Una riflessione a mo’ di galleria fotografica per trarre sempre nuove riflessioni
Il mio secondo figlio si chiama Agustín, e non perché mio padre o mio nonno si chiamino così, e nemmeno perché chiamare i bambini in questo modo è di moda.
Mio figlio si chiamaAgustín in onore di Sant’Agostino di Ippona. Ho voluto dargli questo nome, sul quale mio marito fortunatamente ha concordato, per non dimenticare mai quello che la vita di questo santo ha dato alla mia e a quella di tanti altri.
Le Confessioni sono il libro attraverso il quale ho conosciuto Sant’Agostino, ed è quello che raccomando maggiormente quando parliamo di conversione e di lotta.
Oltre ad essere un bel dialogo tra Sant’Agostino e Dio, questa autobiografia dimostra che anche i santi sono stati peccatori come te e me. Tra le sue righe molti di noi hanno trovato riflesse la propria storia e le proprie cadute. È servita e serve da ispirazione e da incoraggiamento per la conversione di tanti.
Le confessioni, scritte dal 397 fino al 400 (anche se a riguardo ci sono state numerose dispute), sono un’opera divisa in 13 libri, nella quale Agostino ha voluto porre davanti a Dio e a noi tutti il ricordo della sua anima e, con una profonda umiltà, manifestare il suo vecchio e nuovo “io”.
Agostino inizia quello che sarà il suo libro più importante con un’invocazione a Dio. In seguito racconta i primi peccati infantili (che non ricorda ma che gli vengono raccontati o vede in altri bambini) quando cercava le mammelle per nutrirsi, si beava delle gioie o piangeva per le noie della sua carne.
Un bimbo comune che sorrideva, s’innervosiva e al quale non bastava mai niente. Lentamente imparò a parlare osservando i movimenti degli adulti, cominciò a comunicare con i segni adatti e da bimbo divenne, come si definì lui stesso, un fanciullo chiacchierone.
Ecco una riflessione a mo di galleria fotografica sulle Confessioni. Queste parole continuino ad ispirarci oggi come ieri nella ricerca della verità, ovvero nella ricerca di Dio.
© Pixabay
Quanti di noi, pur essendo nati in una famiglia cattolica, hanno conosciuto davvero Dio in età adulta? Non è mai tardi per tornare a Lui, Dio è sempre con noi. Siamo noi che non eravamo con Lui.
“Tardi ti ho amato,bellezza così antica e così nuova, tardi ti ho amato. Tu eri dentro di me, e io fuori. E là ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Tu eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da te quelle creature che non esisterebbero se non esistessero in te. Mi hai chiamato, e il tuo grido ha squarciato la mia sordità. Hai mandato un baleno, e il tuo splendore ha dissipato la mia cecità. Hai effuso il tuo profumo; l’ho aspirato e ora anelo a te. Ti ho gustato, e ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato, e ora ardo dal desiderio della tua pace”.
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Quante volte non capiamo cosa ci accade nella vita? Quante cadute, quanti dolori… Anche se sembra che siamo soli in mezzo all’incertezza, Dio è sempre lì; parla, consola e cura con attenzione, anche nel dolore.
“Sotto il lavorio della tua mano delicatissima e pazientissima, Signore, ora il mio cuore lentamente prendeva forma”.
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Quante volte abbiamo levato gli occhi al cielo chiedendo qualcosa a Dio? Gli abbiamo affidato i nostri desideri, i nostri sogni. Gli abbiamo chiesto di alleggerire il nostro peso. A volte sembra che non ci ascolti, ma lo fa sempre e dà ciò che sa che è meglio per ciascuno.
“Tu, la Verità, siedi alto sopra tutti coloro che ti consultano e rispondi contemporaneamente a tutti coloro che ti consultano anche su cose diverse. Le tue risposte sono chiare, ma non tutti le odono chiaramente. Ognuno ti consulta su ciò che vuole, ma non sempre ode la risposta che vuole. Servo tuo più fedele è quello che non mira a udire da te ciò che vuole, ma a volere piuttosto ciò che da te ode”.
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Costa credere che siamo davvero figli di Dio, tutti e ciascuno di noi. Anche quelli che non credono in Lui. Dio conosce ogni angolo del nostro essere, ogni pensiero, ogni sogno, ogni anelito, ogni caduta, ogni lotta, perché sono state le Sue mani a modellare la nostra esistenza.
