Ancora bambino decise quale sarebbe stato il suo progetto di vita: vivere da vero cristiano. Tale desiderio venne accentuato dall’ascolto di una predica di don Bosco, dopo la quale decise di divenire santo. Da questo momento, infatti la sua esistenza fu piena d’amore e carità verso il prossimo, cercando in occasione di dare l’esempio. Nel 1856 fondò la Compagnia dell’Immacolata e poco più tardi morì, lasciando un valido e bel ricordo della sua persona ai giovani cristiani.
Patronato: Pueri cantores, Chierichetti, Gestanti
Etimologia: Domenico = consacrato al Signore, dal latino
Martirologio Romano: A Mondonio in Piemonte, san Domenico Savio, che, fin dalla fanciullezza di animo dolce e lieto, ancora adolescente percorse speditamente la via della cristiana perfezione.
Qualcuno ha affermato che è un santino “latte e miele” e ha pensato di non parlarne più ai ragazzi d’oggi. Eppure, a guardarlo bene, appare un piccolo eroe, un elegante e distinto giovane della santità. È nato a Riva di Chieri (TO) il 2 aprile 1842, dove il padre Carlo con la mamma Brigida, si è trasferito da Murialdo di Castelnuovo d’Asti, per guadagnarsi il pane con la sua piccola officina di fabbro.
Il cuore a Gesù solo
Quando il bimbo non conta che due anni, i Savio tornano a Murialdo, continuando il loro lavoro. Domenico è un marmocchio di pochi anni e quando il papà ritorna stanco alla sera, Domenico l’attende per dirgli: “Sei stanco papà? Io sono buono a poco, ma prego il buon Dio per te”. La mamma lo porta alla Messa tutte le domeniche. Gli altri bambini, mentre aspettano il prete, fanno schiamazzi. Lui si inginocchia per terra e prega. Quando a casa viene un tale che si mette a mangiare senza neppure fare il segno di Croce, Domenico si rifiuta di venire a tavola, perché “non posso mangiare con uno che divora tutto come le bestie”. A sette anni è ammesso alla prima Comunione, cosa rarissima ai suoi tempi. Con il cuore in festa fissa quattro propositi come quattro rampe da atleta per salire alle vette di Dio, da rocciatore di sesto grado: “Mi confesserò e comunicherò sovente; voglio santificare le feste; i miei amici saranno Gesù e Maria; la morte ma non peccati”.
Gesù dunque è per lui l’amico, l’Amico per eccellenza, l’Amico che gli riscalda il cuore, lo innamora, lo spinge al sacrificio, fino alla morte se Lui lo vuole. È come dire: “Quanto ho di più caro al mondo è Gesù Cristo”. Il suo cuore e la sua vita, Domenico li dona a Gesù solo. Va a scuola a costo di fatica: una quindicina di chilometri ogni giorno, a piedi, per strade insicure. Gli domandano se non ha paura. Risponde: “Macché paura! Io non sono solo. Ho l’Angelo custode che mi accompagna”. Una mattina d’inverno a scuola, mentre si attende il maestro (un buon prete di nome Don Cugliero), i compagni riempiono la stufa di sassi e di neve. Al maestro irato, i ragazzini dicono: “È stato Domenico”. Lui non si scolpa e il maestro lo punisce severamente, mentre gli altri sghignazzano. All’indomani però, la verità si viene a sapere e l’insegnante gli domanda: “Perché non mi hai detto che eri innocente?”. Risponde Domenico: “Quel tale, già colpevole di altre mancanze, sarebbe stato cacciato da scuola. Io pensavo di essere perdonato. E poi pensavo a Gesù… anche Lui è stato castigato ingiustamente…”.
Alla scuola di Don Bosco
Don Cugliero presenta questo ragazzo al suo amico, Don Bosco. Il 12 ottobre 1854, papà Carlo accompagna Domenico nell’aia della casa dei Becchi, dove Don Bosco è venuto con i suoi ragazzi. Il santo educatore lo trova intelligente, carico di doti, e se lo porta a Torino, all’oratorio di Valdocco. Nell’ufficio di Don Bosco c’è una scritta in latino che dice: “Dammi le anime, Signore, e prenditi il resto”. Domenico legge, comprende e commenta: “Qui si fa commercio non di denaro, ma di anime”. Qualche giorno dopo, Don Bosco durante una buona notte dice ai suoi ragazzi: “È volontà di Dio che ci facciamo santi. Dio ci prepara un grande premio in cielo se ci facciamo santi”. Domenico avvicina Don Bosco a quattr’occhi e gli domanda: “Come devo fare?”. Don Bosco gli risponde: “Servi il Signore nella gioia”.
