Ricorre il secondo anno dell’elezione al soglio pontificio di Jorge Mario Bergoglio che il 13 marzo del 2013 venne eletto Papa al secondo giorno di Conclave prendendo il nome – per la prima volta nella storia della Chiesa – di Francesco. Su questo importante anniversario, Roberto Piermarini ha intervistato padre Federico Lombardi, direttore della Radio Vaticana e della Sala Stampa vaticana:
D. Padre Lombardi, quali immagini rimangono di questo secondo anno di pontificato di Papa Francesco?
R. – In un flusso infinito di immagini è difficile sceglierne qualcuna. Io ne volevo però ricordare tre. La prima è l’abbraccio a tre davanti al Muro del Pianto a Gerusalemme con il Rabbino e con il leader musulmano. Quindi un momento simbolico fondamentale del dialogo e della pace nel viaggio del Papa in Terra Santa, in un punto assolutamente cruciale per la pace nel mondo. Una seconda immagine che è rimasta impressa a tutti è quando Papa Francesco, al termine della grande cerimonia nella cattedrale ortodossa a Istanbul, a Costantinopoli, chiede, in un certo senso, la benedizione del patriarca e si inchina davanti a lui. Quindi il momento della fraternità e del dialogo ecumenico, il grande desiderio dell’unità dei cristiani. E poi una terza immagine che non è una singola immagine ma una serie di immagini, che il Papa stesso ha evocato più volte, è durante il grande viaggio nelle Filippine: queste folle di persone piene di affetto, desiderose di vedere il Papa, di amarlo, di manifestare il loro entusiasmo che presentano i bambini. Quindi, questo senso di gioia, di speranza di fronte al Papa, di un popolo che guarda al suo futuro con speranza presentandogli i bimbi e le nuove generazioni dell’Asia e dell’umanità.
D. – Proprio in relazione al viaggio nelle Filippine, anche poi in Corea, Sri Lanka, l’Asia è stato un po’ il continente privilegiato in questo ultimo anno da parte del Papa?
R. – Certamente. Quando è cominciato il pontificato non era chiaro se Papa Francesco avrebbe dato un grande posto ai viaggi nel suo ministero. Anzi, sembrava che avesse un po’ di diffidenza, un po’ di timore, perché non era un viaggiatore di per sé. Però, poi, vivendo il suo ministero, lui stesso ha intensificato questa dimensione del suo servizio pastorale cogliendone la grande importanza, cogliendo l’attesa dei popoli del mondo di vederlo, l’attesa delle parti della Chiesa di essere incoraggiate. E certamente in questi primi anni di pontificato, in particolare nel secondo, l’Asia ha avuto una parte estremamente importante ed era una parte attesa perché, effettivamente, da molto tempo un Papa non si era recato nell’Asia orientale. Allora, i due grandi viaggi della Corea e dello Sri Lanka-Filippine, in qualche modo, manifestano il riaprirsi del fronte asiatico, dell’impegno della Chiesa universale che c’è sempre stato ma che naturalmente con il Papa che guida e che dà l’esempio diventa anche più vivo e più intenso. E trattandosi dell’Asia, del continente principale dal punto di vista demografico e delle prospettive di sviluppo dell’umanità intera, e del continente dove, in certo modo, il cristianesimo è meno conosciuto, è una minoranza piccola, piccola, allora, questo orizzonte di evangelizzazione, di annuncio della salvezza di Cristo, per il futuro dell’umanità è particolarmente importante. Quindi, credo che l’orizzonte asiatico sia stato caratteristico in particolare di questo secondo anno di pontificato.
