+++ Aggiornamento ore 16.56 +++ Blitz dei carabinieri e arresto di Francesco Amato dopo 7 ore di sequestro con gli ostaggi. Adesso le persone sequestrate sono liberi e fuori pericolo! Il sequestratore si è arreso. I Carabinieri: ‘Adesso viene immediatamente portato in carcere’
Succede in una frazione di Reggio. Francesco Amato è sfuggito alla carcerazione; ha con sé un coltello. Stanno trattando, si valuta l’irruzione. Ha liberato la cassiera che si era sentita male. La testimonianza della figlia della direttrice, riuscita a scappare. Il fratello di Amato: è un’azione dimostrativa
“Vi ammazzo tutti”. E’ la minaccia con cui Francesco Amato, l’imputato condannato nel processo Aemilia, è entrato nell’ufficio intorno alle 9 e ha preso in ostaggio cinque donne, quattro impiegate e la direttrice, nella filiale delle Poste di Pieve Modolena (Reggio Emilia). Una di loro ad un certo punto si è sentita male e Amato l’ha fatta uscire perché fosse soccorsa: si tratta della cassiera Annalisa Coluzzo, 54 anni, che ora sta bene. Restano in ostaggio altre 4 donne.
I contatti sarebbero tenuti con l’uomo dai carabinieri, in particolare da un militare, sulla soglia dell’edificio, che fa da tramite. Il reparto speciale dell’Arma sarebbe pronto all’irruzione.
Amato, condannato a 19 anni e un mese pochi giorni fa nel maxi-processo di ‘ndrangheta ‘Aemilia’, da allora irreperibile, si è asserragliato dentro l’ufficio postale d con un coltello.
“Sono quello condannato a 19 anni in Aemilia”, avrebbe pronunciato il ricercato entrando nell’ufficio postale. Dai primi accertamenti avrebbe fatto uscire tutti i clienti, tenendo in ostaggio cinque dipendenti, tra i quali la direttrice. Sul posto le forze dell’ordine che hanno hanno avviato trattative, ma Amato, a quanto si apprende, “non collabora” e si starebbe valutando l’intervento di forze speciali. La parte della via Emilia dove si trova la filiale delle Poste è stata evacuata, e sono stati creati due punti di sbarramento ai lati.
Il pregiudicato ha chiesto, tra le altre cose, di poter parlare con il ministro dell’Interno Matteo Salvini.
LA FAMIGLIA Un’azione dimostrativa contro una condanna ingiusta. Sarebbe questo il motivo che ha spinto Francesco Amato. Lo ha spiegato un fratello di Amato, giunto sul posto, durante le trattative con le forze dell’ordine. Si tratta di un familiare che non è stato imputato nel processo Aemilia. Sono vari i familiari del bandito radunatisi all’esterno delle Poste. “Diciannove anni sono un’ingiustizia – dice la nipote – e lui è questo che vuole dire col suo gesto, del quale non so nulla e che sicuramente è sbagliato. Ma non è andato dentro per far del male”
Amato era cliente dell’ufficio postale, andava a pagare le bollette, lo conoscevano anche a causa di una menomazione fisica che ha a una mano.
CHI E’ Francesco Amato, 55 anni, è stato condannato il 31 ottobre a 19 anni e un mese di reclusione nel processo Aemilia, con l’accusa di essere uno degli organizzatori dell’associazione ‘ndranghetistica. E’ originario di Rosarno, in provincia di Reggio Calabria. Fu arrestato, nell’ambito dell’operazione “Aemilia”, il 28 gennaio del 2015. Assieme al fratello Alfredo, secondo i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Bologna era “costantemente in contatto con gli altri associati (e della famiglia Grande Aracri) in particolare per la commissione su richiesta di delitto di danneggiamento o minaccia a fini estorsivi, commettendo una serie di reati”.
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