Da quel giorno, Domenico diventa l’intimo amico di Gesù. Ogni otto giorni la Confessione, tutti i giorni la Messa con la Comunione. Con la gioia nel cuore, mosso dallo spirito di sacrificio che il Crocifisso gli ispira, si butta nei comuni doveri della vita, compiendoli con perfezione e amore di Dio per conquistare i suoi compagni a Gesù, tanto nella scuola, come nel gioco.
Anche se ancora ragazzo, sente il bisogno di fare apostolato, di annunciare Gesù in mezzo ai compagni e le occasioni non gli mancano. Tra i ragazzi di Valdocco c’è uno che ha portato giornali osceni: Domenico glieli fa a pezzi, anche se rischia di prendersele. Alla porta dell’Oratorio, c’è un protestante che viene a fare propaganda: lui lo manda via e allontana i compagni che lo ascoltano. Sulla strada c’è un carrettiere che bestemmia: lui lo richiama dolcemente a cambiar modo di parlare. Passa un sacerdote che porta l’Eucaristia a un moribondo: Domenico si inginocchia nel fango della strada e fa inginocchiare anche un ufficiale impettito nella sua divisa, stendendogli il suo fazzoletto per terra. Due compagni fanno a sassate fino a spaccarsi la testa: lui, in nome del Crocifisso, fa da paciere, rischiando di avere la testa rotta al loro posto.
Nelle vacanze a Mondonio, il paese dove i suoi si sono sistemati, anima i giochi degli amici e insegna il Catechismo. Autorevole per bontà e letizia, tutti lo ascoltano e ne sono interiormente cambiati. All’Oratorio di Don Bosco, brucia di passione per essere simile a Gesù Crocifisso: tra le lenzuola nasconde alcuni sassolini per fare penitenza per la conversione dei ragazzi lontani da Dio. Una mattina di gennaio, Don Bosco lo trova tutto intirizzito con una sola coperta. “Perché – spiega Domenico – Gesù sulla Croce era più povero di me”.
Dopo che Pio IX ha proclamato il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria (8 dicembre 1854), Domenico Savio vuole fare qualcosa di grande per la Madonna. Raduna i suoi amici migliori e dice: “Uniamoci, fondiamo una compagnia per aiutare Don Bosco a salvare molte anime”. La Confessione e la Comunione frequenti, la preghiera e l’istruzione religiosa, l’impegno tenace per portare a Dio i compagni più difficili, sono i cardini della ormai nata Compagnia dell’Immacolata. Don Bosco è la sua guida in tutto, ma qualche volta è Domenico che guida Don Bosco in opere straordinarie di bene.
Promosso sul campo
All’inizio del 1857, Domenico è diventato assai fragile. Rientra nella sua casetta a Mondonio e sa che Gesù lo chiama all’incontro definitivo con Lui. Si prepara festante. Saluta il papà e la mamma. La sera del 9 marzo, mentre il papà gli legge la preghiera della buona morte, Domenico si colora in volto e con voce vivace dice: “Addio, caro papà… Oh che bella cosa io vedo mai…”. È la Madonna che viene a prenderlo per introdurlo nella vita che non muore. Lo dirà lui stesso in sogno a Don Bosco: “È stata Maria Santissima la mia più grande consolazione in vita e in morte. Lo dica ai suoi figli che non dimentichino mai di pregarla”.
La fama di santità di Domenico dilagò in tutta la Chiesa e nel mondo intero. Vennero i miracoli a confermare la sua santità. E il 12 giugno 1954, nella Basilica di San Pietro a Roma, il papa Pio XII lo proclamò santo davanti a migliaia di giovani. Poi il grande Pontefice si inginocchiò davanti a quel ragazzo, per rendergli venerazione e invocarne l’intercessione per tutta la Chiesa.
Come aveva già iniziato nella sua breve esistenza, San Domenico Savio sarà un trascinatore di altri ragazzi a Gesù su tutte le vie della terra. Un capitano di 15 anni, promosso sul campo di battaglia più sublime, quello della santità. Tutt’altro che un santino latte e miele, ma un vero atleta, un principe di Dio.
Autore: Paolo Risso