R. – Con sentimenti di gratitudine. La nostra Chiesa è ben radicata sul territorio ed è rimasta profondamente legata alla gente, lungo tutto il corso della storia, ma, essendo una Chiesa piccola, ha sempre guardato a Roma con affetto, vivendo così la sua vocazione alla cattolicità. E’ attraverso la comunione con il successore di Pietro e la fedeltà a lui che la nostra gente ha vissuto l’appartenenza alla Chiesa universale, anche nei momenti in cui il Successore di Pietro e la Chiesa universale erano considerati nemici in patria. Penso alla lunga persecuzione religiosa sotto il regime comunista, ma anche ad altri momenti del passato. Ora è il successore di Pietro che guarda a noi e viene a trovarci, per confermarci nella fede e per rendere omaggio al martirio e alla sofferenza dei cattolici, ma non solo. La Chiesa in Albania lo attende con gioia e affetto, ma anche le altre religioni e i non credenti nutrono grande stima ed apprezzamento nei suoi confronti.
D. – In Albania la persecuzione atea ha rafforzato la comunione fra le religioni. Ricordiamo che le quattro comunità religiose principali: musulmani sunniti, ortodossi, cattolici e musulmani bektashi convivono in maniera pacifica…
R. – Assolutamente sì. Dopo la caduta del comunismo qualcuno ipotizzava che con la libertà di religione sarebbero sorte le tensioni interreligiose, ma non è stato affatto così. L’Albania offre un modello esemplare di convivenza religiosa. Non dico che si sia arrivati a questa armonia senza sacrificio, ma i sacrifici compiuti lungo la storia hanno dato frutti di pace, di cui oggi godono tutti i cittadini nel Paese. Gli albanesi hanno imparato, lungo i secoli, che si può essere pienamente fedeli alla propria religione nel pieno rispetto della religione altrui. Non si può piacere a Dio violando i diritti dei fratelli, ma si può onorare Dio, anche in pubblico, senza per questo invadere lo spazio altrui. Papa Francesco, dunque, trova in Albania un modello esemplare di convivenza pacifica tra le religioni.
D. – Sono passati 21 anni dalla visita di Papa Giovanni Paolo II: come è cambiata la Chiesa e la società albanese da allora?
R. – La visita di San Giovanni Paolo II fu come una carezza sul corpo tormentato della Chiesa martirizzata. Fu un giorno di luce per tutta la nazione. Lui ricostituì la gerarchia ecclesiastica e consacrò i primi quattro vescovi. Tramite quell’invocazione dello Spirito per la consacrazione dei vescovi, uno dei quali ero anche io, veniva rianimato tutto il corpo ecclesiale. Durante questi due decenni la Chiesa è cambiata molto. Abbiamo un clero autoctono, religiosi e religiose albanesi che affiancano i tanti missionari che hanno lavorato con grande generosità, ma che pian piano passano il testimone alle nuove generazioni albanesi. Abbiamo dei laici impegnati nella Chiesa e nella società. Svolgiamo, come Chiesa, tanti servizi in campo sociale, ma corriamo anche il rischio di diventare una Chiesa statica, sedentaria. Allora, la visita di Papa Francesco porta nuova freschezza, ci scuote dalle abitudini e ci fa rivivere la permanente novità del Vangelo. Anche la società è cambiata molto, ma alcune sfide rimangono le stesse, come la corruzione, la povertà, la disoccupazione, la criminalità organizzata e la giustizia.
D. – La visita a Tirana è il primo viaggio apostolico di Papa Francesco nel continente europeo. Si può dire che il Papa comincia da una periferia dell’Europa?
R. – Se si intende per centro il benessere materiale, sì, l’Albania è una periferia dell’Europa, ma il nostro Paese è ricco di altri valori. Abbiamo la popolazione più giovane del continente, nonostante i flussi migratori, abbiamo una famiglia ancora forte, nella quale gli anziani sono rispettati, ascoltati e curati. Abbiamo la preziosa convivenza pacifica fra le religioni e, nonostante il trauma della dittatura e la grande sofferenza del passato recente, non siamo caduti nella trappola di una nuova lotta delle classi e abbiamo mantenuto la pace sociale. Si può dire che Papa Francesco entra nel continente europeo tramite l’incontro con un popolo disagiato, che ha molto sofferto, ma che anche ha molto da dare all’Europa.
Il viaggio di Papa Francesco in Albania si svolge all’insegna della speranza, come afferma don Gjergj Meta, responsabile dell’Arcidiocesi di Tirana per i media in occasione della visita, al microfono di Klaudia Bumci:
R. – I vescovi hanno deciso di accogliere il Papa con questo slogan: “Insieme con Dio, verso la speranza che non delude”, riprendendo un po’ sia San Paolo Apostolo nella Lettera ai Romani – capitolo cinque – dove lui parla della speranza che non delude, perché lo Spirito Santo è stato versato nei nostri cuori – ma anche l’idea del cammino fatto insieme agli altri, ai diversi e anche con Dio, in quanto la fede in Dio riveste un’importanza fondamentale nella costruzione della società e nella crescita integrale dell’uomo. Noi siamo un popolo che ha provato le conseguenze di un ateismo militante, di una società senza Dio e adesso dobbiamo costruire una società insieme agli altri ed anche insieme con Dio. Abbiamo anche un sito internet per questa visita “www.spes.al”, che è proprio il leitmotiv della “speranza” che anima questo viaggio e l’attesa della Chiesa e del popolo albanese per questa visita. All’interno di questa pagina web si troveranno informazioni sulla Chiesa in Albania, sulle varie diocesi, sulla vita religiosa, i giovani, i centri di carità ed altro ancora. In modo particolare sarà utile anche per i giornalisti che vorranno essere accreditati per seguire sia l’evento in generale ma anche particolari momenti di questa visita del Santo Padre.
A cura di Redazione Papaboys fonte Radio Vaticana
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