D. – Poi ha segnato anche il cammino del dialogo interreligioso ed ecumenico?
R. – Certamente. Queste sono dimensioni permanenti della Chiesa dal Concilio in poi, forse anche prima, però in particolare dal Concilio in poi. E Papa Francesco ha alimentato queste dimensioni. Per l’ecumenismo abbiamo avuto in particolare il rapporto con il patriarca di Costantinopoli, quindi il fronte verso gli ortodossi molto intenso, ma anche molto interessante e originale del modo in cui il Papa lo ha affrontato, quello del dialogo e dell’incontro con i pentecostali, con le comunità cristiane che non fanno parte delle Chiese classiche tradizionali. Su questo, che è uno degli impegni importanti dal punto di vista ecumenico, perché è una delle dimensioni più dinamiche del cristianesimo nel mondo di oggi, Papa Francesco, con il suo modo originale di incontro personale ha aperto orizzonti e avviato strade estremamente significative. Dal punto di vista del dialogo interreligioso sappiamo che c’è una grande tradizione di incontri, di amicizie personali del Papa Francesco con ebrei ma anche con leader musulmani. E quindi in un tempo in cui, come oggi, anche nell’equilibrio del mondo, le tensioni tra popoli, che sono anche connesse a problemi di carattere religioso , questo atteggiamento di dialogo, di dialogo pacifico, di incoraggiamento ad ogni forma di comprensione fra le religioni, è estremamente prezioso.
D. – A livello internazionale, quest’anno il Papa ha rilanciato il ruolo di mediazione della Chiesa. Quali i momenti principali di questa azione?
R. – Ma … il Papa ha lanciato un’infinità di appelli per la pace, in particolare nelle situazioni più critiche e drammatiche che ben conosciamo: quelle che riguardano il Medio Oriente, quelle che riguardano adesso l’Ucraina, sul teatro europeo … Dei momenti molto significativi che abbiamo visto e in cui in qualche modo si è anche colta la capacità di presenza personale di Papa Francesco, sono stati la “preghiera per la pace”, dopo il viaggio in Terra Santa, con l’invito personale a pregare insieme per il presidente di Israele e il presidente dell’Autorità palestinese, qui in Vaticano. Un momento originale e personale di preghiera che ha aperto una porta per cercare nuovi orizzonti di pace in una situazione pur molto difficile. E un altro momento che ha riscosso anche l’interesse internazionale con una certa sorpresa, è stato quando il presidente Obama e il presidente Raul Castro hanno ringraziato Papa Francesco per il suo contributo al rinnovamento delle relazioni tra gli Stati Uniti e Cuba. Qui si è capito, anche se con molta discrezione, che Papa Francesco ha dato un suo contributo personale. Ora, io credo che sia molto bello il fatto che la Chiesa cattolica continui a svolgere, anche a livello internazionale, un grande ruolo di pace. Il cardinale segretario di Stato, Parolin, lo ha descritto in un grande discorso all’Università Gregoriana, proprio in questi ultimi giorni, nel grande quadro del servizio diplomatico della Santa Sede per la pace tra i popoli. Ma Papa Francesco, personalmente, direi che porta anche un suo contributo personale in base al suo carisma di incontro: lui parla sempre della cultura dell’incontro e la cultura dell’incontro lui la vive personalmente quando incontra i leader e cerca di stabilire con essi un rapporto di fiducia, un rapporto di condivisione personale che va al di là dello studio dei problemi oggettivi, nella loro complessità delle trattative e così via; e aiuta a fare quel passo avanti in cui si gioca anche un po’ la persona, anzi, si gioca molto la persona, con il suo coraggio, con la sua speranza … Sono poi questi i passi decisivi a cui il sistema dei rapporti diplomatici, delle trattative, eccetera, fa seguire la soluzione più duratura dei problemi. Ecco, io credo che Francesco abbia questo dono di poter dare degli impulsi anche proprio con la sua persona e con la sua capacità di rapporti con i capi dei popoli, con i capi religiosi, con i grandi leader che egli incontra e che riscontrano in lui la forza di una personalità che fa fare dei passi avanti in concreto, nella vita. Io di questo sono molto convinto: quindi, le due cose non si escludono: il carisma personale del Papa e il servizio diplomatico, anche, dei suoi collaboratori e della Santa Sede, più ampiamente. Speriamo che questo possa aiutare a fare ulteriori passi nella direzione della pace in tante parti del mondo, perché ne abbiamo un bisogno estremo.
