Karol Józef Wojtyła nacque il 18 maggio 1920 a Wadowice, nel sud della Polonia, terzo figlio di Emilia, nata Kaczorowska (1884) e di Karol Wojtyła senior (1879) ex-ufficiale dell’esercito asburgico. Da giovane veniva chiamato dagli amici e dai familiari “Lolek“. Sua madre Emilia morì nel 1929 per insufficienza renale e per una malattia cardiaca congenita. Quando Karol, che aveva 9 anni, seppe della notizia disse: “Era la volontà di Dio”. Suo fratello maggiore, Edmund, di professione medico, noto anche come Mundek, morì nel 1932 per aver contratto la scarlattina all’età di 26 anni, da un paziente. La sorella Olga, invece, era morta poco dopo la nascita nel 1914, prima ancora che Karol nascesse. Dopo la morte della madre Emilia, suo padre, uomo molto religioso, si impegnò con tutte le forze per poter far studiare il figlio Karol.
La sua gioventù venne segnata da un intenso rapporto con l’allora numerosa e viva comunità ebraica di Wadowice.
Università
La seconda guerra mondiale
Nel settembre del 1939 la Germania invase la Polonia e la nazione fu occupata prima dalle forze naziste e poi da quelle sovietiche. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, Karol e suo padre fuggirono da Cracovia verso est, insieme a migliaia di altri polacchi. Durante la marcia dovettero a volte rifugiarsi dentro delle fosse, per nascondersi dai velivoli della Luftwaffe. Dopo avere camminato per 200 chilometri seppero dell’invasione russa della Polonia e furono obbligati a ritornare a Cracovia. Nel novembre, 184 accademici dell’Università Jagellonica furono arrestati e l’università venne chiusa. Tutti i maschi abili furono costretti a lavorare. Nel primo anno di guerra Karol lavorò come fattorino per un ristorante. Questo lavoro leggero gli permise di continuare gli studi e la carriera teatrale e di mettere in pratica atti di resistenza culturale. Intensificò inoltre lo studio del francese.
Dall’autunno del 1940 Karol lavorò per quasi quattro anni come manovale in una cava di calcare. Il padre morì nel 1941. Nel 1942, entrò nel seminario clandestino diretto dal cardinale Sapieha, arcivescovo di Cracovia. Il 29 febbraio 1944, tornando a casa dal lavoro nella cava, fu investito da un camion tedesco, perse coscienza e passò due settimane in ospedale. Riportò un trauma cranico acuto, numerose escoriazioni e una ferita alla spalla. Secondo Testimone della Speranza, la biografia scritta da George Weigel, questo incidente e la sopravvivenza ad esso sembrarono a Wojtyła una conferma della propria vocazione religiosa. Nell’agosto 1944 iniziò la rivolta di Varsavia e il 6 agosto, il “lunedì nero”, la Gestapo perquisì la città di Cracovia deportando i giovani maschi per evitare un’analoga sollevazione. Quando la Gestapo perquisì la sua casa, Wojtyła riuscì a scampare alla deportazione nascondendosi dietro una porta e fuggì nell’Arcivescovato, dove rimase fino a guerra finita. La notte del 17 gennaio 1945 i tedeschi abbandonarono la città. I seminaristi restaurarono il vecchio seminario, ridotto in rovine.
Servizio ecclesiale in Polonia
Il 26 giugno 1967 fu creato e pubblicato cardinale di San Cesareo in Palatio, diaconia elevata a titolo pro illa vice, da papa Paolo VI. A Cracovia si distinse per la sua attività di opposizione al regime comunista. In particolare fece pubblicare a puntate nel suo giornale diocesano alcuni libri usciti all’epoca e colpiti dalla censura comunista. Tra questi Ipotesi su Gesù di Vittorio Messori e Lettera a un bambino mai nato della scrittrice fiorentina Oriana Fallaci. Nell’agosto del 1978, dopo la morte di Paolo VI, partecipò al conclave che si concluse con l’elezione di Albino Luciani, il cardinale patriarca di Venezia, che divenne papa Giovanni Paolo I. Avendo appena 65 anni, Luciani era considerato un pontefice giovane in confronto ai suoi predecessori. Tuttavia Wojtyła, che ne aveva 58, avrebbe potuto aspettarsi di partecipare nuovamente ad un conclave prima di raggiungere gli ottant’anni (età massima per i cardinali per partecipare all’elezione del pontefice), ma certo non si aspettava che il suo secondo conclave si sarebbe tenuto così presto. Invece il 28 settembre 1978, dopo solo 33 giorni di pontificato, Giovanni Paolo I morì. Nell’ottobre 1978 Wojtyła fece ritorno in Vaticano per prendere parte al secondo conclave in meno di due mesi.
Il secondo Conclave del 1978
Qualcuno pensa che la sua nomina, come quella del suo predecessore, fu frutto di un compromesso: il conclave infatti, secondo quanto emerso dai racconti di alcuni cardinali, vide una netta divisione tra due candidati particolarmente forti: il cardinale Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova, votato dalla parte dell’ala conservatrice, ed il cardinale Giovanni Benelli, arcivescovo di Firenze, molto vicino a papa Giovanni Paolo I e sorretto dall’ala più riformista del Collegio dei Cardinali. Sembra che nei primi ballottaggi Benelli arrivò a nove voti dall’elezione, ma Wojtyła, in parte grazie al supporto ottenuto da cardinali come Franz König e altri che avevano precedentemente appoggiato Siri, venne eletto con grande stupore di tutto il mondo.
Il 16 ottobre 1978, all’età di cinquantotto anni, Wojtyła succedette a papa Giovanni Paolo I. Al momento dell’elezione Wojtyła avrebbe voluto assumere il nome di Stanislao I in onore del santo patrono della Polonia. Tuttavia, poiché i cardinali gli fecero notare che era un nome che non rientrava nella tradizione romana, Wojtyła scelse Giovanni Paolo II.
