Nel corso di quella prima visita pastorale, compiuta tra il 02 e il 12 Maggio 1980 in terra africana, «l’inculturazione del Vangelo» e «l’africanizzazione» del messaggio cristiano e della realtà ecclesiale furono rivendicate come aspetti imprescindibili per la diffusione del Cristianesimo presso le popolazioni locali. Emerse allora l’idea che, sebbene la fede cristiana non si identifichi con una specifica cultura, il Vangelo possa aiutare i fedeli a vivere appieno la propria dimensione culturale, accompagnando la nascita di originali espressioni di vita, di celebrazione liturgica e di pensiero cristiane, a partire proprio dalle varie tradizioni ancestrali. Giovanni Paolo II – che aveva vissuto in prima persona gli sforzi compiuti dalla Nazione polacca per la difesa della propria sovranità – si è dimostrato sempre favorevole ai processi di autodeterminazione dei popoli africani, invitando i cittadini a prendere in mano il proprio destino ed esserne artefici. Il suo appoggio era rivolto ai movimenti ispirati dai principi di giustizia e dignità nazionale, ai gruppi che rivendicavano la tutela della ricchezza e della specificità delle culture, il rispetto delle relazioni familiari e dei legami sociali propri della collettività. Come è scritto nella sua prima Enciclica «Redemptor Hominis», del 4 marzo 1979, “L’uomo è la via della Chiesa…Ogni uomo in ogni società e in tutto il mondo. Cristo è il Redentore degli uomini.” L’attenzione speciale per l’aspetto umano di ciascun individuo è l’elemento che ha ispirato l’operato di Giovanni Paolo II per l’intera durata del suo Pontificato. Questa premura costante si è concretamente tradotta, in particolar modo, nel sostegno rivolto alle persone svantaggiate, agli oppressi, e nell’amore incondizionato di Papa Wojtyla per l’Africa. Un continente nel quale egli ha compiuto sedici viaggi dal 1980 al 2000, visitando ben 41 paesi, alcuni dei quali più volte. Nella piena coscienza che lo sviluppo coerente del continente è stato inevitabilmente compromesso dai secoli di schiavitù e di colonizzazione, l’impegno di Karol Wojtyla fu in larga parte rivolto a facilitare l’incontro tra il Vangelo e la realtà delle Chiese locali, dunque l’unione tra i valori cristiani universali e l’elemento culturale africano. Non a caso, proprio sotto il suo Pontificato è stato introdotto il concetto di «inculturazione»,
una forma di divulgazione della religione che tiene conto dei contributi originali provenienti dalle comunità cristiane autoctone e che si lascia in parte modellare da esse. Sin dal primo viaggio apostolico in Africa, in Repubblica Democratica del Congo e in Congo Brazzaville, Papa Wojtyla ha affrontato i problemi inerenti all’approfondimento dello spirito cristiano e alla cosiddetta
“africanizzazione” della Chiesa. Giovanni Paolo II predicava in favore di una Chiesa che potesse farsi carico anche dei problemi familiari, attenta all’autodeterminazione dell’essere umano e al suo sviluppo integrale, ma in un’ottica d’incontro con i fratelli, in una prospettiva di avvicinamento alla dimensione universale della Famiglia Umana e della comunità ecclesiale.
“La vostra Chiesa dovrà approfondire la sua dimensione locale, africana, senza mai scordare la propria dimensione universale…”: questo l’invito che Giovanni Paolo II rivolse ai fedeli congolesi, nel lontano 1980, all’arrivo nell’aeroporto di Kinshasa.