D. – Ad intra c’è la riforma della Curia: che cammino si è fatto in questo ultimo anno?
R. – Come sappiamo il Papa già dall’inizio del pontificato ha messo in cammino questo Consiglio di cardinali per aiutarlo in tutti i grandi problemi della Chiesa, dandogli consiglio, ma anche nel campo della riforma della Curia che era stata desiderata dalle congregazioni pre-conclave dei cardinali. E c’è un cammino, in questo senso, un cammino che non è affrettato, che va avanti con un suo ritmo regolare di riflessione, di consultazione. Il Papa manifesta questo desiderio di allargare la consultazione. Quello che viene riflettuto nel consiglio dei cardinali viene poi rilanciato a livello, per esempio, degli incontri dei capi dicastero della Curia. Poi viene rilanciato nel concistoro insieme agli altri cardinali e così via. Il Papa manifesta di non avere fretta ma di voler fare un cammino che sia possibilmente condiviso. Ma quello che a me sembrerebbe più significativo notare è che l’idea di riforma che il Papa ha è un’idea di riforma che parte dal cuore, dallo spirito. E il grande discorso alla Curia – che è stato molto notato per esempio, proprio nei giorni prima di Natale – dice questo, in fondo: ogni riforma è una riforma di conversione personale. Il Papa allora invitava a confessarsi alla vigilia della grande festività del Natale, esaminandosi in coscienza e in profondità. Lo diceva ai membri della Curia che erano presenti, ma tutte le persone del mondo che fanno parte di qualche istituzione hanno capito che il discorso poteva valere benissimo anche per loro, in forma adattata e analoga. Quindi, al Papa quello che importa è che ogni riforma non sia di carattere logistico, organizzativo, ma che sia anzitutto di rinnovamento dell’atteggiamento, cosa che è continuamente richiesta dal Vangelo ad ognuno di noi. E vorrei notare che nel corso di questi due anni, il Papa in tutti e due gli anni ha chiesto ai suoi principali collaboratori della Curia di andare a fare gli esercizi spirituali, fuori della sede abituale del palazzo apostolico, in una casa di esercizi proprio per pregare per davvero insieme per una settimana. Quindi, il discorso di prima di Natale e gli esercizi spirituali della Curia sono, a mio avviso, gli indici del tipo di riforma o di rinnovamento che il Papa si attende, prima dei macchinismi di carattere organizzativo che poi, come sempre, possono funzionare bene o meno bene, sono sempre oggetto di discussione dal punto di vista pratico dell’opinabilità delle diverse soluzioni. Quello che conta è questo rinnovamento interiore.
D. – Il Sinodo sulla famiglia ha un po’ monopolizzato questo secondo anno di pontificato. Qual è il bilancio e le prospettive alla luce di quello che ha detto papa Francesco?
R. – Siamo in cammino. Io sono convinto che questo rinnovamento del Sinodo come metodo di messa in cammino della comunità della Chiesa più ampia, che poi giunge a maturare negli incontri dei vescovi, sia uno degli aspetti importanti con cui Francesco vede il suo servizio alla Chiesa. E’ un tentativo veramente di far vivere alla Chiesa l’esperienza di essere una comunità che cammina insieme, ascoltando insieme anche la voce dello Spirito che la accompagna nel cammino, senza paura, guardando con molta onestà i problemi del mondo che ci sta attorno, i segni dei tempi e senza paura, appunto, di andare in terre nuove perché sono nuove le terre verso cui l’umanità sta andando. Noi non le conosciamo ancora tutte nei loro particolari, però con la salda fede in Cristo e il saldo radicamento nel Vangelo, sentire che cosa lo Spirito dice oggi alla Chiesa, per affrontare in modo adeguato, rispondere in modo adeguato alle situazioni nuove che si pongono. Ora, Papa Francesco, come dice lui, non a tavolino, ma un po’ seguendo i suggerimenti dello Spirito, ha individuato nella famiglia una grande tematica. Effettivamente, la famiglia è collegata alla vita concreta della massima parte delle persone di questo mondo e quindi il fatto di riflettere alla luce del Vangelo come si vive questa dimensione, questi problemi fondamentali della vita personale e sociale, è un grande contributo anche al bene dell’umanità, è un modo di svolgere il servizio della Chiesa per l’umanità di oggi.
