Categorie: Italiae et Ecclesia

Chi sono i Papaboys? (prima parte)

Come sono nati i Papaboys? Quali sono le caratteristiche dei giovani del Papa? Sono le domande ricorrenti rivolte da tante persone ai responsabili dell’Associazione. Guardando le immagini delle Giornate Mondiali della Gioventù, possiamo scorgere i volti felici e gioiosi di milioni di ragazzi, i quali invece di conformarsi alla mentalità del mondo, lasciano irrompere Cristo nella propria vita. Rispondere all’appello di Gesù di andare in tutto il mondo per annunciare la sua parola è il compito principale dei papaboys, i quali attingono forza e coraggio dalla preghiera davanti a Gesù Eucarestia. Senza preghiera non si costruisce la Chiesa, ma associazioni a scopo  di lucro. I giovani che vogliono testimoniare la fede nel Cristo Risorto, attingono forza dalla presenza reale del Signore. E’ necessario stare in silenzio davanti a Lui, in ginocchio, ricordando le parole dell’apostolo: “nel suo nome, ogni ginocchio si pieghi nei cieli e sulla terra, e ogni lingua proclami che Lui è il Signore”.

Il Giubileo dei giovani che si è svolto a Roma tra il 14 e il 20 agosto 2000, è stato l’evento centrale dell’anno giubilare ed ha coinvolto circa due milioni di giovani provenienti da ogni parte del mondo. Non è la prima volta che Roma ospita l’evento; anche nel 1984 infatti, il Giubileo dei giovani veniva celebrato nella città eterna. Nel 1987 è stata la volta di Buenos Aires, nel’89 di Santiago de Compostela, nel ’91 di Czestochowa, nel 1993 di Denver, nel 1995 di Manila. L’ultimo Giubileo dei giovani risale al 1997 ed è stato celebrato a Parigi. Ma quello del 2000 è stato sicuramente molto significativo sia per la quantità dei giovani che hanno partecipato, sia per l’impegno della città che li ospitava. I giornali, la televisione e tutti i mezzi di informazione vi hanno dedicato grande attenzione con cronache, immagini e commenti. La 15^ Giornata Mondiale della Gioventù è stata occasione di un grande incontro di preghiera e riflessione con il Papa per i giovani cattolici di tutto il mondo. Durante i sei giorni tutta la città e anche numerosi centri della provincia sono stati coinvolti nell’accoglienza e nell’organizzazione di spazi dove ospitare i ragazzi per dormire, mangiare, svolgere attività di catechesi e incontri. Il tema centrale di questo evento è stato quello dell’Incarnazione, espresso con il versetto del Vangelo di Giovanni “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”.

La Chiesa ha voluto invitare i giovani a fare propria l’esperienza di fede dei primi cristiani, a riscoprire la loro identità di credenti attraverso il pellegrinaggio, l’incontro, la preghiera. Nella giornata conclusiva a Tor Vergata erano presenti oltre due milioni di ragazzi, tutta la notte raccolti insieme in preghiera. La musica, i canti e le preghiere in tutte le lingue cancellano le storiche divisioni tra paesi non sempre fratelli. Dopo le cifre è importante sottolineare anche i volti, le storie. Alcune di esse richiamano il valore della tolleranza e la possibilità di una convivenza civile tra i popoli. Troviamo fianco a fianco ragazzi di etnia tutsi e di etnia tutu, che con la loro eterna guerra hanno insanguinato il Ruanda, nonché dal Medio Oriente, israeliani, libanesi e palestinesi dei territori occupati. Quanto alla stratificazione sociale, l’evento è davvero trasversale: ricchi e poveri, da contadini congolesi che guadagnano pochi spiccioli al giorno a figli di facoltosi imprenditori europei. Tutti insieme per riflettere sulla pace nel mondo, per abbattere diversità e barriere innalzate dall’intolleranza e dall’intransigenza. Un boato accoglie l’arrivo del Pontefice: applausi, sventolii di bandiere, grida di gioia esplodono in quello che alcuni hanno già sommessamente indicato come un happening rock o meglio “Woodstock”
giubilare.

