Agli illustrissimi signori capigruppo della Camera dei Deputati e del Senato Italiano. Sono Lorenzo Moscon, uno studente universitario di 23 anni affetto dalla nascita da una triplegia spastica a causa della quale sono disabile al 100%, costretto su di una sedia a rotelle.
Mi rivolgo a Voi attraverso questa lettera, poiché ho appreso che in questo periodo inizia un dibattito in sede parlamentare sul tema dell’eutanasia, e questa notizia ha destato in me un sincero timore.
La World Medical Association nel 1987 definì l’eutanasia come segue: «Atto volontario con cui si pone deliberatamente fine alla vita di un paziente, anche nel caso di richiesta del paziente stesso o di un suo parente stretto»: dunque anche nel caso di richiesta, da parte del paziente, di realizzare nei suoi riguardi un abbandono terapeutico, la cessazione di terapie adeguate.
Il primo motivo per cui dichiaro la mia più ferma contrarietà al fatto che lo Stato si esprima e legiferi su questo tema è che intravedo il pericolo che, mediante una legge, si giustifichi e si consenta la soppressione di un malato per alleviarlo da una sofferenza terribile, mentre è ormai dimostrato da numerosi studi a riguardo che, laddove vi fosse un dolore lancinante, il ricorso alle cosiddette cure palliative consente di lenire il dolore in maniera estremamente efficace. Piuttosto, il problema nel nostro Paese è l’inaccettabile mancanza della disponibilità ad intraprendere siffatto cammino terapeutico in molti luoghi di cura. Non sarebbe meglio contrastare la sofferenza dei malati piuttosto che ucciderli in nome di una pietà falsa che cela ragioni sanitarie od economiche?
In secondo luogo, nella mia esperienza ospedaliera, che si compone di ben sei interventi chirurgici subiti, ho sperimentato quanto sia indifeso, impotente e vulnerabile un malato in un letto d’ospedale. E non vedo per quale motivo i medici, viste le difficoltà economiche in cui versa il settore sanitario nel nostro Paese, la pressione sociale e quella che ricevono dalle strutture sanitarie stesse, debbano essere considerati esenti dalla tentazione di manipolare i pazienti, spingendoli a chiedere l’eutanasia.
Anzi, sono convinto che quando un essere umano patisce un dolore fisico, oltre a soddisfare i propri bisogni primari abbia bisogno di percepire nei suoi confronti un affetto, che è l’ultima realtà a cui ognuno di noi, di qualsiasi ceto sociale, età o sesso, si può attaccare di fronte allo struggimento che l’esperienza della malattia genera nell’infermo. Di fatto non ho mai chiesto di essere ucciso, tuttalpiù di avere una persona cara al mio fianco.
Ritengo doveroso ricordare alle Vostre persone che alcune misure legislative, una volta adottate, hanno effetti a lungo termine spesso imprevedibili. In questo caso però, già in altri stati è possibile osservare gli effetti dell’adozione di simili norme. Non è nuovo, tra gli altri, l’esempio dell’Olanda, nella quale l’eutanasia fu introdotta nel 2000 per gli infermi maggiorenni capaci di intendere, di volere, e di farne richiesta scritta.
Approvata la legge, i promotori hanno subito fatto notare che anche i minorenni possono soffrire in modo atroce.
Così, nel 2002 la possibilità di chiedere l’eutanasia è stata estesa agli adolescenti sopra i dodici anni, ritenuti abbastanza maturi per richiederla. Ormai il Parlamento olandese e belga discutono l’estensione dell’eutanasia ai malati di mente, ed a quelli in terapia intensiva riservando la decisione ai medici. Tant’è vero che la Società belga di terapia intensiva, in un documento dal titolo “Piece of mind: end of life in the intensive care unit statement” (febbraio 2014), propone l’eutanasia del paziente anche senza consenso di questi.
In quanto cittadino confido nel Vostro impegno per la ricerca di un autentico bene comune, e mi affido alla Vostra disponibilità a considerare le mie istanze durante lo svolgimento dei vostri lavori.
Distinti saluti,
Lorenzo Moscon
Fonte www.iltimone.org
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