D. – Il Papa, anche in questo ultimo anno, ha posto i poveri e la dignità e la difesa della persona umana al centro della sua azione pastorale …
R. – Sì: questo lo abbiamo capito molto bene. Ha voluto chiamarsi Francesco perché i poveri erano al centro della sua attenzione. E sappiamo che sono i poveri in un senso molto ampio: sono tutte le persone violate nella loro dignità, non solo dal punto di vista economico, ma anche dal punto di vista spirituale, della povertà di rapporti sociali e così via. E in questo, Francesco manifesta una grande attenzione e ha portato anche all’attenzione pubblica tanti aspetti significativi per la dignità della persona umana: i problemi dei migranti, dei rifugiati, i problemi delle nuove schiavitù, i problemi del traffico di organi e di persone umane, i problemi dell’emarginazione degli anziani o dei malati … Ecco, sono tutte cose che si vede che gli stanno a cuore e che lui richiama con grande spontaneità, con gesti e con parole. Io vorrei dire che anche il tema che ci ha occupato tantissimo in questi anni, quello degli abusi sessuali sui minori, si inserisce in questa attenzione di Francesco per i “poveri” e per le emarginazioni, e così via, in un contesto più ampio, con molta coerenza. Ecco, quindi i minori abusati sono tipicamente delle persone umane violate nella loro dignità e di cui quindi bisogna occuparsi. E il fatto di aver lanciato questa nuova Commissione per la tutela dei minori, in una prospettiva non tanto verso il passato e gli errori del passato, facendo certamente tesoro dell’esperienza del passato, ma guardando soprattutto a tutti i problemi della prevenzione e degli abusi, anche al di fuori della Chiesa, nel mondo di oggi, è una grande intuizione e quindi mi pare un passo avanti importante nella continuità con l’impegno di Papa Benedetto, ma con un suo allargamento di orizzonte e con un suo inserimento in questa lotta per la vera dignità delle persone umane.
D. – Lo chiedo al direttore della Sala Stampa vaticana: come vede il rapporto tra Papa Francesco e i media?
R. – Ma … a me sembra che sia un rapporto che continua ad essere in larghissima parte positivo. Io ricevo praticamente ogni giorno tre o quattro domande di interviste con il Papa da parte di testate anche piuttosto importanti, di tutte le diverse parti del mondo. Questo per dire che c’è un grandissimo desiderio, un grandissimo interesse, perché naturalmente i media interpretano in qualche modo l’attesa, l’interesse della gente. Ecco, per me questo è un indice del fatto che la gente guarda verso il Papa con molta attenzione, con molta attesa; desidera da lui una parola, è presa dalla credibilità e dalla efficacia della sua testimonianza come leader morale – religioso – per il mondo di oggi, con tanto desiderio di orientamento da parte di persone che si trovano nelle situazioni più disparate, nelle diverse parti del mondo. Quindi, questo interesse da parte dei media è sempre vivacissimo e in larghissima parte, positivo. Questo per me è una cosa bella, nel senso che io credo che i media possano avere – debbano avere – anche una funzione molto positiva nel mondo per la formazione dell’opinione pubblica, per l’informazione; e allora, che debbano essere aiutati per trovare le buone cause, le notizie positive, le vere preoccupazioni da presentare al mondo di oggi. E il fatto che si sentano stimolati e interessati da una figura come quella di Papa Francesco, che certamente ha a cuore di tutte le sue attenzioni il bene della persona umana e il bene dell’umanità nel suo rapporto con Dio e nei rapporti con tutte le persone e la convivenza tra i popoli, è qualcosa di molto bello. Io spero che duri e che continui. A volte, magari, ci sono delle parti un po’ marginali del mondo mediatico che sono colpite dalla libertà, dall’originalità con cui il Papa affronta certe situazioni, e ne rimangono un po’ disorientate, un po’ confuse e mettono in rilievo questo aspetto. Però, questo dipende dal fatto che magari non hanno quella positività di prospettiva dal punto di vista della fede o dal punto di vista, anche, del guardare in avanti, che è importante per comprendere e accompagnare un pontificato come quello di Francesco.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
meu querida santo padre o papa francisco conte sempre com minhas orações sempre estamos muito unidos pela oração o trabalho desse santo padre é muito linda continue esse trabalho de evangelização que deus sempre os abençoes sou brasileira mas morei em roma por 6 ano e 8 mês voltei para estar ao lado de minha mês que hoje tem 89 anos sei e conheço muito bem ai por isso
santo padre nunca desanime perante os obstaculo tem o espirito santo que é a maior força para nos