Il giorno 2 aprile del 2005, le condizioni del Papa vennero definite dal bollettino medico del Vaticano gravissime e il papa moribondo. Venne comunicato che il Pontefice aveva dei momenti di incoscienza ma non era in coma. A tarda sera, il Vaticano annuncia che le Sue condizioni rimangono estremamente gravi e che durante la sera è stato colpito da una forte febbre, specificando, tuttavia, che quando viene stimolato dai familiari, risponde correttamente.
Prima dell’ulteriore aggravarsi delle sue condizioni, all’alba del 2 aprile, il Pontefice viene informato della grande folla presente in piazza San Pietro, composta da molti giovani.
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Il Papa espresse a fatica il suo ultimo pensiero per i giovani, a lui tanto cari, riuscendo a mormorare le parole: « Vi ho cercato. Adesso voi siete venuti da me. E di questo vi ringrazio. »
Sotto l’occhio attento dei media di tutto il mondo, Giovanni Paolo II si spense alle 21:37 del 2 aprile 2005 nel Palazzo Apostolico della Città del Vaticano, in conseguenza di uno shock settico e di un collasso cardiocircolatorio.
Ad accompagnare uno dei pontefici più longevi della storia della Chiesa sono stati i canti e le preghiere dei presenti in Piazza San Pietro. Subito dopo la notizia della morte, la famiglia pontificia ai piedi del suo letto cantò l’Inno del Te Deum.
Mons. Leonardo Sandri, sostituto alla Segreteria di Stato, annunciò così la morte: Carissimi fratelli e sorelle, alle 21:37, il nostro amatissimo Santo Padre Giovanni Paolo II è tornato alla Casa del Padre, preghiamo per lui, fu cantata la Salve Regina e le campane della Basilica di san Pietro hanno suonato a lutto.
Il Vaticano infine emise un comunicato stampa alle 19:00 affermando che i reni del papa avevano cessato di funzionare. L’ANSA riportò mezz’ora più tardi che aveva perduto coscienza. Molte agenzie media italiane riferirono la morte del papa alle 20:20 ma subito il Vaticano smentì che il papa fosse effettivamente morto, e i resoconti cambiarono. TV Sky Italia riferì che cuore e cervello funzionavano. (Fonte: Wikipedia)
Fin dall’infanzia Karol Wojtyla, seguendo l’esempio dei suoi genitori, in particolare della mamma Emilia Kaczorowska, iniziò a tessere un profondo ed intenso legame con la Madonna. Il piccolo Karol, ben presto chiamato dagli amici Lolek, crebbe in una famiglia credente.
Lo stesso San Giovanni Paolo II, raccontò la sua esperienza nel libro Dono e Mistero (1996): “La preparazione al sacerdozio, ricevuta in seminario, era stata, in qualche modo, preceduta da quella offertami con la vita e l’esempio dei miei genitori in famiglia“. La famiglia Wojtyla risiedeva a Wadowice, in un piccolo appartamento vicino alla chiesa di Santa Maria. Qui il piccolo Lolek conobbe presto il dolore. La madre, ricamatrice, morì a soli 45 anni, nel 1929 lasciando Karol, che all’epoca aveva solo 9 anni, alle cure del padre e del fratello, che pure morì di lì a poco.
La mamma Emilia spesso recitava il S. Rosario. Questo fatto rimase impresso nella memoria del piccolo Karol. Anche il padre, Karol Woijtyla senior, sottoufficiale dell’esercito, possedeva un forte senso mariano: lo stesso San Giovanni Paolo II ha ricordato di aver visto più volte il padre inginocchiato ai piedi del letto intento a recitare il S. Rosario. Spesso questo accadeva anche nel cuore della notte.
La devozione mariana fu accresciuta però grazie all’incontro con un laico, il servo di Dio Jan Leopold Tyranowski, che di professione faceva il sarto, ma che possedeva una straordinaria ricchezza spirituale tanto che lo stesso Wojtyla lo definì “un vero santo”. Tyranowski incontrò per caso il giovane Karol Wojtyla una mattina nella chiesa di San Stanislao Kostka a Cracovia. Il sarto, che collaborava con i salesiani della parrocchia come volontario, notò quel giovane assorto in una preghiera tanto intensa e decise di attendere e parlargli. Tra i due nacque così una profonda amicizia.
Tyranowski aveva organizzato per i giovani della parrocchia un’iniziativa spirituale denominata “Rosario Vivente”. I giovani che vi partecipavano si impegnavano a mettere in pratica gli insegnamenti del Vangelo nella vita di tutti i giorni.
