Il decreto di Beatificazione di Madre Speranza è stato firmato da Papa Francesco, in seguito alla guarigione immediata, nel ’99, di un bambino colpito da grave intolleranza alimentare.
Giovanna Bove ha intervistato il postulatore della causa di Beatificazione, il pavoniano padre Pietro Riva:
R. – Si tratta di miracolo qualificato di terzo grado, cioè “quoad modum”, riguarda le modalità. Cioè, la guarigione è stata pressoché istantanea, è stata totale ed è stata duratura. E’ avvenuta per intercessione di Madre Speranza, invocata, ma soprattutto attraverso lo strumento dell’acqua benedetta del Santuario di Collevalenza, portata a Vigevano. Il bambino ha bevuto quell’acqua dal 28 giugno 1999 fino al 4 luglio, quando si è verificato che l’intolleranza alimentare multipla alle proteine è stata completamente superata.
D. – Madre Speranza di Gesù ha scritto oltre 2.300 pagine, tra le Costituzioni delle Congregazioni, i suoi spunti autobiografici… Che cosa la colpisce di questa donna?
R. – Una donna forte: questa fortezza spirituale le ha permesso di affrontare tanti ostacoli, soprattutto quelli posti dalle autorità religiose in Spagna e poi anche qui a Roma, compreso il Vaticano, che l’ha sospesa dal governo della sua Congregazione per qualche anno. E’ andata avanti perché sicura di fare qualche cosa che venisse dal Signore che la ispirava ed è riuscita a fondare due Congregazioni: è riuscita a portare avanti il suo capolavoro che è il Santuario di Collevalenza e soprattutto a diventare una delle apostole più importanti del secolo 20.mo dell’Amore Misericordioso.
D. – A proposito dell’Amore Misericordioso, con suor Faustina Kowalska si parla di “Divina Misericordia”, con Madre Speranza si completa, quasi, il discorso sulla “Misericordia del Signore”. E’ così?
R. – Innanzitutto, bisogna sottolineare che è sbagliato dire che la Divina Misericordia nella Chiesa è stata “scoperta” nel secolo 20.mo. E’ sbagliato, perché sempre la Chiesa ha predicato la misericordia. Però, nel passato, accanto alla misericordia, si ricordava anche la “giustizia di Dio”. Un’accentuazione della Divina Misericordia è venuta nel secolo 20.mo, attraverso tante anime sante. Ricordo Santa Margherita Maria Alacoque, Santa Teresa di Gesù di Lisieux, poi Santa Faustina Kowalska e anche Madre Speranza. Aggiungiamo anche Papa Giovanni Paolo II e attualmente Papa Francesco. Tutto un complesso di interventi di Santi o di persone autorevoli che hanno rilanciato più in profondità la misericordia di Dio. Quindi, c’è una accentuazione maggiore. Però, c’è il pericolo che si parli solo di misericordia intendendo, da parte di qualcuno, un lasciar correre tutto, “tanto Dio è misericordioso”… No, la misericordia di Dio vale quando c’è almeno l’inizio della conversione, altrimenti è prendere in giro la misericordia di Dio.
D. – Un altro messaggio molto importante di Madre Speranza è il tema della Provvidenza. La Provvidenza, sì, ti aiuta – sintetizzo il suo pensiero – ma bisogna essere previdenti, bisogna lavorare. Lei stessa ha lavorato: uno degli esempi è il suo impegno per Luisa Spagnoli, in Umbria, con tutte le sorelle della Congregazione. Effettivamente, anche questo è un passaggio significativo: darsi da fare e Dio c’è, Dio ti aiuta…
R. – La Madre Speranza – come quasi tutti i Santi dell’Ottocento e del Novecento che si sono impegnati nell’assistenza ai malati, poveri e abbandonati, praticamente le categorie più bisognose – per attuare i loro progetti di carità hanno dovuto pensare alle strutture. E quindi è saltato fuori il problema dei beni da acquisire. Sul piano umano non li avevano, però loro sono riusciti ad attuare queste opere meravigliose. Hanno puntato sulla Divina Provvidenza: Dio che interviene in un modo prodigioso. Il che però non li esonerava dalla “previdenza”: quindi si davano da fare. E in questo connubio di previdenza e di Provvidenza hanno fatto miracoli.
D. – A lei, personalmente, cosa colpisce di Madre Speranza e del Santuario dell’Amore Misericordioso?
R. – La fortezza con cui ha affrontato la sua vita. L’altra cosa che mi ha colpito molto è la sua esperienza mistica. Posso dire che è da considerarsi una delle più grandi mistiche del nostro tempo.
