Sergio Centofanti – Città del Vaticano
Cinque anni fa, il 13 marzo 2013, veniva eletto Papa Francesco. Alcuni dati per sintetizzare questi anni di Pontificato: due Encicliche (Lumen fidei, sulla fede, che prosegue quanto scritto da Benedetto XVI, e Laudato si’, sulla cura della casa comune, custodire il Creato non è dei verdi ma dei cristiani), due Esortazioni apostoliche (Evangelii gaudium, testo programmatico del Pontificato per una Chiesa in uscita, fortemente missionaria, e Amoris laetitia sull’amore nella famiglia), 23 Motu proprio (riforma Curia Romana, gestione e trasparenza economica, riforma processo nullità matrimoniali, traduzione testi liturgici, con indicazioni per un maggiore decentramento e più poteri alle Conferenze episcopali), due Sinodi sulla famiglia, un Giubileo dedicato alla Misericordia, 22 viaggi internazionali con oltre 30 Paesi visitati e 17 visite pastorali in Italia, 8 cicli di catechesi all’udienza generale del mercoledì (Professione di fede, Sacramenti, Doni dello Spirito Santo, la Chiesa, la famiglia, la misericordia, la speranza cristiana, la Santa Messa), quasi 600 omelie a braccio nelle Messe a Santa Marta, oltre 46 milioni di follower su Twitter e più di 5 milioni su Instagram. Senza contare gli innumerevoli discorsi, messaggi e lettere, e i milioni di uomini, donne e bambini di tutto il mondo incontrati, abbracciati, accarezzati.
Primo Papa gesuita, primo proveniente dalle Americhe, primo con il nome del Poverello d’Assisi, Francesco, 265.mo Successore di Pietro, desidera una Chiesa dalle porte aperte che sappia annunciare a tutti la gioia e la freschezza del Vangelo. Una Chiesa accogliente, “dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa”, non una dogana che controlli la grazia invece di facilitarla. Una Chiesa che rischi di essere “accidentata, ferita e sporca” pur di raggiungere e stare in mezzo alla gente, “piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze”. Chiede di abbandonare uno stile difensivo e negativo, di mera condanna, per proporre la bellezza della fede, che è incontrare Dio.
Il suo è un invito a lasciarsi sorprendere dallo Spirito Santo, il vero protagonista della Chiesa, che continua a parlare e a dirci cose nuove. Una delle parole forti del Pontificato, Francesco l’ha pronunciata a Istanbul nel novembre 2014: lo Spirito Santo “scombussola”, perché “smuove, fa camminare, spinge la Chiesa ad andare avanti”, mentre è molto più facile e sicuro “adagiarsi nelle proprie posizioni statiche e immutate”. E’ molto più rassicurante credere che la verità sia “possedere” un pacchetto di dottrine, bello confezionato, che possiamo ben gestire, piuttosto che appartenere noi stessi alla Verità: è lo Spirito che ci guida alla verità tutta intera. Il cristiano ha ancora tanto da imparare perché Dio si rivela sempre di più. Tanto che Francesco può dire di avere tanti dubbi: “in senso positivo” – precisa – “sono un segno che vogliamo conoscere meglio Gesù e il mistero del suo amore verso di noi”. “Questi dubbi fanno crescere” (Ud. gen. 23-11-2016). Anche Pietro davanti ai pagani ha potuto dire: “Sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto” (Atti 10,34-35). Cresce l’intelligenza della fede.
