Testimonium

Il Santo di oggi – 11 Settembre – Santi Proto e Giacinto (Martiri)

I santi Proto e Giacinto furono sepolti nel cimitero di Bassilla (poi di San Ermete). Nel 1845 le loro ossa furono trovate in un cubicolo che papa Damaso aveva fatto ripulire dalla terra franata e in cui aveva fatto porre una lapide che ricordava come Proto e Giacinto fossero fratelli martiri. La tradizione narra la loro vita in modo leggendario. Essi sarebbero stati due fratelli cristiani eunuchi, schiavi di Eugenia, figlia del nobile romano Filippo, prefetto di Alessandria d’Egitto. Convertita al cristianesimo, Eugenia avrebbe ceduto i due giovani alla nobile Bassilla, convertitasi a sua volta grazie ai loro insegnamenti. Denunciati dal fidanzato di quest’ultima, sarebbero stati tutti martirizzati. Al di là della leggenda, è certo che la loro esistenza e il loro martirio sono stati storicamente comprovati.

Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Roma nel cimitero di Basilla sulla via Salaria antica, deposizione dei santi martiri Proto e Giacinto, che il papa san Damaso celebrò nei suoi versi, recuperando i loro tumuli nascosti sotto terra. In questo luogo, circa quindici secoli dopo sono stati nuovamente ritrovati il sepolcro intatto di san Giacinto e il suo corpo consumato dal fuoco.

La storicità dei due martiri è un fatto indi­scusso: la loro memoria è infatti celebrata nella Depositio martyrum di Roma, nel Sacramentario Gelasiano (ms. di S. Gallo), nel Gregoriano, in vari Itinerari (Salisburgense, Epitome de locis sanctis…) e nel Calendario marmoreo napoletano.
Proto e Giacinto erano stati sepolti nel cimitero di Bassilla (poi di S. Ermete) in un cubicolo che papa Damaso, nel sec. IV, fece ripulire dalla terra fra­nata e dotare di una scala d’accesso e di un lucer­nario, ricordando il fatto in una lapide ove parlava del sepolcro dei martiri già nascosto sub aggere montis e da lui reso accessibile: quindi rivolgen­dosi ai due santi scriveva:
Te Protum retinet melior sibi regia coeli
sanguine purpureo sequeris yacinthe probatus
germani fratres animis ingentibus ambo.
Htc victor meruit palman prior ille coronam
Successive riparazioni furono apportate al se­polcro come ricordano alcune iscrizioni ed il Lib. Pont. (I, p. 261), testimo­nianze di un culto assai diffuso.
Quando nei secc. VIII-IX i papi cominciarono la traslazione delle reliquie dei martiri dalle cata­combe alle chiese urbane, anche le ossa di Proto (e non quelle di Giacinto) furono trasferite in Roma. In realtà fino al 1845 si era creduto che i resti dei due martiri si trovassero in città, ma una fortu­nata scoperta archeologica del p. Marchi dimostrò che la tomba di s. Giacinto era rimasta intatta nel cimi­tero di S. Ermete.
Il 21 marzo 1845, infatti, uno scavatore mise in luce una lastra con questa iscrizione: « dp III idus septebr Yacinthus martyr » rimasta al suo posto originario; non molto distante fu ritro­vato un frammento di lapide con scritto sepulcrum Proti M. Nella tomba furono rinvenute ossa bruciacchiate, indizio del genere di martirio subito da Giacinto. Dato che la tomba era molto scarna si è pensato che fosse stata scavata durante la persecuzione di Valeriano allorquando era proibito ai cristiani l’accesso ai sepolcri. Attualmente le ossa di Giacinto sono venerate nel collegio di Propaganda Fide; mentre quelle di Proto in S. Giovanni dei Fiorentini. La festa di entrambi si celebra l’11 settembre.


I fatti della vita di Proto e Giacinto sono invece contenuti in una narrazione assolutamente leggendaria: in essa si dice che erano due fratelli eunuchi schiavi di Eugenia, figlia del nobile romano Filippo, prefetto di Alessandria d’Egitto. In questa località i due giovani cristiani riuscirono a far entrare Eugenia in un monastero. In seguito a romanzesche vicende la famiglia di Filippo si convertì, Eugenia rientrò poi a Roma e svolse opera di apostolato; all’amica Bassilla, desiderosa di aderire al Cristianesimo, consegnò i suoi schiavi Proto e Giacinto perché la istruissero nella verità di fede. Dopo la conversione Bassilla fu denunciata dal fidanzato al magistrato che la fece condannare a morte assieme ai due giovani.

In alcune leggende romane si riscontrano altri gruppi di giovani eunuchi al servizio di donne: come Calogero e Partenio, Giovanni e Paolo; si tratta quindi di un motivo comune e ricorrente. Che Proto e Giacinto fossero fratelli è già affermato da Damaso, ma in mancanza di documenti più sicuri non si può escludere che la notizia sia leggendaria. Forse essa è nata dal fatto che i due martiri furono sepolti l’uno vicino all’altro. Non è infrequente il caso, in questo genere di narrazioni, di trasformare in parenti, martiri sepolti nella stessa zona.

Autore: Gian Domenico Gordini

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