L’annuncio della sua elezione (l’Habemus papam) fu dato alle ore 18:45 dal cardinale protodiacono Pericle Felici. Pochi minuti più tardi il nuovo papa si presentò alla folla radunata in piazza San Pietro, affacciandosi dalla loggia centrale della Basilica di San Pietro in Vaticano. Nel suo breve discorso egli si definì come “un nuovo Papa chiamato da un paese lontano” e superò subito le diffidenze degli italiani, che vedevano per la prima volta da lungo tempo un pontefice straniero, dicendo “se mi sbaglio mi corrigerete!”, frase rimasta famosa e che suscitò l’applauso dei presenti. Al termine egli impartì la prima benedizione Urbi et Orbi che fu trasmessa in mondovisione.
Il giorno seguente il nuovo Pontefice celebrò la messa insieme al Collegio cardinalizio nella Cappella Sistina, e il 22 ottobre iniziò solennemente il ministero petrino, quale 263° successore di Pietro apostolo.
Papa Giovanni Paolo II volle iniziare il suo ministero di Vescovo di Roma e primate d’italia rendendo omaggio ai due patroni d’Italia, e così il 5 novembre 1978 visitò Assisi, per venerare san Francesco, e successivamente si recò anche alla basilica di Santa Maria sopra Minerva in Roma, per venerare la tomba di Caterina da Siena. Il 12 novembre Giovanni Paolo II prese possesso, come vescovo di Roma, della cattedra di San Giovanni in Laterano e il 5 dicembre compì la prima visita alle parrocchie della diocesi di Roma iniziando con San Francesco Saverio nel quartiere della Garbatella.
L’attentato subìto
Il 13 maggio 1981 subì un attentato quasi mortale da parte di Mehmet Ali Ağca, un killer professionista turco, che gli sparò due colpi di pistola in piazza San Pietro, pochi minuti dopo che egli era entrato nella piazza per l’udienza generale del mercoledì, colpendolo all’addome. Wojtyła fu presto soccorso e sopravvisse. Dopo l’attentato fu sottoposto ad un intervento di 5 ore e 30 minuti.
Due giorni dopo il Natale del 1983, volle incontrare il suo attentatore detenuto in carcere, per offrirgli il suo perdono. I due parlarono da soli per lungo tempo e la loro conversazione è rimasta ancora oggi privata. Il Papa disse poi dell’incontro: “Ho parlato con lui come si parla con un fratello, al quale ho perdonato e che gode della mia fiducia. Quello che ci siamo detti è un segreto tra me e lui”. L’attentatore venne in seguito condannato all’ergastolo dalla giustizia italiana per attentato a Capo di Stato estero. Nel 2000 il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi gli concesse la grazia.
Ali Ağca non ha mai voluto rivelare in modo chiaro la verità e ha ripetutamente cambiato versione sulla dinamica della preparazione dell’attentato, a volte suggerendo di aver avuto aiuti dall’interno del Vaticano. I documenti analizzati dalla commissione Mitrokhin dimostrerebbero che l’attentato fu progettato dal KGB in collaborazione con la polizia della Germania Orientale (Stasi) e con l’appoggio di un gruppo terroristico bulgaro a Roma, che a sua volta si sarebbe rivolto ad un gruppo turco di estrema destra, i lupi grigi. Una relazione di minoranza della stessa commissione negò questa tesi; tuttavia, altri documenti scoperti negli archivi sovietici e resi pubblici nel marzo 2005 supportano la tesi che l’attentato sia stato commissionato dall’Unione Sovietica.
Le motivazioni che avrebbero portato l’URSS a preparare l’attentato non sono state chiarite; probabilmente, l’Unione Sovietica temeva l’influenza che un Papa polacco poteva avere sulla stabilità dei loro Paesi satelliti dell’Europa Orientale, in special modo la Polonia.
Un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede analizza l’attentato, mettendolo in relazione con l’ultimo dei Segreti di Fatima. L’attentato è avvenuto nel giorno della ricorrenza della prima apparizione della Madonna ai pastorelli di Fatima e Giovanni Paolo II, convinto che fu la mano della Madonna a deviare quel colpo e a salvargli la vita, volle che il bossolo del proiettile fosse incastonato nella corona della statua della Vergine a Fatima.
Un altro tentativo di assassinio di Giovanni Paolo II avvenne il 12 maggio 1982 a Fatima: un uomo tentò di colpire il papa con una baionetta, ma fu fermato dalla sicurezza. L’uomo, un sacerdote spagnolo di nome Juan María Fernández y Krohn, si opponeva alle riforme del Concilio Vaticano II e definiva il papa un “agente di Mosca”. Fu condannato a sei anni di prigione e, quindi, espulso dal Portogallo.
I problemi di salute
Nel 2001 venne stabilito nel corso di una visita ortopedica che, come alcuni osservatori internazionali sospettavano da tempo, Giovanni Paolo II soffriva del morbo di Parkinson. Ciò venne ufficialmente confermato dal Vaticano nel 2003. Oltre all’evidente tremore alla mano, cominciò a pronunciare con difficoltà più frasi di seguito, e vennero notati anche alcuni problemi uditivi. Soffriva anche di un’artrosi acuta al ginocchio destro, che aveva sviluppato in seguito all’applicazione di una protesi all’anca. Nonostante questi disagi, continuò a girare il mondo. Disse di accettare la volontà di Dio che lo faceva Papa, e così rimase determinato a mantenere la carica fino alla morte, o finché non sarebbe diventato mentalmente inabile in maniera irreversibile. Coloro che lo hanno incontrato dicono che, sebbene provato fisicamente, sia sempre stato perfettamente lucido.
Nel settembre 2003, il cardinale Joseph Ratzinger, disse “dovremmo pregare per il Papa”, sollevando serie preoccupazioni circa lo stato di salute del Pontefice.
