La Chiesa celebra con la solennità del Natale la manifestazione del Verbo di Dio agli uomini: Gesù nasce nel mondo!
Il nome “Natale” è carico di suggestioni reali e fantastiche, di fede e di devozione, artistiche filosofiche e teologiche insieme. La sua etimologia è da ricondursi all’aggettivo latino natalis, col significato di natalizio, nel senso di “qualcosa che riguarda la nascita”, che, a sua volta, deriva dal participio perfetto natus, del verbo nasci “nascere”.
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In epoca romana, il Natale coincideva con la festività del Dies Natalis Solis Invicti (Giorno della nascita del Sole Invitto o Invincibile) celebrata nel momento dell’anno in cui la durata del giorno iniziava ad aumentare dopo il solstizio d’inverno: la “rinascita”, appunto, del Sole.
Le feste solstiziali erano connesse fin dall’antichità al culto del Sole e della nuova vita che questo avrebbe portato alla fine dell’Inverno. Quello del “Sol Invictus” può essere considerato il culto precursore del Natale per come oggi lo si conosce.
Tale culto ha origine in Oriente, e in particolare in Siria e in Egitto, dove già in epoche preromane la venuta del Sole era rappresentata nel mito di un fanciullo divino partorito da una vergine donna: è il trionfo della luce sulle tenebre, che, già in tempi antichi, era celebrato in prossimità del 25 dicembre o comunque del solstizio d’inverno.
Il culto orientale del Sole si perpetrò in epoca romana, confluendo nel culto del dio Mitra, raffigurato anch’esso come un fanciullo che sgozza un toro sacro, onde il termine tauroctonia, ossia il culto riservato a Mitra. L’origine storica del Natale non è del tutto certa e sicura. Le ipotesi per spiegarlo sono varie e molteplici. Forse, la data del 25 dicembre, come giorno di celebrazione della nascita di Cristo, è stata fissata per sostituire una festa pagana dedicata alla nascita del Sole (Mitra) il Dies Natalis Solis Invicti, che l’imperatore Aureliano aveva ufficializzata nel 274, proprio alla data del 25 dicembre.
Le celebrazioni della nascita del Sole, consistenti nell’accendere dei grandi fuochi come segno della festività, intorno ai quali il popolo si radunava per festeggiare mangiando e bevendo, come in tutte le feste popolari. In tale periodo, si festeggiavano anche i Saturnali, (dal 17 al 23 dicembre), in onore di Saturno, dio dell’agricoltura, durante i quali avvenivano scambi di doni e si banchettava con sontuosi banchetti, ai quali partecipavano anche gli schiavi come liberi cittadini, che dai loro padroni ricevevano anche dei regali.
Su culto solstiziale è confluita l’istituzione del Natale cristiano. Dopo un certo periodo di incertezze e ambiguità, in cui i due culti, quello della novità cristiana e quello popolare e contadino del mondo pagano, si sono intrecciati, le autorità ecclesiastiche, onde evitare abusi e fraintendimenti, decisero di celebrare e proclamare il 25 dicembre solo la Natività di Cristo.
Con una certa probabilità, questo è un esempio abbastanza significativo di come la politica del primitivo Cristianesimo assorbisse e trasformasse una tradizione pagana con un contenuto nuovo. Certo, tale sostituzione non fu senza conseguenze, dal momento che le tradizioni sono dure a morire, se nel Natale del 460, papa Leone I ricorda ancora la presenza del culto al Sole nella città di Roma.
I primi riferimenti, pertanto, della festività del Natale cristiano risalgono alla prima metà del IV secolo, quando si trova la prima menzione storica della celebrazione della Natività di Cristo all’anno 336, come viene precisato nel Chronographus, il più antico calendario cristiano giunto fino ai nostri giorni, redatto nel 354, dal calligrafo di papa Damaso, il letterato romano Furio Dionisio Filocalo. Sulla scelta del giorno 25 dicembre dovettero influire, certamente, anche alcuni riferimenti scritturistici come per esempio, il testo del profeta Malachia che chiama il Cristo, che doveva nascere da Colei-che-deve-partorire a Betlemme, con il nome di “Sole di Giustizia” (3, 20). Così, si ha l’identificazione della data del 25 dicembre come il giorno della nascita di Gesù Bambino.
Il significato autentico del Natale cristiano ha le sue fondamenta nel grande disegno di Dio, da Paolo rivelato in due testi importanti.
Il Primo: “Benedetto Dio, Padre del Signore Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui [Cristo] ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci ad essere suoi figli adottivi [del Padre] per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto ” (Ef 1, 3-6).
E l’altro: “Egli [Cristo] è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è primo di tutte le cose e tutte sussistono in lui” (Col 1, 15-18).
I due testi hanno in comune alcune caratteristiche che si possono sintetizzare così: disegno di Dio, ricchezza di titoli e universalità delle affermazioni. L’intento di Paolo è di far conoscere il segreto disegno di Dio ad extra, basato sul “beneplacito della volontà del Padre”, tutto incentrato sulla predestinazione di Cristo, da cui dipende anche la predestinazione dell’uomo, con la differenza che quella di Cristo è assoluta e quella dell’uomo condizionata. Il discorso di Paolo è al presente, perché sempre attuale è la predestinazione di Cristo, da cui provengono tutti i benefici all’uomo. Per questo, Cristo viene celebrato come l’unico Mediatore tra Dio e gli uomini e tra gli uomini e Dio, o come si direbbe con latino medievale omnia a Deo per Christum et omnia a Deo in Christum.
Due le risposte principali che la storia della teologia ha registrato nello spiegare il motivo dell’Incarnazione: l’una prende nome di teoria teocentrica; e l’altra, cristocentrica. La prima interpreta il Natale del Signore principalmente per la salvezza dell’uomo; la seconda, invece, per la gloria di Dio. Esse, tuttavia, non sono né in contrasto né alternative, ma complementari.
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Data la grande importanza del Natale, la liturgia dedica ampio spazio alla sua celebrazione cultuale. Il tempo natalizio, infatti, ha inizio con i primi vespri del 24 dicembre, e termina con la domenica del Battesimo di Gesù, dopo un periodo di preparazione con le quattro domeniche di Avvento.
La Chiesa celebra con solennità il Natale, per manifestare il mistero dell’Incarnazione del Verbo di Dio. È questo infatti il senso spirituale più ricorrente, suggerito dalla stessa liturgia: la natura divina e umana di Cristo (messa della vigilia); la nascita storica di Cristo (messa della notte); l’apparizione temporale della sua umiltà (messa dell’aurora); e il ritorno finale all’ultimo giudizio (messa del giorno).
La celebrazione del Natale suscita sempre delle grandi emozioni nel cuore umano, a seconda della maturità di fede di ognuno.
Natale è il mistero dell’Incarnazione, il secondo dei misteri principali del cristianesimo, dopo quello di Dio, Uno e Trino. Misteri opposti, ma profondamente misteri, nel senso che se ne possono affermare l’esistenza per fede, ma senza alcuna possibilità di conoscerli e dimostrarli razionalmente. Sono misteri in sé e per sé!
Natale è il mistero che tiene vivo il dono divino, perché l’uomo possa “indiarsi”, “diventare simile a Dio”. Cristo, infatti, secondo Giovanni Duns Scoto, è il Summum Opus Dei, il Capolavoro di Dio, il Massimo dono di Dio, che tiene legato l’uomo alla sua origine cristica e, quindi, a Dio.
Il Natale cristiano è veramente un mistero di fede!
Fonte www.santiebeati.it – Autore: P. Giovanni Lauriola ofm
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