1500 malati di Tbc condannati a morte in Corea del Nord, ma se non mi fermo non me ne accorgo

Venerdì 4 marzo Papa Francesco ha indetto 24 ore di preghiera. Per la chiesa cattolica ha i risvolti sacramentali dell’eucarestia e della penitenza ma credo abbia un senso profondo anche per l’uomo che voglia essere semplicemente se stesso.

Esiste un modo di contare il tempo che non è solo orizzontale, da qui a lì, da prima a dopo, da un problema all’altro, esiste anche un modo di contare il tempo che ha bisogno di spegnere tutto ciò che ci ricorda che c’è qualcosa da fare. Che ha bisogno di chiudere tutto per poter aprire qualcosa. Il nome antico di questo modo è adorare: diciamo che “adorare” è il modo per contare il tempo in verticale. Adorare è fermare il tempo, fermandoci noi. Andare dentro di noi, giù in fondo, per trovare lo sguardo che ci comprende, che ci custodisce, uno sguardo che viene dall’alto, non perché sia lontano da noi ma perché è sopra. Per questo alcuni lo chiamano così: l’Altissimo.

Cosa succederà dalle 17 di oggi fino alle 17 di domani? Non lo so precisamente. Accadrà che il tempo dentro di me comincerà a cercare il suo senso, la luce a posarsi dentro la nostra vita, i nostri sentimenti, le nostre stanchezze. Non lo so precisamente cosa succederà ma una cosa succederà perché le cose spirituali – non necessariamente quelle cristiane – sono le cose più corporee che un uomo possa fare. Mai vista un’anima pregare: solo gente con la testa tra le mani o le ginocchia piegate o le mani giunte o appoggiate in fondo, a una colonna. Mai visto un’anima pregare, solo le persone. E loro vivono nel tempo.

Forse non vedremo nulla di più di quello che già vediamo di noi e della nostra vita. Forse non capiremo nulla di più di quello che già sappiamo di noi e della nostra vita. Forse non prenderemo decisioni diverse da quelle che abbiamo già prese, ma una cosa succederà. Di guardare la nostra vita non più da soli. Non più col naso schiacciato al vetro. A me, mentre scrivevo queste righe, è accaduto di scoprire che in Corea del Nord ci sono millecinquecento malati di tubercolosi che non potranno ricevere le cure di una Ong perché la politica non firma i permessi necessari all’invio dei medicinali.

I rapporti fra Seoul e Pyongyang sono al livello peggiore dai tempi della separazione della penisola e si teme una strage causata non dai proiettili ma dalle frontiere chiuse che così impedirebbero alle normali spedizioni di medicinali di passare e avviarsi verso i sanatori del nord.

Cambi lo sguardo e ti accorgi che le beghe di casa nostra sono davvero lo starnazzare delle galline nel pollaio. Ventiquattro ore vanno dentro il cuore e la Corea del Nord e i suoi malati senza medicine vanno a mettersi sulle mie spalle insieme a tutto quello che io di me non so ma che nel raccoglimento posso trovare.

Di Don Mauro Leonardi

Articolo tratto da L’Huffingotnpost


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