Sede vacante
Subito dopo la morte di papa Giovanni Paolo II è iniziato il periodo di sede vacante ed il processo di successione. Il suo “anello piscatorio” ed il sigillo sono stati distrutti dal cardinale camerlengo, Eduardo Martínez Somalo, a significare la fine della sua autorità papale. L’appartamento papale e tutto ciò che era sotto la diretta autorità e giurisdizione di Sua Santità è stato sigillato ed è iniziato il cerimoniale di nove giorni di esequie. Il corpo di Giovanni Paolo II è stato esposto fino al suo funerale che si è tenuto venerdì 8 aprile.
Il pontificato
Sull’onda del processo di rinnovamento ecclesiale avviato dal Concilio Vaticano II, Giovanni Paolo II fece a meno – come il suo predecessore – di parte della simbologia e del cerimoniale tradizionale al fine di rendere il suo pontificato meno simile ad un vero e proprio regno.
Decise, pertanto, di non usare il pluralis maiestatis, riferendosi a sé stesso, e optò per una semplice Messa di inaugurazione del ministero petrino, al posto della tradizionale cerimonia di incoronazione papale.
Il suo stemma, come quello dei predecessori, fu sormontato della tiara (o triregno), un copricapo extra-liturgico adottato dai papi, sia negli stemmi che nelle apparizioni pubbliche, all’inizio del XIV secolo e visto spesso come un simbolo di potere terreno e di ricchezza, ma egli non la indossò mai, sostituendola con la mitria episcopale.
« Il Papa Giovanni Paolo I, il cui ricordo è così vivo nei nostri cuori, non ha voluto il triregno e oggi non lo vuole il suo Successore. Non è il tempo, infatti, di tornare ad un rito e a quello che, forse ingiustamente, è stato considerato come simbolo del potere temporale dei Papi »
(Giovanni Paolo II, messa di inaugurazione papale, 22 ottobre 1978)
Nell’omelia di inizio pontificato si soffermò anche sulla simbologia delle tre corone della tiara, interpretandole, innovativamente, come la triplice ufficio di Cristo di “sacerdote, profeta-maestro e re”.
Il suo pontificato è stato caratterizzato da una intensa attività pastorale che lo ha portato in ogni parte del mondo.
Ha operato per la difesa della pace e per migliorare le relazioni con le altre religioni, in primo luogo con anglicani ed ortodossi.
Nei confronti degli ebrei, ha riconosciuto ufficialmente lo Stato di Israele ed ha chiesto perdono per le mancanze e i peccati dei cristiani verso i “fratelli maggiori” nel corso dei secoli.
Ha avuto anche una grande attenzione ai temi sociali: Ha scritto due encicliche sulle distorsioni delle dottrine capitaliste e comuniste: la Laborem Exercens (14 settembre 1981) e la Centesimus Annus (1 maggio 1991), nel centenario della Rerum Novarum di papa Leone XIII.
Ha richiesto più volte a tutti gli stati di rispettare la libertà religiosa dei propri cittadini, il suo primo pronunciamento in tale senso è stata una lettera al segretario delle Nazioni Unite Kurt Waldheim il 2 dicembre 1978 in occasione del trentesimo anniversario della firma della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948.
Nel 1982 elevò l’Opus Dei al rango di prelatura personale.
Nel 1983 promulgò la nuova versione del Codice di diritto canonico, riformando l’edizione del 1917, promulgata da Benedetto XV.
Con la costituzione apostolica Pastor Bonus del 1988 riformò l’organizzazione della Curia Romana ed i compiti dei vari dicasteri.
L’Anno Santo del 1983 e l’istituzione delle Giornate Mondiali della Gioventù
Per il 1983-1984 indisse il Giubileo Straordinario della Redenzione, nel 1950° anniversario della morte e resurrezione di Cristo, considerata avvenuta nell’anno 33. In calendario indisse tra i vari appuntamenti il Giubileo dei Giovani che ebbe il suo culmine il 15 aprile 1984, Domenica delle Palme: quel giorno trecentomila giovani affollarono piazza San Pietro, cifra decisamente inconsueta per l’epoca.
Approfittando della concomitanza con l’Anno internazionale della Gioventù indetta dall’ONU, il Papa diede appuntamento ai giovani per l’anno successivo: l’incontro a Roma del 31 marzo 1985 segnò l’istituzione delle Giornate Mondiali della Gioventù.
Fu così deciso di continuare ad organizzare questo genere di eventi ogni due anni in una città del mondo scelta dal papa: le prime due furono Buenos Aires (1987) e Santiago de Compostela (1989). Con il passare degli anni le Giornate Mondiali della Gioventù divennero incontri dall’importanza sempre maggiore, sia per la risonanza mediatica che per l’elevato numero di partecipanti.
In particolare la GMG del 1995, svoltasi a Manila alla presenza di quattro o cinque milioni di persone, è considerato il più grande raduno umano della storia.
Gli anni novanta
Il 15 agosto 1990 emanò la Costituzione Apostolica Ex corde ecclesiae, con la quale stabilì alcune regole per le Università cattoliche, tra cui il requisito per i docenti dell’approvazione del proprio vescovo.
L’11 febbraio 1997, su indicazione del cardinale Camillo Ruini, nominò mons. Antonio Buoncristiani commissario straordinario della Società San Paolo.
Con il Motu Proprio Ad tuendam fidem del 1998 chiarì il significato della “professione di fede del 1989” che stabilisce la necessità per i teologi cattolici di aderire alle verità proclamate dal magistero “in modo definitivo” anche quando queste non siano stabilite come dogma.
Sempre nello stesso anno, con il Motu Proprio Apostolos suos del 21 maggio definì i limiti delle Conferenze episcopali.