Il miracolo che ha permesso la Beatificazione di Madre Speranza di Gesù è, come detto, avvenuto nel luglio del 1999 e ha riguardato un bimbo di circa 1 anno, di Vigevano, colpito da grave forma di intolleranza alimentare. Poco prima del suo compleanno, dopo aver assunto per alcuni giorni l’acqua del Santuario di Collevalenza, scompare qualunque traccia della malattia. La guarigione del piccolo viene preannunciata in un particolare incontro.
Lo racconta la mamma di Francesco Maria, la signora Elena Fossa, nell’intervista di Giovanna Bove:
D. – Era il luglio 1998, avevi avuto da pochissimo un bambino, non riuscivate ad alimentarlo, perché?
R. – Perché ci siamo accorti quasi subito, dopo il fatto che io non sono riuscita più ad allattarlo, che Francesco aveva grossi problemi a livello intestinale.
D. – Non era una semplice intolleranza…
R. – Non era una semplice intolleranza, perché man mano che il tempo passava la situazione diventava sempre più critica: corse in ospedale al Pronto Soccorso perché Francesco aveva forti eruzioni cutanee, dissenteria, vomito. Poi sono iniziate otiti, cistiti… Un calvario.
D. – Poi, un pomeriggio ascoltando la tv senti del Santuario dell’Amore Misericordioso e di queste acque definite prodigiose. Che cosa accade?
R. – Sento parlare di Madre Speranza. Onestamente vengo catturata e corro in soggiorno quando si parla di quest’acqua, un’acqua che sgorga, che Gesù ha voluto. La frase dice: “Guarisce malattie che la scienza umana non riesce a curare”.
D. – Cominciate a far assumere al bimbo quest’acqua di Collevalenza, del Santuario dell’Amore Misericordioso…
R. – Sì, iniziamo a dare l’acqua a Francesco e iniziamo a recitare tutti, insieme anche ad amici, la novena dell’Amore Misericordioso, nell’attesa che noi potessimo andare giù a Collevalenza per poter poi immergere completamente Francesco in queste piscine.
D. – Accade anche un’altra cosa straordinaria, un incontro…
R. – Accade che io il mercoledì vado a fare un giro con Francesco Maria in un parco del nostro paese e vengo attirata da una figura seduta su una panchina e mi siedo vicino a lui.
D. – Era un signore, un signore distinto, di che età più o meno?
R. – Non so dirvi, onestamente non giovane, di mezza età, ma un signore molto distinto, una persona con degli occhi che mi avevano catturato molto. Dice: “Francesco, Francesco sei proprio un bel bambino”. Io, lì per lì, rimango un po’ sbalordita, perché non mi sembrava di aver chiamato mio figlio e gli chiedo come faceva a sapere il nome di Francesco. Inizia a dirmi delle cose molto personali, tra cui il fatto che Francesco era stato affidato a Maria e questa era una cosa che avevamo fatto, mio marito ed io, nel momento in cui ero stata dimessa dall’ospedale. Non poteva sapere tutte queste cose importanti della nostra vita.
D. – Ti aveva detto anche che il bambino era guarito…
R. – Sapeva che Francesco la domenica avrebbe compiuto un anno e mi disse di fare una grande festa perché Francesco era guarito.
D. – La festa c’è stata, la domenica, il luglio del ’99. Francesco ha mangiato tutto, era in braccio alla nonna. All’improvviso ha afferrato la torta con le sue piccole manine e ha cominciato a provare i cibi che erano sul tavolo e non è accaduto nulla…
R. – No, assolutamente niente. Tra l’altro, noi eravamo molto agitati perché poco tempo prima Francesco per un briciolo di fetta biscottata che aveva trovato aveva avuto grossissimi problemi, era stato malissimo.
D. – Che cosa avete provato da quel momento in poi?
R. – Abbiamo fatto un’inversione di marcia. Abbiamo capito che veramente il Signore quando ci tocca cambia tutto. Ci siamo resi conto che la nostra vita doveva sicuramente mettersi al servizio degli altri.
D. – Tornate ancora, ovviamente, al Santuario di Collevalenza, al Santuario dell’Amore Misericordioso, con quale stato d’animo?
R. – Di gratitudine, perché Madre Speranza ci ha dato molto come vita concreta. La sua vita ci ha insegnato che davvero lo “straordinario” può diventare “ordinario”. Torniamo a Collevalenza sempre. Se potessimo vivere lì lo faremmo, ma la nostra vocazione e il nostro messaggio è qua dove viviamo. Però, sicuramente, con lo sguardo rivolto sempre a un Gesù misericordioso che ama intensamente ogni persona e che l’aspetta con tenerezza infinita.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)
Madre Speranza ho avuto modo di conoscerla e parlarLe durante l’estate 1969.
Meritava un riconoscimento del genere. Non la dimenticherò mai.