esemplare. Padre Pio gli disse: studia le lingue, un capo deve saperle
Non parla l’inglese e dunque bisogna affidarsi ad interpreti. Madre Magdalena Strzelecka, direttrice a Wadowice della Casa nativa di Giovanni Paolo II, oggi Museo, appartenente alla Congregazione delle nazaretane, ha conosciuto da vicino Giovanni Paolo II e ne viene fuori un ritratto a tutto tondo del defunto caro Papa.
Sorella, lei ha conosciuto il futuro Papa molto prima che salisse al soglio di Pietro, chi era Karol? ” Un uomo semplice, che sapeva gustare la vita e amava il teatro, sì lo divertiva il teatro”. Risulta vero che alcune volte ha interpretato, nella stessa opera, persino due personaggi distinti? “Sì, sapeva cambiare, e la cosa mi sembrava geniale ed anche buffa”. La sorella parla di Karol (Lolek per i polacchi) come studente modello e rivela che a a scuola si impegnava allo spasimo ed alcune volte risultava persino… cattivello. ” Gli piaceva molto studiare e si applicava tanto, anche perché comprendeva i sacrifici e …… i costi della scuola che reputava cosa seria. Persino con i suoi amici e compagni di banco era molto, ma molto rigido arrivando al punto, una volta, di esclamare rivolto ad un giovanotto che gli copiava il compito: ora basta, se non lo sai, ingannare non serve a nulla. Dopo vieni da me e te lo spiego, mi sembra meglio e molto più leale”. È vero che amava studiare le lingue straniere così come confermò poi brillantemente durante tutto il suo pontificato? “Vero. Ma in tutto questo suo amore verso le lingue straniere ci ha messo lo zampino un frate cappuccino italiano che lui stimava moltissimo”.
Chi sarebbe? “Il famoso Padre Pio, che poi egli stesso ha canonizzato”. Scusi sorella, ma che c’entra Padre Pio con le lingue? “Un giorno Karol mi rivelò che un frate italiano, Padre Pio, gli disse scherzando: studia, studia le lingue. Un giorno, quando diventerai capo della Chiesa ti serviranno. Le lingue sono utili per chi deve governare la Chiesa”.
Che idea si è fatta di Giovanni Paolo II? “Era davvero un uomo molto sensibile ed affabile, alla mano. Gli piaceva scherzare e il buon umore. Però non tollerava le parolacce. Ricordo perfettamente che quando fui a Roma per il Grande Giubileo del 2000, mi ricevette e mi inginocchiai davanti a lui. Con assoluta sorpresa, mi afferrò per le braccia e mi disse: basta alzati, ci conosciamo da una vita. Sono ancora Lolek”.
Domani, leggeremo insieme altri inediti interventi di ‘amici’ del Santo Pontefice!
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