Il Pontefice ribadì ripetutamente la dignità dell’uomo e il diritto alla vita, come fondamento di tutte le posizioni assunte in tema di morale. Ogni individuo è “unico e irripetibile” ed ogni persona in quanto è ad “immagine e somiglianza di Dio” ha una dignità che non è acquisita con meriti, ma è data fin dalla nascita. Il diritto naturale secondo san Tommaso discende dal diritto divino, da un volere del creatore che ha imposto tali leggi alla natura creata. La vita è un diritto in quanto dono di Dio, il Solo che può darla e toglierla. Il diritto alla vita è per il pontefice il fondamento di ogni altro diritto: della persona, e dell’esistenza di una giustizia e di un sistema di diritti a suo riguardo.
Il tema della “cultura della morte”
Il 10 gennaio 2005, durante il messaggio ai diplomatici presso la Santa Sede, antepose a tutti i problemi dell’umanità, compresa la fame, il tema della “sfida della vita” contro quella che definì come “cultura della morte”, manifestata nella prassi e nella giustificazione dell’aborto e dell’eutanasia, dichiarando che “lo Stato ha come suo compito primario proprio la tutela e la promozione della vita umana”.
Il tema della «cultura della morte» e la condanna di essa ricorre in numerosi pronunciamenti di Giovanni Paolo II.
Aborto
Difese fortemente la vita umana dal concepimento fino alla morte naturale, facendosi un baluardo nella difesa dei più deboli e della vita più inerme. Nell’enciclica Evangelium vitae del 25 marzo 1995 definì “democrazie totalitarie” gli stati democratici che consentono l’aborto.
Omosessualità
Il giorno dopo il gay pride tenutosi a Roma durante il Giubileo, durante l’Angelus espresse “amarezza per l’affronto recato al grande Giubileo dell’anno 2000 e per l’offesa ai valori cristiani di una città che è tanto cara al cuore dei cattolici di tutto il mondo”. Il 25 gennaio 2003 un decreto della Congregazione per la dottrina della fede, autorizzato esplicitamente dal papa, ordinò la dimissione dallo stato clericale di Franco Barbero, della Comunità ecclesiale di base di Pinerolo, che aveva simbolicamente benedetto alcuni matrimoni omosessuali.
Ordinazione delle donne
Si espresse sempre contro l’ordinazione al sacerdozio delle donne. Tale posizione fu espressa nella lettera apostolica Mulieris dignitatem il 15 agosto 1988, e successivamente il 22 maggio 1994 nella lettera Ordinatio sacerdotalis:
« [Il papa] in virtù del [suo] ministero di confermare i fratelli [dichiara che] la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale, e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli »
(Ordinatio Sacerdotalis, 3)
Sull’ipotesi che per tale pronunciamento si fosse avvalso dell’infallibilità papale intervenne dapprima la Congregazione per la Dottrina della Fede, con il suo Responsum in data 28 ottobre 1995, a firma dell’allora prefetto, cardinale Joseph Ratzinger. In quel documento si afferma che la suddetta dottrina “proposta infallibilmente dal magistero ordinario e universale”, è proposta dalla Lettera Apostolica Ordinatio Sacerdotalis con una dichiarazione formale e deve essere considerata come appartenente al deposito della fede. In seguito lo stesso Giovanni Paolo II, nel discorso ai vescovi tedeschi del 20 novembre 1999 (n. 10), affermò:
« L’insegnamento sul sacerdozio riservato agli uomini riveste il carattere di quella infallibilità che è legata al Magistero ordinario e universale della Chiesa. »
Celibato del clero
Come il suo predecessore Paolo VI, anche Giovanni Paolo II intervenne più volte in difesa del celibato ecclesiastico nella Chiesa Latina, dichiarando che mantenerlo sarebbe stato positiva soluzione al calo delle vocazioni. Tra i motivi elencati in favore del celibato, Giovanni Paolo II citò il maggior tempo da dedicare alla parrocchia/comunità, e il fatto che il sacerdote debba non pensare ai beni terreni.
Divorzio
Confermò la posizione della Chiesa contraria all’ammissione dei divorziati risposati alla Santa Comunione nell’Esortazione Apostolica Familiaris consortio del 22 novembre 1982. Il 22 novembre 2001 espresse nuovamente tale posizione ai presuli dell’Oceania, dopo che erano stati sollevati dei dubbi durante il Sinodo per l’Oceania tenutosi a Roma nel 1998, e poi nell’enciclica Ecclesia de Eucharistia del 2003.
Ecologia
Dedicò particolare attenzione al tema dell’ecologia, ponendo più volte l’accento sulla necessità di salvaguardare l’ambiente e richiamando l’uomo ad essere l’artefice e il collaboratore di Dio in questo compito.
« Del pari preoccupante, accanto al problema del consumismo e con esso strettamente connessa, è la questione ecologica. L’uomo, preso dal desiderio di avere e di godere, più che di essere e di crescere, consuma in maniera eccessiva e disordinata le risorse della terra e la sua stessa vita. Alla radice dell’insensata distruzione dell’ambiente naturale c’è un errore antropologico, purtroppo diffuso nel nostro tempo. L’uomo che scopre la sua capacità di trasformare e in un certo senso di creare il mondo con il proprio lavoro, dimentica che questo si svolge sempre sulla base della prima originaria donazione delle cose da parte di Dio: Egli pensa di poter disporre arbitrariamente della terra, assoggettandola senza riserve alla sua volontà come se essa non avesse una propria forma e una destinazione anteriore datale da Dio, che l’uomo può, sì, sviluppare, ma non deve tradire. Invece di svolgere il suo ruolo di collaboratore di Dio nell’opera della creazione, l’uomo si sostituisce a Dio e così finisce col provocare la ribellione della natura, piuttosto tiranneggiata che governata da lui. »
(Centesimus Annus, 37.)