“O bontà onnipotente, che ti prendi cura di ciascuno di noi come se avessi solo lui da curare, e di tutti come di ciascuno”
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Noi mamme sappiamo quanto costa allevare un figlio. Serve fiducia in Dio per formarli nella libertà e nella verità. Santa Monica, madre di Sant’Agostino, ci insegna che tutti i dolori e le paure nell’allevare i nostri figli, quando sono offerti a Dio, danno frutto. Tutti siamo chiamati ad essere santi, e tutte le madri sono chiamate ad allevare figli santi per Dio.
“Piangeva innanzi a te mia madre, tua fedele, versando più lacrime di quante ne versino mai le madri alla morte fisica dei figli. Grazie alla fede e allo spirito ricevuto da te essa vedeva la mia morte; e tu l’esaudisti, Signore”. “Le lacrime di una tale donna, che con esse ti chiedeva non oro né argento, né beni labili o volubili, ma la salvezza dell’anima di suo figlio avresti potuto sdegnarle tu, che così l’avevi fatta con la tua grazia, rifiutandole il tuo soccorso? Certamente no, Signore”.
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Perdere qualcuno che amiamo profondamente è così doloroso che si desidera anche la propria morte. Senza Dio siamo perduti, soli, ma Egli comprende questo dolore e ci promette un incontro futuro e senza separazioni nella vita eterna. Questa promessa è quella che ci deve riempire di speranza e far ripristinare la gioia perduta per l’assenza fisica di coloro che se ne sono andati.
“L’unico a non perdere mai un essere caro è colui che ha tutti cari in chi non è mai perduto. E chi è costui, se non il Dio nostro, il Dio che creò il cielo e la terra e li colma, perché colmandoli li ha fatti?”
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Ci sono giorni in cui vorremmo darci per vinti. È una lotta che sembriamo perdere, stanchi di cadere e di chiedere perdono sempre per le stesse cose. Dio non si stanca di perdonarci, siamo noi che pensiamo di non essere più degni di perdono. La sua misericordia è infinita.
“Lode a te, gloria a te, fonte di misericordie. Io mi facevo più miserabile, e tu più vicino. Ormai, ormai era accostata la tua mano, che mi avrebbe tolto e levato dal fango, e io lo ignoravo”.
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Soprattutto in quest’epoca, quanto è importante volgere il nostro sguardo ai nostri fratelli bisognosi della nostra generosità e del nostro amore! C’è tanta gente che muore di fame mentre alcuni sono pieni di ricchezze!
“Tutti i beni che mai possedessimo, sarebbero stati messi in comune, costituendosi, di tutti, un patrimonio solo. In tale maniera, per la nostra schietta amicizia non ci sarebbero stati beni dell’uno o dell’altro, ma un’unica sostanza, formata da tutti; questa sostanza collettiva sarebbe stata di ognuno, e tutte le sostanze sarebbero state di tutti”.
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In un mondo in cui si ripone il valore nell’immagine e in ciò che si ha, Sant’Agostino ci ricorda che è agli umili che Dio guarda volentieri.
“Volgi lo sguardo sugli umili, mentre gli eccelsi li vuoi conoscere da lontano e solo ai cuori contriti ti avvicini; non ti riveli ai superbi neppure se con la loro curiosa destrezza sappiano calcolare le stelle e l’arena, misurare gli spazi siderei ed esplorare le piste degli astri”.
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Desideroso di essere immortale, l’uomo lotta per evitare la morte, per prolungare la giovinezza, e disprezza tutto ciò che gli ricorda che è passeggero, che il corpo si deteriora e che avrà una fine. Sant’Agostino ci ricorda che la nostra vera dimora è il cielo.
“La nostra casa non precipita durante la nostra assenza: è la tua eternità”.
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Il desiderio di infinito che ha l’essere umano non è altro che un’espressione della nostalgia di Dio, della chiamata ad essere eterni. Riusciremo a saziare questo anelito, questa fame, solo nutrendoci di Dio.
di Silvana Ramos per Aleteia
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Grazie Signore di aver difeso mio figlio proteggi lo, fortificato, degno del tuo Amore grazie