Nemici di un tempo che diventano amici
Quando andò in Pakistan (16 febbraio 1981), padre Schiavone, anziano missionario domenicano toscano, racconta: “Giovanni Paolo II è il centravanti delle missioni”. Rimane impressa nel cuore la visita del Papa a Karachi e l’entusiasmo che aveva suscitato nello stadio cittadino pieno di giovani musulmani. Diceva il sacerdote della missione: “Noi missionari che siamo in questo paese da decine d’anni, tollerati e a volte perseguitati, mai avremmo immaginato di poter essere testimoni di una scena simile: una folla di musulmani che applaudiva il nostro Papa! Abbiamo pianto di gioia”. E concludeva: “Noi missionari abbiamo trovato il nostro centravanti! Lui i goal li fa davvero!”.
Quella bufera di neve a Nagasaki che fece piangere il Giappone
Sul viaggio di soli quattro giorni in Giappone (23-26 febbraio 1981), un missionario del Pime, padre Pino Cazzaniga (sul posto dal 1959), ha scritto: “La visita del Papa è stata un successo grandioso, che nessuno aveva previsto e che nemmeno i più ottimisti pensavano possibile. Ho toccato con mano l’intervento della Provvidenza per un viaggio che avrebbe dovuto risultare negativo”. In Giappone i cattolici sono lo 0,3% dei giapponesi, ma nella città di Nagasaki sono una comunità di una certa consistenza. Quando Giovanni Paolo II doveva celebrare la Messa nello stadio di Nagasaki, da due giorni tutta la regione era travagliata da una bufera di neve, che bloccava i trasporti. Il card. Satowaki e gli organizzatori pensavano di far celebrare il Papa nella cattedrale cattolica, ma al mattino presto nello stadio incominciavano ad arrivare i fedeli e la gente comune equipaggiati da alta montagna, qualcuno era arrivato alle cinque del mattino! Per la Messa lo stadio era pieno. Il Papa celebra con un freddo polare e il vento tagliente, ma aveva 61 anni e ha potuto sostenere tre ore di Messa e di cerimonie varie. Le televisioni trasmettevano in tutto il paese.
“Così – scrive Cazzaniga – tutto il Giappone vede la scena della bufera, del vento gagliardo che fa mulinare il nevischio, del Papa che ogni tanto soffia sulle sue dita per riscaldarsele. Ma vede anche quelle decine di migliaia di persone, tremanti e ad occhi chiusi, stringendosi l’una all’altra per cercare calore e sostegno. Nessuno si muove fino alla fine della cerimonia. È una resistenza commovente, fa capire che sotto c’è molto di più che un semplice accorrere per un “Wojtyla Show“
Pillole da non dimenticare
Capiranno i nostri lettori che non è possibile riassumere in poche righe gli oltre 100 viaggi internazionali, ciascuno con la sua storia e le sue storie, gli aneddoti, le curiosità, i particolari, gli abbracci, le ripercussioni. Ed allora per andare in avanti, ed affrontare anche temi ‘altri’ del Pontificato nei prossimi giorni, corriamo verso la fine del millennio con alcuni accenni che vogliamo ricordare. Episodi. Momenti. Storie. Nel 1984, Giovanni Paolo II fu il primo Papa a visitare Porto Rico. In ricordo della visita alla città boliviana di Cochabamba nel 1988 fu eretta la colossale statua del Cristo de la Concordia, una delle statue del Cristo più alte al mondo. Alcuni giornali riportarono la notizia di un complotto per assassinare il Papa durante la sua visita a Manila, nelle Filippine, nel gennaio del 1995. Il piano, inserito all’interno di un vasto piano di attacchi terroristici, chiamato Operazione Bojinka, sarebbe stato pianificato dai due affiliati alla rete terroristica Al Qaida, Ramzi Yusef e Khalid Sheykh Mohammed. Un attentatore suicida, vestito da prete per potersi avvicinare a Wojtyła senza destare sospetti, avrebbe dovuto avvicinarsi al veicolo che lo trasportava e farsi esplodere vicino ad esso. Ma il piano fallì. Nel 1999 Giovanni Paolo II visitò la Romania dove incontrò i capi locali della Chiesa ortodossa, divenendo il primo Pontefice a visitare un paese a maggioranza Ortodossa dallo Scisma nell’XI secolo (1054). Anche in questa occasione nuove pagine di storia scorrono tra i libri. E nei cuori.
Sempre nel 1999, Giovanni Paolo II fece un altro dei suoi numerosi viaggi negli Stati Uniti d’America, celebrando una mMessa a St. Louis nell’Edward Jones Dome. Parteciparono più di 104.000 persone, trasformando l’evento nella più grande riunione al coperto nella storia degli Stati Uniti.
Il tempo e la storia ci aspettavano sulla porta, con fiducia o scetticismo, ma Karol varcava la soglia della speranza, prima con energia, quindi con sofferenza, fino al dolore puro che si faceva croce. Ne parleremo nei prossimi approfondimenti.
Domani intanto, leggeremo insieme, come la Madonna lo ha tenuto in braccio per tutti questi anni. Che si creda e no.
100 ANNI CON KAROL nasce da un’idea dei direttori del quotidiano La Discussione Giampiero Catone, e del sito Papaboys 3.0 Daniele Venturi nell’occasione dell’anniversario della nascita del Santo Polacco.
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