Liturgia
Si espresse contro le sperimentazioni nella liturgia. In un chirografo del 22 novembre 2003 dichiarò che “il sacro ambito della celebrazione liturgica non deve mai diventare laboratorio di sperimentazioni o di pratiche compositive ed esecutive introdotte senza un’attenta verifica”, posizione ripetuta nella lettera apostolica Spiritus et Sponsa del 4 dicembre in occasione del quarantesimo anniversario della costituzione sulla liturgia del concilio Vaticano II.
In precedenza il 24 maggio il cardinale Darío Castrillón Hoyos aveva celebrato a nome del Papa una Messa tridentina nella basilica di Santa Maria Maggiore in Roma.
Giovanni Paolo II e Padre Pio
Nel 1948 la posizione di Padre Pio in seno alla Chiesa non era ancora giunta al suo punto critico: Pio XII era un estimatore del “frate con le stigmate” e al suo arrivo sul soglio di Pietro, nel 1939, aveva ordinato al Sant’Uffizio di “lasciare in pace Padre Pio”. Il religioso era stato già in contrasto con il Sant’Uffizio: a partire dal maggio 1923, questo aveva emanato cinque decreti contro di lui e altri documenti ufficiali che sconfessavano la “soprannaturalità” dei fenomeni mistici che gli venivano attribuiti, in particolare le stigmate.
In quel periodo, quindi, il clero di tutto il mondo sapeva che, ufficialmente, la Chiesa aveva preso le distanze dal religioso e aveva invitato tutti a non frequentarlo. Ciò malgrado, Wojtyła volle conoscerlo. Ad aprile del 1948, durante le vacanze di Pasqua, partì per il Gargano con un seminarista suo connazionale e si trattenne qualche giorno nel paese in cui viveva Padre Pio. Le cronache registrano che ebbe vari incontri con il frate e che andò a confessarsi da lui. Nel novembre 1962 quando Wojtyła, già vescovo, era di nuovo a Roma per il Concilio, inviò una lettera a Padre Pio chiedendogli l’intercessione per la salute di una sua amica affetta da una grave neoplasia. La signora guarì, a detta dei medici stessi, in modo prodigioso. Il carteggio epistolare di tale evento (che comprende anche una lettera di ringraziamento spedita 11 giorni dopo la prima) è conservato come testimonianza.
Wojtyła dimostrò sempre grande considerazione per il frate di Pietrelcina; fu proprio durante il suo pontificato che il frate fu prima beatificato (2 maggio 1999) e poi canonizzato (16 giugno 2002).
Insegnamenti
« Damose da fa’ e volemose bbene! Semo romani »
(Papa Giovanni Paolo II – 26 febbraio del 2004.)
Giovanni Paolo II proseguì l’insegnamento della dottrina cattolica attraverso la redazione di una serie di scritti teologici, che ebbero forte eco all’interno della Chiesa e, spesso, anche al suo esterno.
Un grande risultato di Giovanni Paolo II fu la pubblicazione del Catechismo della Chiesa cattolica, che diede alla Chiesa cattolica un catechismo molto più aggiornato.
Le sue prime encicliche si soffermarono sul Dio “Uno e Trino”: la prima di esse, Redemptor Hominis (1979) riguarda la figura di Gesù; la seconda, Dives in Misericordia (1980) parla di Dio Padre; nel 1985 completò la trilogia, con la Dominum et Vivificantem sullo Spirito Santo che “è Signore e dà la vita”. Giovanni Paolo II mantenne questa focalizzazione su Dio durante tutto il pontificato.
Nella sua visione per il nuovo millennio, contenuta nella Lettera Apostolica Novo Millennio Ineunte del 6 gennaio 2001, un “programma per ogni tempo”, enfatizzò l’importanza di “ripartire da Cristo”: “No, non una formula ci salverà, ma una Persona”.
Per Giovanni Paolo II la prima priorità per la Chiesa è la santità: “Tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana». Inoltre, “per questa pedagogia della santità c’è bisogno di un cristianesimo che si distingua innanzitutto nell’arte della preghiera”. La sua ultima enciclica, Ecclesia de Eucharistia (2003) è sull’Eucarestia, che Wojtyła II afferma “contenere l’intera ricchezza spirituale della Chiesa: Cristo stesso”, enfatizzando il bisogno di “rinnovare la meraviglia” sull’Eucarestia e “contemplare il volto di Cristo”.
Altri documenti importanti del suo pontificato sono stati la Laborem Exercens (1981) e la Centesimus Annus (1991) sui temi del lavoro, la Evangelium Vitae (1995) sull’inviolabilità della vita, la Fides et Ratio (1998) sui rapporti tra fede e ragione, e la Veritatis Splendor (1993), sulla morale cattolica.
Viaggi apostolici
Durante il suo pontificato, Giovanni Paolo II viaggiò più di tutti i precedenti papi messi assieme. Mentre alcune delle mete dei suoi pellegrinaggi (come gli Stati Uniti e la Terra Santa) erano già stati visitati dal predecessore Paolo VI (soprannominato a volte “il Papa pellegrino”), molti altri paesi non erano mai stati visitati in precedenza da alcun altro pontefice.
Relazioni con le altre religioni
Papa Giovanni Paolo II viaggiò estesamente ed entrò in contatto con molte diverse fedi. Tuttavia non cessò mai di trovare un terreno comune, dottrinale o dogmatico che fosse.
Il Dalai Lama, guida spirituale del Buddhismo tibetano ebbe otto incontri con Giovanni Paolo II, più di ogni altro singolo dignitario, trovandosi spesso di comune opinione.