Fu Tyranowski a fare conoscere al giovane Karol Wojtyla le opere di san Giovanni della Croce
e di Santa Teresa d’Avila, e fu sempre lui a suggerirgli la lettura del Trattato di San Luigi Maria Grignion de Montfort che ispirò a San Giovanni Paolo II il motto “Totus Tuus“.Ma leggiamo le parole dello stesso San Giovanni Paolo II, che in Dono e Mistero scrive: “Ecco spiegata la provenienza del Totus Tuus. L’espressione deriva da San Luigi Maria Grignion de Montfort. E’ l’abbreviazione della forma più completa dell’affidamento alla Madre di Dio, che suona così: Totus Tuus ego sum et omnia mea Tua sunt. Accipio Te in mea omnia. Praebe mihi cor Tuum, Maria.
Così, grazie a San Luigi, cominciai a scoprire tutti i tesori della devozione mariana da posizioni in un certo senso nuove: per esempio, da bambino ascoltavo «Le ore sull’Immacolata Concezione della Santissima Vergine Maria», cantate nella chiesa parrocchiale, ma soltanto dopo mi resi conto delle ricchezze teologiche e bibliche in esse contenute. La stessa cosa avvenne per i canti popolari, ad esempio per i canti natalizi polacchi e le Lamentazioni sulla Passione di Gesù Cristo in Quaresima, tra le quali un posto particolare occupa il dialogo dell’anima con la Madre Dolorosa.
Fu sulla base di queste esperienze spirituali che venne delineandosi l’itinerario di preghiera e di contemplazione che avrebbe orientato i miei passi sulla strada verso il sacerdozio, e poi in tutte le vicende successive fino ad oggi. Questa strada fin da bambino, e più ancora da sacerdote e da vescovo, mi conduceva non di rado sui sentieri mariani di Kalwaria Zebrzydowska. Kalwaria è il principale santuario mariano dell’Arcidiocesi di Cracovia. Mi recavo lì spesso e camminavo in solitudine per quei sentieri, presentando al Signore nella preghiera i diversi problemi della Chiesa, soprattutto nel difficile periodo in cui si era alle prese con il comunismo. Volgendomi indietro constato come «tutto si tiene»: oggi come ieri ci troviamo con la stessa intensità nei raggi dello stesso mistero.”
Così scriveva San Giovanni Paolo II nel 1996.
Più volte Papa Wojtyla si richiamò a San Luigi Maria Grignion de Montfort, mi piace ricordare quella splendida catechesi mariana che fu: “La Vera Devozione alla Madonna“, dedicata ai Religiosi ed alle Religiose delle Famiglie monfortane in occasione della Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria l’8 dicembre 2003: – Centosessant’anni or sono – scriveva San Giovanni Paolo II – veniva resa pubblica un’opera destinata a diventare un classico della spiritualità mariana. San Luigi Maria Grignion de Montfort compose il Trattato della vera devozione alla Santa Vergine agli inizi del 1700, ma il manoscritto rimase praticamente sconosciuto per oltre un secolo. Quando finalmente, quasi per caso, nel 1842 fu scoperto e nel 1843 pubblicato, ebbe un immediato successo, rivelandosi un’opera di straordinaria efficacia nella diffusione della “vera devozione” alla Vergine Santissima. Io stesso, negli anni della mia giovinezza, trassi un grande aiuto dalla lettura di questo libro, nel quale “trovai la risposta alle mie perplessità” dovute al timore che il culto per Maria, “dilatandosi eccessivamente, finisse per compromettere la supremazia del culto dovuto a Cristo” (Dono e mistero, p. 38). Sotto la guida sapiente di san Luigi Maria compresi che, se si vive il mistero di Maria in Cristo, tale rischio non sussiste. Il pensiero mariologico del Santo, infatti, “è radicato nel Mistero trinitario e nella verità dell’Incarnazione del Verbo di Dio“.
La stretta relazione con la Vergine Maria segnò poi tutto il pontificato di San Giovanni Paolo II, basti pensare alla devozione alla Madonna Nera di Czestochowa, ed al rapporto intenso con la Madonna di Fatima, alla quale Karol Wojtyla riconobbe il merito di aver deviato la pallottola sparata il 13 maggio del 1981 (il 13 maggio è proprio il giorno in cui si festeggia la ricorrenza della prima apparizione della Madonna a Fatima nel 1917) da Alì Agca. Pallottola che San Giovanni Paolo II fece incastonare nella corona della statua della Madonna conservata a Fatima.
Di Alessandro Ginotta (DALL’ARCHIVIO)
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