Gesù prima di predicare la beatitudine della povertà ha voluto praticarla lui stesso insieme con sua Madre e con Giuseppe. La casetta di Nazareth che abitavano era tra le più povere di Israele; ma era ricca di fede, di amore, di pace e di gioia! Già la nascita di Gesù era avvenuta in un tugurio che neanche gli apparteneva; e all’inizio della sua predicazione dirà che le volpi hanno le loro tane, gli uccelli i loro nidi, ma il Figlio dell’Uomo non ha dove posare il capo. Dirà anche che saranno beati tutti i poveri in spirito e quanti si affidano alla Provvidenza divina perché avranno il centuplo su questa terra e la vita eterna.
Gesù da ricco che era in quanto Dio, non ha scelto di nascere, in quanto uomo, in un ricco palazzo, né ha scelto per madre una regina, ma come dirà San Francesco, ha scelto una donna poverella ed un padre di adozione che era un povero falegname! Maria e Giuseppe erano felici perché erano ricchi di fede e di amore. Si fidavano di Dio che é Padre buono di tutti. Gesù dirà ancora che quanti vorranno seguirlo, dovranno liberare il proprio cuore dalle cose del mondo: ecco la povertà di spirito che è un atteggiamento interiore che ci rende più disponibili a fare spazio alla presenza di Dio ed essere più capaci di dialogare con Lui e con il prossimo.
Gesù, Maria e Giuseppe avevano il cuore libero dai beni terreni per meglio possedere, contemplare e gustare i beni soprannaturali ed eterni.
Entrando nella casetta di Nazareth, troviamo che lì c’era solo il necessario per vivere; infatti Maria e Giuseppe ci insegnano che a Dio non interessano le nostre cose, ma le nostre anime. E poi ci dicono ancora che tutto ciò che abbiamo è dono gratuito di Dio: di nostro abbiamo solo i peccati!
Per vivere la povertà di spirito come quelle tre beate persone, è importante usare le cose con sobrietà, saggezza e rispetto, perché sono dono di Dio.
Vi lodiamo e benediciamo, o Santa Famiglia, per la bella virtù della castità che viveste come dono da offrire a Dio per il regno dei cieli. Fu certamente una scelta di amore; infàtti le vostre anime, immerse nel cuore di Dio ed illuminate dallo Spirito Santo, palpitavano di gioia pura ed immacolata.
Dice la legge dell’amore: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Era quella una legge meditata, amata e vissuta in pienezza nella casetta di Nazareth.
Sappiamo che quando si ama veramente qualcuno, con il pensiero e la volontà si cerca di stare vicino alla persona amata e nel cuore non c’è posto per altri. Gesù, Maria e Giuseppe avevano Dio nel cuore, nella mente e in tutte le azioni della loro vita; per cui non c’era posto per ripiegarsi su pensieri, desideri o cose poco degne della presenza viva del Signore. Vivevano la grande realtà del regno dei cieli. E Gesù, che per 30 anni aveva vissuto questa realtà, la proclamerà solennemente all’inizio della predicazione dicendo: “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”. Maria e Giuseppe avevano meditato, vissuto e conservato nel loro cuore queste sante parole, gustandone tutta la verità.
Avere un cuore puro e casto voleva dire essere limpidi e trasparenti nei pensieri e nelle azioni. La rettitudine e la sincerità erano due valori radicati così profondamente nel cuore di quelle sante persone che il fango delle passioni e dell’impurità non le sfioravano minimamente. Il loro aspetto era dolce e luminoso perché aveva il volto dell’ideale che vivevano interiormente. La loro vita era calma e serena perché erano come immersi nel cuore di Dio, che rende tutto pi?bello e tranquillo, anche quando intorno imperversa l’iniquità.
La loro casetta era spoglia di bellezza materiale, ma era risplendente di gioia pura e santa.
Dio ci ha santificato con il Battesimo; lo Spirito Santo ci ha fortificato con la Cresima; Gesù ci ha nutriti con il suo Corpo ed il suo Sangue: siamo diventati il tempio della Santissima Trinità! Ecco che Gesù, Maria e Giuseppe ci insegnano come conservare il tesoro della virtù della castità: vivendo una costante e amorosa presenza di Dio in noi.
Vi lodiamo e benediciamo, o Santa Famiglia, per la virtù dell’obbedienza che viveste come umile sottomissione e disponibilità alla volontà di Dio. Grazie per la testimonianza di servizio che ci avete dimostrato!
L’obbedienza di Gesù, Maria e Giuseppe non aveva il senso di una esecuzione servile o sottomissione forzata, ma era una libera e gioiosa adesione alla volontà di Dio; del resto Dio non ha mai imposto, ma ha sempre proposto la sua volontà per il bene degli uomini. La Santa Famiglia di Nazareth ha dimostrato verso Dio una disponibilità più che filiale, mettendosi al servizio divino con umiltà e generosità.
Al tempo di Gesù, l’obbedienza era considerata un peso o un’imposizione da riservare agli schiavi e ai condannati. Tra gli ebrei i figli si rendevano presto liberi dalla potestà dei genitori ed anche l’autorità religiosa obbligava, non nello spirito, ma solo esteriormente.
Gesù, Maria e Giuseppe danno un senso nuovo all’obbedienza. Gesù, quando sta per entrare nel mondo, secondo il Salmo 40, proclamerà la sua piena disponibilità al Padre dicendo: “Ecco io vengo, per fare o Dio, la tua volontà”. A 12 anni, quando già si poteva considerare emancipato dai genitori, Gesù torna a Nazareth e si pone docilmente a disposizione di Maria e di Giuseppe. Più tardi, durante la predicazione dirà: “Mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato” . Per obbedire al Padre “spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo, facendosi obbediente fino alla morte ed alla morte di croce”.
Simile all’obbedienza di Gesù è l’obbedienza di Maria… Infatti, quando Dio la invita, attraverso l’arcangelo Gabriele ad essere la madre del Salvatore, risponderà con un “sì” pieno di umiltà e disponibilità, dicendo: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua parola”.
Anche San Giuseppe è obbediente alla voce di Dio con grande docilità. Legato alla Vergine Maria con il fidanzamento, che per gli ebrei era sacro e definitivo, quando sa che la promessa sposa ha concepito un figlio, con grande delicatezza, pensa di licenziarla in segreto, per non esporla a sicura condanna. Ma alla voce di Dio che gli rivela che “quanto è nato in lei è opera dello Spirito Santo” obbedisce incondizionatamente.
Quale testimonianza di santa obbedienza ci dà la Santa Famiglia!
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