Un viaggio «rischioso» e «coraggioso» è stato definito quello che ha condotto il Papa in Kazakistan e in Armenia. Infatti la visita papale è iniziata appena dieci giorni dopo l’attentato terroristico contro gli Stati Uniti. Visitando la piccola comunità cattolica in Kazakistan, Paese caucasico in maggioranza musulmano, il Papa ha riaffermato con forza che la religione non deve mai essere strumentalizzata a fini politici o di conflitto. In Armenia, il Santo Padre ha posto un «significativo sigillo sul vincolo di carità che unisce la Chiesa cattolica a quella armena». All’arrivo all’aeroporto internazionale di Astana, previsto per le 19.30 (ora locale), il Papa è accolto dal Presidente della Repubblica di Kazakhstan, il Sig. Nursultan Abishevich Nazarbayev, dalle Autorità politiche e civili, dagli Ordinari della Chiesa Cattolica in Asia Centrale, dai membri del Corpo Diplomatico, dal Nunzio Apostolico, Mons. Marian Oles e dall’Amministratore Apostolico di Astana, Mons. Tomasz Peta. Alle 10.30 di domenica 23 settembrei, XXV domenica “per annum”, il Papa ha presieduto la Celebrazione Eucaristica nella Piazza della Madre Patria ad Astana. Concelebrano con il Santo Padre gli Ordinari del Kazakhstan, i Vescovi ospiti e i Sacerdoti operanti nel Paese, insieme ai Cardinali, ai Vescovi e ai Sacerdoti del seguito papale. Nel corso della Santa Messa, introdotta dall’indirizzo di omaggio dell’Amministratore Apostolico di Astana, Mons. Tomasz Peta, Giovanni Paolo II pronuncia l’omelia in lingua russa. Rileggiamo l’appello per la pace dal Kazaksthan (Dopo l’Angelus, domenica 23 settembre): “La religione non diventi fonte di conflitti. Da questa città, dal Kazakhstan, un Paese che è esempio di armonia tra uomini e donne di diverse origini e credenze, desidero lanciare un fervido appello a tutti, cristiani e seguaci di altre religioni, affinché cooperino per edificare un mondo privo di violenza, un mondo che ami la vita e si sviluppi nella giustizia e nella solidarietà. Non dobbiamo permettere che quanto è accaduto conduca ad un inasprirsi delle divisioni. La religione non deve mai essere utilizzata come motivo di conflitto. Da questo luogo, invito sia i cristiani sia i musulmani a pregare intensamente l’Unico Dio Onnipotente, che tutti ci ha creati, affinché possa regnare nel mondo il fondamentale bene della pace. Che le persone di tutti i luoghi, rafforzate dalla saggezza divina, operino per una civiltà dell’amore, nella quale non vi sia spazio per l’odio, la discriminazione e la violenza. Con tutto il cuore imploro Dio di mantenere la pace nel mondo. Amen”.
Ancora una volta al centro della Storia. Un viaggio che fino all’11 settembre scorso era catalogato tra gli “interessanti” soprattutto per i suoi risvolti ecumenici e per l’avvicinamento del vecchio papa alla tanto agognata meta moscovita. Ma non c’è dubbio che Karol Wojtyla sembra essere accompagnato da uno strano destino, quello di trovarsi al centro di storiche congiunture per l’umanità. Ed anche questa volta il suo 95esimo viaggio pastorale in Kazakhistan ed Armenia assume dei contenuti inaspettati quanto importanti per la politica internazionale. Appelli di pace nello scenario della guerra. Di fatto, i quattro giorni nel Paese centro-asiatico, che confina con l’Afghanistan, sanciranno la politica vaticana in questa nuova, gravissima crisi internazionale. Il papa, certamente, come ha ripetutamente fatto in questi giorni, ripeterà i suoi appelli alla pace che forse allontaneranno di nuovo la diplomazia vaticana dalla Casa Bianca, così come avvenne nei giorni della Guerra del Golfo e dell’embargo all’Irak. Non è guerra di religione. Ma la presenza di papa Wojtyla in Kazakhistan ed Armenia avrà anche un altro risultato: quello di negare di fronte al consesso internazionale qualsiasi ipotesi di “guerra di religione” che divida islam e cristianesimo, dopo le stragi alle Torri Gemelle subito fatte risalire al fondamentalismo islamico. Armenia: Stato cristiano tra i musulmani. Una memoria storica di queste drammatiche divisioni si vive ancora in Armenia. Il papa visiterà questo piccolo Stato cristiano, quasi incastonato in un’area geografica a maggioranza musulmana, da martedì 25 settembre. L’Armenia ha pagato i suoi 17 secoli di cristianesimo con un tributo di sangue spaventoso, e con un ultimo conflitto nel Nagorno-Karabakh. Sottomesso dagli ottomanni, nel 1473 il popolo armeno dovette subire feroci massacri e deportazioni di massa tra il 1894 e il 1918, tanto da poter parlare a pieno titolo di genocidio. Proprio quegli spettri, a sfondo religioso, sembrano riapparire dal fumo e dalle macerie di Manhattan e il papa farà di tutto per ricacciarli indietro.