Con il popolo ebraico
Giovanni Paolo II scrisse e parlò molto sull’argomento delle relazioni della Chiesa con gli ebrei, e spesso rese omaggio alle vittime dell’olocausto in molte nazioni. Fu il primo papa a visitare il campo di concentramento di Auschwitz in Polonia, nel 1979. Uno dei pochi papi ad essere cresciuto in un clima di fiorente cultura ebraica, che era tra le componenti chiave della Cracovia dell’epoca pre-bellica, il suo interesse per la cultura ebraica risaliva alla prima gioventù. La sua visita alla Sinagoga di Roma, il 13 aprile 1986, fu la prima da parte di un papa nella storia della Chiesa cattolica.
Papa Giovanni Paolo II con il rabbino Elio Toaff nella Sinagoga di Roma, 13 aprile 1986
Nel marzo 2000, papa Giovanni Paolo II si recò nel memoriale dell’olocausto di Yad Vashem in Israele e toccò il Muro occidentale di Gerusalemme, uno dei luoghi più sacri del popolo ebraico, promuovendo la riconciliazione tra cristiani ed ebrei.
La Lega Anti-Diffamazione dichiarò: « La Lega Anti-Diffamazione si congratula con papa Giovanni Paolo II in occasione del 25° anniversario del suo pontificato. Il suo profondo impegno nella riconciliazione tra la Chiesa cattolica ed il popolo ebraico è stato fondamentale per il suo pontificato. Gli ebrei di tutto il mondo sono profondamente grati al Papa. Egli ha sempre difeso il popolo ebraico, come sacerdote nella sua natia Polonia e durante il suo pontificato. (..) Preghiamo che rimanga in salute per molti anni a venire, e che ottenga molto successo nella sua opera santa e che le relazioni tra cattolici ed ebrei continuino a prosperare.»
Nel febbraio 2005, l’agenzia Reuters pubblicò estratti dal recente libro del pontefice, il suo quinto, Memoria e identità. In esso il Papa sembrò comparare l’aborto all’olocausto, dicendo: “C’è ancora, tuttavia uno sterminio legale di esseri umani che sono stati concepiti ma non sono ancora nati. E questa volta stiamo parlando di uno sterminio che è stato permesso da, niente di meno, parlamenti scelti democraticamente dove normalmente si sentono appelli per il progresso civile della società e di tutta l’umanità”. Il cardinale Joseph Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, spiegò che il papa “non stava provando a mettere l’olocausto e l’aborto sullo stesso piano” ma soltanto stava avvertendo che la malvagità alligna dappertutto, “anche nei sistemi politici liberali”.
Con le altre Chiese cristiane
Nel 2003, durante la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani dichiarò che il primato di Pietro è il garante dell’unità dei cristiani; nell’enciclica Ecclesia de Eucharistia ha riaffermato la dottrina della transustanziazione stabilita nel concilio di Trento e ribadendo la impossibilità della partecipazione dei fedeli protestanti alla Comunione Eucaristica e degli stessi cattolici al rito della cena delle chiese riformate.
Relazioni con la Chiesa Ortodossa Orientale
Nel maggio 1999 visitò la Romania. Era la prima volta che un papa visitava una nazione principalmente cristiana ortodossa dopo il Grande Scisma d’Oriente, che aveva visto staccarsi dalla Chiesa cristiana la comunità che volle chiamarsi “ortodossa” nel 1054. La visita nasceva in accoglimento di un invito rivolto da Teotisto, patriarca e capo spirituale della Chiesa ortodossa rumena. All’arrivo, il papa fu accolto dal patriarca e dal capo di stato romeno, allora Emil Constantinescu. Il Patriarca sottolineò che “il secondo millennio della storia cristiana era cominciato con una dolorosa ferita all’unità della Chiesa; la fine di quel millennio assisteva ad un concreto sforzo per ripristinare la cristiana unità”.
Domenica 9 marzo il Papa e il Patriarca assistettero ciascuno ad una celebrazione condotta dall’altro (una liturgia ortodossa e una Messa cattolica, rispettivamente). Una folla di migliaia di persone si radunò ad assistere alle celebrazioni, tenute all’aperto. Il Papa disse alla folla: “Sono qui tra di voi spinto soltanto dal desiderio di autentica unità. Non molto tempo fa era impensabile che il Vescovo di Roma potesse visitare i suoi fratelli e sorelle di fede che vivono in Romania. Oggi, dopo un lungo inverno di sofferenza e persecuzione, possiamo infine scambiarci il bacio della pace e lodare insieme il Signore”. Una larga parte della popolazione ortodossa romena si mostrñ favorevole all’idea della riunificazione cristiana.
Due anni dopo, nel 2001, papa Wojtyła fu il primo pontefice a visitare la Grecia dopo 1291 anni. La visita non fu serena, il papa fu accolto da manifestazioni ostili e fu snobbato dai vertici della Chiesa ortodossa, che non inviò nessun suo esponente ad accoglierlo all’arrivo.
Ad Atene il Papa si incontrò con l’arcivescovo Christodoulos, capo della chiesa ortodossa di Grecia. Dopo un incontro privato di 30 minuti, i due parlarono pubblicamente. Christodoulos lesse una lista di “13 offese” della Chiesa cattolica romana nei confronti della Chiesa Ortodossa dai tempi del Grande Scisma, inclusi il sacco di Costantinopoli ad opera dei crociati nel 1204, e lamentò la mancanza di qualsiasi scusa da parte della Chiesa cattolica, affermando: “Fino ad ora non si è udita una sola richiesta di perdono” per i “furiosi crociati del XIII secolo”.
Wojtyła rispose: “Per le occasioni passate e le presenti, qualora i figli e le figlie della Chiesa cattolica abbiano peccato in azioni od omissioni contro i loro fratelli e sorelle ortodossi, che il Signore ci accordi il perdono”, al che Christodoulos immediatamente applaudì. Giovanni Paolo II aggiunse che il saccheggio di Costantinopoli era una fonte di “profondo rincrescimento”per i cattolici.