A questo punto è interessante scoprire quali sono le differenze o le affinità con il grande concerto rock degli anni ’70. Prima le differenze. Rispetto, per esempio all’ultimo concerto rock del primo maggio a San Giovanni, i ragazzi presenti alla 15^ Giornata Mondiale della Gioventù, sono numericamente superiori e vengono a vedere una pop-star anziana e malata. Una condizione fisica, quella del Santo Padre, che avrebbe emarginato qualsiasi pop-star dal proprio pubblico. Inoltre non circolano droghe di nessun tipo. Queste sembrano essere le uniche differenze. Questo raduno delle Giornate Mondiali della Gioventù è uguale a un happening rock, con striscioni “Papa, sei troppo il migliore”, slogan ed entusiasmo che dimostrano come questi giovani siano fieri di esserci. Giovanni Paolo II con la mano destra batte il tempo ai cori da stadio urlati in tutte le lingue. I sudamericani e gli spagnoli: ”Juan Pablo secundo, te quiere todo el mundo” e gli italiani ritmano: “Gio-va-nni Pao-lo… ta-ta-ta-ta”, come sono soliti fare con i loro beniamini del calcio. I francesi ribattono “Vive Jean Paul deuz..” e qualcuno accenna anche un: “Chi non salta è….”. Basta guardare i libretti in vendita agli stand dei gadgets ufficiali, quelli con i testi delle canzoni e gli accordi. Sono le stesse canzoni di tutti i coetanei, compresi i diabolici Guns’n’Roses e i comunisti Chumbawamba. I pompieri aspergono migliaia di giovani sottoposti ai dardi infocati del sole di agosto. E’ proprio questa settimana che cerca di somigliare a un concerto rock e il pensiero dominante è che lo abbia fatto anche molto bene. Tuttavia non è Woodstock e la differenza è netta; là si sono anche massacrati e hanno distrutto qualsiasi cosa. Alla 15^ Giornata Mondiale della Gioventù questo non è avvenuto perché qui l’attrazione, alla fine, è solo “Gio-vannipaolo” con messaggi di vita e diffusione di valori opposti a quelli di un rave rock. Nei concerti rock degli anni ‘70 c’era il clima della controcultura, dei figli dei fiori, al grido “Fate l’amore non fate la guerra”, qui i ragazzi in shorts e torso nudo inneggiano a “Emmanuel”. Il Santo Padre ha consegnato ai giovani del mondo il suo manifesto per vivere la fede del 2000. Li ha esortati alla pace, alla giustizia, li ha spinti a chinarsi sui mille volti di uomini e donne in preda alla fame, alla miseria, alla malattia, alla disperazione del carcere e del peccato, per scoprire in loro il volto di Cristo. Li ha impegnati a non essere mai strumento di violenza e di odio. Chiede con forza un maggiore spirito di sacrificio per seguire la direzione della solidarietà e della giustizia, per seguire Cristo. Il Santo Padre ha lo sguardo fisso soltanto sulle sue “Sentinelle” del futuro, concludendo con una parola d’ordine sferzante: “Se sarete quello che dovete essere, metterete a fuoco tutto il mondo”. Con urla e battimani l’immensa platea stringe il pontefice in un ultimo abbraccio e accetta questo messaggio.

Questi giovani esprimono un atto di simpatia ed ascoltano il profeta Wojtyla e la sinistra, penso agli articoli di Rossana Rossanda o dello stesso Scalfari, che parla di «afasia dei laici» di fronte alla prorompenza di Giovanni Paolo II. E’ lui il leaderun maestro dei Mass Media, una grande icona capace di aver convogliato a Roma un’emozione. Il suo fascino è ulteriormente rimarcato dalla carenza di grandi personalità sul piano internazionale, da capi di stato poco carismatici e influenti sulle coscienze delle masse. Il Papa è diventato una vera figura mediatica, che producendo un immane spettacolo e riesce, ormai, a polarizzare l’attenzione universale sul video-schermo. Tuttavia, così facendo, ha indebolito il ruolo delle gerarchie intermedie che hanno sempre rappresentato una forza della struttura cattolica e con loro tutte le altre figure religiose e politiche del mondo. Il Santo Padre si fa, pertanto, catalizzatore di un’emozione, in una società priva di ideologie e di valori, in una società cinica. di Salvatore Severi

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