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Numerosi gli appuntamenti del Papa con i fedeli del luogo e con le autorità religiose della città. Alle ore 9,30, il Santo Padre ha celebrato la Messa nello stadio Abbassyne di Damasco e a mezzogiorno ha recitato il Regina coeli. Nel primo pomeriggio, nella sede del patriarcato greco-cattolico di Damasco, si è svolto l’atteso incontro con i patriarchi e i vescovi della Siria. Poi, nella cattedrale siro-ortodossa il Papa ha incontrato il clero, i religiosi, le religiose e i laici impegnati delle due comunità ecclesiali, cattolica ed ortodossa. Certamente, la notizia che più ha fatto scalpore e che ha interessato i media di tutto il mondo è stata quella della visita del Papa alla Grande Moschea degli Omayyadi a Damasco. Era, infatti, la prima volta che un Papa varcava la soglia di una Moschea. Un evento davvero unico ed eccezionale, giustamente messo in risalto, in quel clima di tolleranza, rispetto e collaborazione tra tutte le fedi e le confessioni che proprio Giovanni Paolo II ha voluto potenziare nel corso di questo suo lungo ministero apostolico. In serata, infine, la visita al Memoriale di San Giovanni Battista e l’incontro con i leaders musulmani. Un incontro questo che si è rivelato proficuo e significativo per entrambi le parti. La mattinata di lunedì 7 maggio, Giovanni Paolo II l’ha trascorsa in visita ai “luoghi paolini” della città di Damasco e ad altri luoghi di culto: Chiesa di S.Paolo sulle Mura nella porta Bab Kissan delle vecchie mura di Damasco, al Memoriale di San Paolo in Damasco. Successivamente, il Papa ha raggiunto Quneitra per un incontro di preghiera nella Chiesa greco-ortodossa di questa località, situata sulle alture del Golan. Qui, Giovanni Paolo II ha recitato una sentita ed accorata preghiera per la pace non solo nel Medio Oriente, ma in tutto il mondo. Nel pomeriggio, una nuova visita alla cattedrale greco-ortodossa della Dormizione della Madonna per l’incontro con i giovani della comunità locale. Ultimo approdo del suo pellegrinaggio sulle orme di un “gigante della storia”, quale fu Paolo di Tarso, per Giovanni Paolo II è stata l’isola di Malta. Qui, il Papa giungeva, in aereo, proveniente da Damasco, martedì 8 maggio, alle ore 14.00, accolto festosamente dalle autorità politiche e civili, nonché della vasta comunità cristiana del luogo. Il momento più significativo di questa visita “isolana” è stato, mercoledì 9 maggio, alle ore 9,30, la Beatificazione a Floriana, nel piazzale dei Granai, di tre autentici testimoni di vita cristiana: Giorgio Preca (pionere nel campo della catechesi e nella promozione del ruolo dei laici), Ignazio Falzon (“profeta” dello spirito ecumenico di rispetto e dialogo), Maria Adeodata Pisani (religiosa umile, di origine napoletana, dedita alla preghiera e alla contemplazione). La giornata “maltese” di Giovanni Paolo II si è conclusa con la visita alla tomba del beato George Preca nella Chiesa della Madonna della Medaglia Miracolosa di Hamrun e con l’incontro con i membri della “Societas Doctrinae Cristianae” nell’Auditorium del Centro di tale istituzione a Hamrun. Erano le 19.00 di mercoledì 9 maggio, quando l’aereo papale si è levato in volo da Malta per rientrare in Italia. Ad accoglierlo, alle ore 20,15, all’aeroporto di Ciampino in Roma, dopo un intenso e stancante viaggio, carico di speranze per l’immediato futuro delle diverse comunità ecclesiali, è stato lo stesso presidente della Repubblica Italiana, Carlo Azeglio Campi. Tra saluti, discorsi, omelie e preghiere, il Papa, in questo viaggio storico ha letto circa 20 testi, tutti di ampia portata religiosa, spirituale ed ecumenica. La sintesi di questo straordinario pellegrinaggio sulle orme dell’Apostolo Paolo è stata fatta dallo stesso Sommo Pontefice, Giovanni Paolo II, durante la preghiera del Regina coeli di Domenica 13 maggio, recitata dalla finestra del palazzo apostolico in Vaticano, davanti ai numerosi fedeli accorsi per vederlo, per ascoltare la sua voce e ricevere la sua benedizione. ”Carissimi fratelli e sorelle, – ha detto il Papa- insieme con voi desidero oggi rendere grazie a Dio e alla Vergine Santa per il Pellegrinaggio sulle orme di San Paolo che ho avuto la gioia di compiere nei giorni scorsi. Atene, Damasco, Malta: nel mio animo porto impressi quei luoghi, che la missione dell’Apostolo delle Genti ha legato indissolubilmente alla storia del Cristianesimo. E’ stato un indimenticabile itinerario, assai significativo sotto il profilo ecumenico e inter-religioso”. Non poteva essere diversamente, per la carica umana e spirituale che Giovanni Paolo II sa trasmettere a tutti in ogni suo viaggio, soprattutto presentando al mondo il volto più naturale del sapere soffrire e gioire in nome e per amore di Cristo. a cura di Giovanni Profeta
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