In seguito, Wojtyła e Christodoulos si incontrarono in un luogo dove san Paolo aveva una volta predicato ai cristiani ateniesi. Essi resero pubblica una dichiarazione comune che diceva: “Noi faremo tutto ciò che è in nostro potere perché le radici cristiane dell’Europa e la sua anima cristiana siano preservate. (..) Condanniamo ogni ricorso alla violenza, proselitismo e fanatismo nel nome della religione”. Le due guide pronunciarono poi il Padre Nostro insieme, rompendo il tabù ortodosso contrario alla preghiera coi cattolici.
Tuttavia, durante la visita il Papa evitò ogni accenno a Cipro, ancora fonte di tensione tra le due fedi.
Giovanni Paolo II visitò altre aree a maggioranza religiosa ortodossa, come l’Ucraina, nonostante non sempre vi fu accolto calorosamente, ed affermò che la fine dello Scisma sarebbe stato uno dei suoi desideri più profondi.
Nell’enciclica Fides et Ratio del 14 settembre 1998, rivolta ai vescovi della Chiesa cattolica circa i rapporti tra fede e ragione, definì “significativo” il cammino di “ricerca filosofica”, accanto ad alcuni autori occidentali, condotto dai pensatori religiosi russi Vladimir Nikolaevič Losskij e Pëtr Jakovlevič Čaadajev, Pavel Aleksandrovič Florenskij, Vladimir Sergeevič Solov’ëv.
Domande di perdono
« Come successore di Pietro, chiedo che in questo anno di misericordia la Chiesa, forte della santità che riceve dal suo Signore, si inginocchi davanti a Dio e implori il perdono per i peccati passati e presenti dei suoi figli […] senza nulla chiedere in cambio. »
(Papa Giovanni Paolo II, Incarnationis mysterium, 29 novembre 1998.)
Ha pubblicamente espresso più volte richieste di perdono per quelli che ha considerato come i peccati commessi da cattolici durante i secoli. Di seguito sono elencate alcune delle occasioni:
Il 31 ottobre 1992 per la persecuzione dello scienziato italiano Galileo Galilei ed il processo che seguì nel 1633.
Il 9 agosto 1993 per il coinvolgimento di cattolici nella tratta degli schiavi africani.
Nel maggio 1995, nella Repubblica Ceca, per il ruolo avuto dalla Chiesa nei roghi e nelle guerre religiose che seguirono la riforma protestante.
Il 10 luglio 1995 inviò una lettera destinata “ad ogni donna” in cui chiedeva perdono per le ingiustizie compiute verso le donne nel nome di Cristo, la violazione dei diritti femminili e per la denigrazione storica delle donne.
Il 21 maggio 1995 a Olomouc nella Repubblica Ceca, a nome della Chiesa di Roma chiese perdono dei torti inflitti ai non cattolici e nel contempo assicurò il perdono della Chiesa cattolica per le sofferenze che i suoi figli hanno patito. Al suo ritorno nella Repubblica Ceca, richiamò esplicitamente tale discorso il 27 aprile 1997.
Il 29 novembre 1998 con la Bolla di indizione dell’Anno Santo del Giubileo del 2000 Incarnationis mysterium.
Il 18 dicembre 1999 per l’esecuzione di Jan Hus nel 1415.
Durante una solenne celebrazione in Vaticano il 12 marzo 2000, chiese perdono per i peccati commessi in ogni epoca dai cattolici che violarono “i diritti di gruppi etnici e intere popolazioni, e dimostrarono disprezzo per le loro culture e tradizioni religiose”.
Il 4 marzo 2001 si scusò con il Patriarca di Costantinopoli per i peccati commessi dai crociati in occasione della Quarta crociata, che nel 1204 si mosse contro Costantinopoli invece che verso la Terra Santa.
Il 21 novembre 2001 chiese scusa, via internet, per gli abusi commessi dai missionari nel passato contro le popolazioni indigene del Pacifico meridionale.
L’apostolato internazionale e l’universalità del messaggio
Il papato di Wojtyła si è caratterizzato per il grande impegno profuso per diffondere il Cattolicesimo nel mondo. Viaggiò in ogni angolo della terra, e con maggior attenzione ai fenomeni sociali rispetto ai predecessori.
Ma soprattutto è possibile notare il cambiamento di rotta rispetto ai precedenti papati nel dato dei 500 santi e 1350 beati proclamati, a fronte di 296 santi e 1319 beati da parte di 33 papi precedenti. In particolare, notevole la differenza è con alcuni degli ultimi papi come Pio X (1903-14, 4 santi), Benedetto XV (1914-22, 3 santi), Giovanni XXIII (1958-63, 10 santi). Inoltre, è da tenere in conto la variegatissima composizione di provenienze dai nuovi santi, a differenza della estrema omogeneità dei precendenti.
Anche uno dei temi chiave del pontificato di Giovanni Paolo II, la pubblicizzazione e la rilevanza data ai Segreti di Fatima, è leggibile come un tentativo di riportare la fede in una sfera maggiormente mistica.
Scelte di questo tipo sono legate all’obiettivo di “parlare al cuore” dei fedeli, a differenza di orientamenti che mirano a secolarizzare in parte la Chiesa, mostrando cautela verso miracoli ed eccessive concessioni a sentimenti religiosi popolari.
Anche l’ottimo rapporto con i media, e l’immagine “giovane” che Wojtyła ha dato di se, è considerabile utile al fine di avvicinare alla Chiesa cattolica persone, ed in particolare giovani, di tutto il mondo.
Posizioni sociali e politiche
Gli scritti di Giovanni Paolo II sulla sessualità umana, raccolti nel volume La Teologia del Corpo, sono un’estesa meditazione sulla natura dei sessi e le risultanti implicazioni su sesso e amore, e diversi pubblicisti li considerano un significativo sviluppo dell’insegnamento sessuale della Chiesa, che ha origine con il Cantico dei Cantici e con l’insegnamento sui Sacramenti.
