L’Egitto vive una guerra che potrebbe portare a devastanti conseguenze per tutto il bacino medio orientale: sale il bilancio delle vittime degli scontri tra polizia e manifestanti pro-Morsi in Egitto. Questa mattina erano circa le 6 l’irruzione delle forze dell’ordine nelle piazze in cui da giorni stazionano i sostenitori del presidente deposto. Gli uomini delle forze dell’ordine hanno sgomberato piazza al-Nahda, nel quartiere orientale di New Cairo e piazza Rabaa al-Adawiyah, nel sobborgo settentrionale di Nasser City. I Fratelli musulmani hanno invitato la popolazione a scendere in strada contro “il massacro”. “Questo non è un tentativo di disperdere ma è un sanguinoso tentativo di spazzare via tutte le voci che si oppongono al golpe militare”, ha dichiarato il portavoce Gehad El-Haddad via Twitter. E c’è una guerra delle cifre su morti e feriti: al-Jazeera ne conta 300 e i Fratelli musulmani (principali sostenitori di Morsi) parlano di 500 vittime, le autorità sanitarie dicono 120.
Un reporter della France Press, che ha avuto l’opportunità di contare i cadaveri in tre obitori improvvisati a piazza Rabaa al-Adawiya riferisce di 124 morti. Il governo, che in un primo momento aveva negato l’esistenza di morti negli scontri, parla di 15 morti e circa 200 feriti. Il ministero dell’Interno ha riferito che durante lo sgombero dei sit-in della Fratellanza Musulmana, sei membri delle forze di sicurezza sono rimasti uccisi e 66 feriti. Le forze di sicurezza egiziane avrebbero arrestato anche Mohammed al-Beltagy, esponente di spicco della Fratellanza e leader del partito Libertà e Giustizia. Negli scontri sono rimasti uccisi due reporter: si tratta di Habiba Ahmed Abd Elaziz, giornalista di Gulf News, e di Mick Deane, cameraman di Sky News.
Nuova ondata di violenza inoltre contro i cristiani, nel giorno più nero – lo riferisce l’edizione on line de “Il Velino”. Almeno tre chiese copte sarebbero state bruciate in diverse città del Paese. I disordini più gravi si registrano a Minya, a circa 150 chilometri dal Cairo: qui migliaia di persone hanno attaccato una chiesa copta e l’hanno parzialmente incendiata. Secondo al-Ahram, si conterebbero otto morti e 30 feriti. Lo stesso a Sohag, 200 chilometri più a sud, dove a un’altra chiesa è stato appiccato il fuoco con bottiglie incendiarie. Rogo di una terza chiesa e di una scuola francescana a Suez. Il governo, per “ragioni di sicurezza” ha sospeso il traffico ferroviario da e per Il Cairo, per “impedire alla folla di mobilitarsi”. Scontri si registrano comunque in diverse città: ad Alessandria, ad Assiut, ad Assuan – dove è stata circondata la sede del governatorato -, a Luxor. Il ministero delle Antichità dell’Egitto ha ordinato di chiudere al pubblico il sito delle piramidi di Giza, oltre al museo egizio nel cuore del Cairo. Si tratta di una chiusura preventiva solo per oggi.
L’ambasciata Usa al Cairo ha chiuso al pubblico alle 13 locali invitando i cittadini americani a “evitare le aree dove potrebbero avere luogo i maggiori assembramenti. Anche le manifestazioni pacifiche possono dilagare in violenze”. Dalle cancellerie europee stanno arrivando messaggi che condannano le violenze e chiedono la ripresa del dialogo. “Preoccupazione” dall’Ue: “Ribadiamo che la violenza non condurrà ad alcuna soluzione e facciamo appello alle autorità egiziane a procedere col massimo autocontrollo” ha detto il portavoce di Catherine Ashton.
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