Dal 15-19 Novembre 1980, Giovanni Paolo II si recò in visita Apostolica nella Repubblica federale tedesca. Gli impegni previsti per il pellegrinaggio, come sempre furono molto numerosi. Ricordiamo le principali tappe: a Colonia Celebrò la Santa Messa, nella quale ricordò ai presenti: “Noi, che formiamo adesso la Chiesa di Cristo sulla terra, su questa parte del territorio tedesco dobbiamo incontrarci nella dimensione dell’unità del regno di Dio: Cristo è venuto per annunziare questo regno e diffonderlo su questa terra, in ogni luogo della terra, negli uomini e tra gli uomini. Questo regno di Dio è in mezzo a noi (cf. Lc 17,21), così come è stato in tutte le generazioni dei vostri padri ed antenati. Come loro, noi però preghiamo ancora nel “Padre nostro” ogni giorno: “Venga il tuo regno”. Queste parole testimoniano che il regno di Dio sta ancora davanti a noi, che gli andiamo incontro e ad esso andiamo avanzando per sentieri confusi, e anzi qualche volta perfino falsi, della nostra esistenza terrena. Noi testimoniamo con queste parole, che il regno di Dio si realizza in continuazione e si avvicina, anche se noi spesso lo perdiamo d’occhio e non percepiamo più il suo profilo determinato dal Vangelo. Sembra spesso che l’unica ed esclusiva dimensione della nostra esistenza sia “questo mondo”: il “regno di questo mondo” con il suo profilo visibile, il suo affascinante progresso nella scienza e nella tecnica, nella cultura e nella economia… affascinante e spesso anche preoccupante! Se noi però ogni giorno, o almeno di quando in quando, ci inginocchiamo per pregare, pronunciamo tra le circostanze della vita sempre le stesse parole: “Venga il tuo regno”.
Seguirono diverse tappe a Bonn, poi a Colonia si recò presso la Comunità Kolping. Non mancò la preghiera presso la Tomba di Sant’Alberto Magno e l’incontro con gli scienziati e studenti nella Cattedrale di Colonia:
“Molti individuano il nocciolo di questi interrogativi nel rapporto tra la Chiesa e le moderne scienze naturali, ed essi sentono ancora il peso di quei famosi conflitti, sorti per l’interferenza di istanze religiose nel processo di sviluppo della conoscenza scientifica. La Chiesa si ricorda di ciò con rammarico, poiché oggi ci rendiamo conto degli errori e delle deficienze di questi modi di procedere. Possiamo oggi affermare che essi sono stati superati: grazie alla forza di persuasione della scienza, grazie soprattutto al lavoro di una teologia scientifica, che approfondendo la comprensione della fede l’ha liberata dai condizionamenti del tempo”. Seguì la Santa Messa a Osnabuck. Durante la visita, Papa Woityla si rivolse anche alle organizzazioni ecclesiali che svolgevano opera di assistenza. Non mancò la Celebrazione della Santa Messa per i lavoratori, e un saluto particolare agli immigrati tedeschi. L’incontro con le Comunità Evangeliche, e le Confessioni cristiane, segnò un risveglio nel cammino ecumenico. Così pure il saluto ai rappresentanti della Comunità Ebraica, rivelò l’attenzione minuziosa del Papa verso i
“lontani” nella fede. Il viaggio fù arricchito da tanti altri incontri (giovani, vescovi, anziani, professori di teologia), momenti di preghiera e Celebrazioni dell’Eucarestia e si concluse all’aeroporto di Monaco di Baviera il 19 novembre con la partenza verso Roma.
Nel corso dell’anno, Giovanni Paolo II, si recò in visita in Brasile dove ebbe un’accoglienza molto calorosa tipica dei paesi latinoamericani, in Europa si recò a Parigi e Liseux. In Italià andò pellegrino a Potenza, Otranto, Subiaco, Cassino, Siena, Frascati, Velletri, Abruzzo, Torino, Valnerina e Norcia. Il Papa pellegrino donava ad ogni incontro speranza e fiducia in Dio. Ad Otranto ricordò i martiri uccisi in odio alla fede e l’importanza della testimonianza cristiana al mondo: “Cinquecento anni fa qui, ad Otranto, 800 discepoli di Cristo hanno reso appunto una tale testimonianza, accettando la morte per il nome di Cristo. Ad essi si riferiscono le parole che il Signore Gesù ha pronunciato sul martirio: “Sarete odiati da tutti per causa del mio nome” (Lc 21,17). Sì. Sono stati oggetto d’odio. Hanno bevuto per il nome di Cristo il calice di quest’odio fino in fondo, a somiglianza del loro maestro, il quale dalla cena pasquale si recò direttamente al Getsemani e lì pregava: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice” (Lc 22,42). Tuttavia il calice dell’odio umano, della crudeltà e della croce non si è allontanato. Cristo, obbediente al Padre, l’ha vuotato fino in fondo: “Non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22,42)”. Le udienze generali tenute in Vaticano per il 1980, furono in totale 46. Possiamo dire che già nei primi passi di Pontificato, Giovanni Paolo II, aveva già incontrato milioni di persone, portando a tutti il messaggio di Gesù. Gli Angelus e i Regina Coeli domenicali furono 57. di DonSa