Sono note le sue critiche nei confronti della Teologia della Liberazione, la quale avrebbe calcato troppo la mano sulla liberazione politica a discapito della liberazione spirituale. La sua azione a contrasto di questa dottrina, in Sud America, fu massimamente energica: richiamò ripetutamente il clero locale per la sua partecipazione diretta a governi comunisti, non risparmiò durissime critiche e forti ammonimenti in tutti i suoi viaggi nel continente.
Il 9 maggio 1993, un anno dopo le stragi che uccisero i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nella Valle dei Templi ad Agrigento, prese una posizione durissima contro la mafia. Si rivolse, quasi urlando, ai responsabili intimando loro di convertirsi e non solo di pentirsi (mettendoli così di fatto fuori dalla Chiesa) con parole forti:
« Dio ha detto una volta: Non uccidere. Non può l’uomo, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio. Lo dico ai responsabili: convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio!. »
Nell’enciclica Evangelium Vitae del 1995 riaffermò l’alto valore che ha per la Chiesa la vita umana. In essa ha inoltre esteso la condanna dell’aborto, dell’eutanasia e di ogni uso della pena capitale, chiamandole tutte insieme parte della “cultura della morte” di cui sarebbe pervaso il mondo moderno.
Papa Wojtyła, che aveva iniziato il suo pontificato quando i sovietici controllavano ancora la sua terra natale, la Polonia, come pure il resto dell’Europa dell’est, fu un aspro critico del socialismo reale ed offerse supporto a chi lottava per il cambiamento, come il movimento polacco Solidarność di Lech Wałęsa. Il leader sovietico Mikhail Gorbaciov disse una volta che il crollo della Cortina di ferro sarebbe stato impossibile senza Giovanni Paolo II. Questo punto di vista è condiviso da molti negli stati ex-sovietici, che lo vedono, insieme al presidente statunitense Ronald Reagan, come uno degli artefici della dissoluzione dell’Unione Sovietica. In anni successivi, il Papa si mostrò assai critico anche verso gli eccessi del capitalismo.
Nel 2000 firmò pubblicamente la campagna sulla cancellazione del debito africano ispirata dal Giubileo dell’anno 2000, assieme alle star irlandesi del rock Bob Geldof e Bono.
Il 14 novembre 2002, in occasione della visita al Parlamento italiano riunito in seduta comune nell’aula di Montecitorio, Giovanni Paolo II non mancò di prendere una chiara posizione in merito all’eventualità di un indulto per alleggerire la congestionata situazione delle carceri italiane. “Un segno di clemenza verso di loro [i detenuti] mediante una riduzione della pena costituirebbe una chiara manifestazione di sensibilità, che non mancherebbe di stimolarne l’impegno di personale ricupero in vista di un positivo reinserimento nella società”. A seguito di queste dichiarazioni, il Parlamento approvò nell’estate 2003 il così detto “indultino” che prevedeva alcuni limitati benefici di sconto di pena. L’appello venne poi ripreso da una maggioranza trasversale di forze politiche, avrebbe portato al provvedimento d’indulto del 2006 dedicato dal ministro della giustizia Clemente Mastella proprio al Pontefice.
Nel 2003, Giovanni Paolo II divenne un critico di primo piano sull’Invasione americana dell’Iraq. Mandò il presidente del Pontificio Consiglio Justitia et Pax, a volte chiamato il suo ministro per la pace, il cardinale Pio Laghi, a parlare con il presidente degli Stati Uniti George W. Bush per esprimergli l’opposizione della Santa Sede alla guerra. Giovanni Paolo II affermò che spettava alle Nazioni Unite risolvere il conflitto internazionale attraverso la diplomazia e che un’aggressione unilaterale è un crimine contro la pace ed una violazione del Diritto internazionale.
Durante i negoziati per la redazione della nuova Costituzione europea, nel 2003 e 2004, i rappresentanti della Santa Sede fallirono nell’assicurare una qualsiasi menzione alle “radici cristiane dell’Europa”, cui il Papa teneva. A più riprese durante il pontificato il Papa ha infatti sottolineato che l’Europa ha ricevuto per prima il “dono” della cristianità.
Papa Wojtyła criticò anche il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Nel suo ultimo libro, Memoria e identità, nel capitolo riguardante il ruolo dei legislatori, il Papa parla di “pressioni” sul Parlamento Europeo per permettere il matrimonio omosessuale. Secondo l’agenzia di stampa Reuters il papa scrisse a proposito della corrente ideologico-culturale che propugna la formalizzazione delle unioni omosessuali: “È legittimo e necessario chiederci se non sia parte di una nuova ideologia del male, forse più insidiosa e nascosta, che tenta di scagliare i diritti dell’uomo contro la famiglia e contro l’uomo”.
Il 13 gennaio 2005, ricevendo l’allora presidente della regione Lazio Francesco Storace, espresse “vivo compiacimento per l’approvazione dello Statuto della regione Lazio. Esso infatti, oltre a sottolineare il ruolo di Roma come centro del Cattolicesimo, riconosce esplicitamente il primato della persona e il valore fondamentale della vita. Riconosce, inoltre, i diritti della famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio e si propone di sostenerla nell’adempimento della sua funzione sociale, facendo esplicita menzione dell’Osservatorio regionale permanente sulle famiglie. Lo Statuto prevede anche che la regione garantisca il diritto allo studio e la libertà di scelta educativa”.
Dopo la sua morte, l’attuale presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano parlò in tal modo del pontificato di Giovanni Paolo II:
« L’altissimo magistero spirituale di papa Wojtyła ha illuminato e continua ad illuminare l’intera umanità. »
(Giorgio Napolitano, citato dal quotidiano La Nazione del 5 ottobre 2006, pagina 14.)
A cura di Redazione Papaboys fonte: Cathopedia