Italiae et Ecclesia

26 Novembre – Festa di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo

Martirologio Romano: Solennità di nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’Universo: a Lui solo il potere, la gloria e la maestà negli infiniti secoli dei secoli. Amen! Alleluia Signore! Tu sei il nostro Re! 

Per rispondere al dilagante laicismo degli Stati occidentali, iniziato con il pensiero illuminista e messo in pratica con la Rivoluzione francese, Pio XI istituì la festa di Cristo Re con l’enciclica Quas Primas dell’11 dicembre 1925. Tale scelta si poneva come perno dottrinale fra la beatificazione dei «Martiri di settembre» (17 ottobre 1926) e la formale condanna dell’Action française, con l’allocuzione concistoriale del 20 dicembre 1926, dove il Pontefice (ponendosi in linea con il Ralliement di Leone XIII) non cedeva alle pressioni del pensiero controrivoluzionario, ma a quelle di chi pensava che era bene tenere buoni rapporti con la Repubblica francese, Repubblica che continuò, nonostante la mano tesa dalla Santa Sede, a perseguitare clero, episcopati e Chiesa intera.
Ma chi erano i «Martiri di settembre»? Dal 2 al 5 settembre 1792 vennero massacrati oltre mille detenuti delle carceri parigine. In un tribunale allestito all’interno del convento dei Carmelitani scalzi furono giudicati e condannati molti consacrati a Cristo che si erano rifiutati di prestare giuramento alla Costituzione civile del clero. Perirono in odium fidei o furono ostaggi politici, giustiziati come traditori della nazione? Una lunga e difficile indagine venne svolta dalla Congregazione dei Riti e il 17 ottobre 1926, riconosciuto il martirio, Pio XI beatificò 191 persone, per lo più religiosi e sacerdoti, compresi tre vescovi, che diedero la vita per la loro pubblica appartenenza a Cristo.


La Quas Primas proclama la festa della «realtà sociale permanente e universale di Gesù Cristo» contro lo Stato ateo e secolarizzato, «peste del nostro tempo». La preoccupazione del Papa era quella di chiarire che i mali del mondo venivano dall’aver allontanato sempre più Cristo «e la sua santa legge» dalla pratica della loro vita, dalla famiglia e dalla società, «ma altresì che mai poteva esservi speranza di pace duratura fra i popoli, finché gli individui e le nazioni avessero negato e da loro rigettato l’impero di Cristo Salvatore». Necessaria ed indispensabile per il magistero della Chiesa era pertanto la Restaurazione del Regno di Nostro Signore e la proclamazione di Cristo quale Re dell’Universo. Di grande attualità risulta l’analisi di Papa Ratti di un mondo moderno che decise e decide volontariamente di fare a meno di Dio:
«Ora, se comandiamo che Cristo Re venga venerato da tutti i cattolici del mondo, con ciò Noi provvederemo alle necessità dei tempi presenti, apportando un rimedio efficacissimo a quella peste che pervade l’umana società. La peste della età nostra è il così detto laicismo coi suoi errori e i suoi empi incentivi; […] tale empietà non maturò in un solo giorno ma da gran tempo covava nelle viscere della società. Infatti si cominciò a negare l’impero di Cristo su tutte le genti; si negò alla Chiesa il diritto — che scaturisce dal diritto di Gesù Cristo — di ammaestrare, cioè, le genti, di far leggi, di governare i popoli per condurli alla eterna felicità. E a poco a poco la religione cristiana fu uguagliata con altre religioni false e indecorosamente abbassata al livello di queste; quindi la si sottomise al potere civile e fu lasciata quasi all’arbitrio dei principi e dei magistrati. Si andò più innanzi ancora: vi furono di quelli che pensarono di sostituire alla religione di Cristo un certo sentimento religioso naturale. Né mancarono Stati i quali opinarono di poter fare a meno di Dio, riposero la loro religione nell’irreligione e nel disprezzo di Dio stesso».

Il Sommo Pontefice, già nell’enclicla Ubi arcano Dei lamentava che i semi della discordia accendevano «odii e quelle rivalità tra i popoli, che tanto indugio ancora frappongono al ristabilimento della pace; l’intemperanza delle passioni che così spesso si nascondono sotto le apparenze del pubblico bene e dell’amor patrio; le discordie civili che ne derivarono, insieme a quel cieco e smoderato egoismo sì largamente diffuso, il quale, tendendo solo al bene privato ed al proprio comodo, tutto misura alla stregua di questo; la pace domestica profondamente turbata dalla dimenticanza e dalla trascuratezza dei doveri familiari; l’unione e la stabilità delle famiglie infrante, infine la stessa società scossa e spinta verso la rovina».


Togliere al Figlio di Dio (Creatore di «tutte le cose visibili ed invisibili», come recita il Credo) il potere sulle cose temporali è tragico per tutti gli uomini. «Non toglie il trono terreno Colui che dona il regno eterno dei cieli», sta scritto nel Breviario Romano («Inno del Mattutino dell’Epifania») e Pio XI, nella Quas Primas, afferma che non c’è differenza fra gli individui e «il consorzio domestico e civile» e soltanto Cristo è «la fonte della salute privata e pubblica: è lui solo l’autore della prosperità e della vera felicità sia per i singoli sia per gli Stati». Tutto ciò corrispondeva al voto espresso nell’assemblea dei Cardinali e degli Arcivescovi francesi del 10 marzo 1925 in una riunione sul tema Sur les lois dites de laicité et sur les misure à prendre pour les combattre (Sulle leggi dette di laicità e sulle misure da prendersi per combatterle).
Nel giorno della beatificazione dei «Martiri di settembre», alla Semaine religieuse di Lille, venne auspicato che si realizzasse la profezia del visconte Louis-Gabriel-Ambroise de Bonald (1754-1840): la «rivoluzione ha avuto inizio con la Dichiarazione dei diritti dell’uomo, […] essa non finirà che con la dichiarazione dei diritti di Dio».

Autore: Cristina Siccardi

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