Inizialmente tutti o quasi parlavano bene di Francesco. Pian piano sono arrivate le critiche. Una buona notizia visto quello che ha detto Gesù: “Guai a voi quando tutti parleranno bene di voi”. Da destra si accusa il Papa di essere comunista, perché attacca l’attuale sistema economico liberista: “è ingiusto alla radice”, “questa economia uccide”, fa prevalere la “legge del più forte” che “mangia il più debole”. E parla troppo di migranti e di poveri: oggi “gli esclusi non sono sfruttati, ma rifiuti, avanzi”. Da sinistra si accusa il Papa di essere fermo sulle questioni etiche: difende a spada tratta la vita, contro aborto e eutanasia: “Non è progressista pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana”. Difende la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, condanna la teoria gender, “sbaglio della mente umana” , e la dittatura del pensiero unico e le colonizzazioni ideologiche, anche nelle scuole, che rischiano di diventare campi di rieducazione. Mette in guardia su questi temi dall’assottigliamento del diritto all’obiezione di coscienza. Osserva il proliferare dei diritti individuali, “individualisti” dice, ma senza preoccuparci dei doveri, e mentre si parla di nuovi diritti – afferma – c’è chi soffre ancora la fame.
Sono cresciute anche le critiche all’interno della Chiesa. C’è chi addirittura dà dell’eretico al Papa, chi dice che rompe con la Tradizione secolare della Chiesa, chi si arrabbia perché “bastona” i vicini e accarezza i lontani, chi lo contrappone ai Papi precedenti. Eppure, Benedetto XVI aveva già invitato a riflettere sul discernimento per la Comunione ai divorziati risposati in certi casi particolari. Eppure, Giovanni Paolo II aveva già risposto a mons. Lefebvre, ormai 40 anni fa, spiegando il vero significato della Tradizione che “trae origine dagli Apostoli, progredisce nella Chiesa sotto l’assistenza dello Spirito Santo”. Infatti “la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, cresce (…) con la riflessione e lo studio dei credenti”. Ma è “soprattutto contraddittoria” – affermava San Giovanni Paolo II – “una nozione di Tradizione che si oppone al Magistero universale della Chiesa, di cui è detentore il Vescovo di Roma e il Corpo dei Vescovi. Non si può rimanere fedeli alla Tradizione rompendo il legame ecclesiale con colui al quale Cristo stesso, nella persona dell’apostolo Pietro, ha affidato il ministero dell’unità nella sua Chiesa”. “L’autodistruzione o il fuoco dei commilitoni – afferma Papa Francesco – è il pericolo più subdolo. E’ il male che colpisce dal di dentro; e, come dice Cristo, ogni regno diviso in se stesso va in rovina”. Il Papa cita spesso il diavolo: è Lui che cerca di distruggere la Chiesa. La sua “è una guerra sporca” e “noi ingenui stiamo al suo gioco”.
Due azioni promosse con forza da Francesco sono ancora in cammino: la prima è la riforma della Curia, per la complessità di riorganizzare una istituzione secolare (“fare la riforme a Roma è come pulire la Sfinge d’Egitto con uno spazzolino da denti”, ha detto il Papa citando mons. De Mérode). Ma anche gli scandali, come Vatileaks2, non fermano Bergoglio. La seconda azione è la lotta agli abusi sessuali nella Chiesa. Dalla Pontificia Commissione per la tutela dei minori, creata da Francesco, si sono dimessi alcuni membri denunciando resistenze e ritardi. Il Papa ribadisce la “tolleranza zero” perché “non c’è posto nel ministero per coloro che abusano dei minori”. E va avanti.
Francesco promuove la cultura dell’incontro, in campo ecumenico, interreligioso, sul fronte sociale e politico e sul piano semplicemente umano. Si muove verso l’unità, ma senza cancellare le differenze e le identità. Importante il suo ruolo nel disgelo tra Stati Uniti e Cuba, e nel processo di pace in Colombia e Centrafrica. Attacca chi fabbrica e vende le armi. Nello stesso tempo denuncia con forza le persecuzioni dei cristiani, forse oggi più gravi di ieri, nel “silenzio complice di tante potenze” che possono fermarle. Lancia appelli contro la tratta degli esseri umani, “nuova forma di schiavitù”.
E’ indubbio che la parola centrale di questo Pontificato sia “misericordia”: è il senso dell’Incarnazione del Verbo. E’ una parola che scandalizza. Francesco se ne rende conto. Dio è eccessivo nell’amore per le sue creature. Eppure c’è un limite: la corruzione. Il corrotto è chi non sa di esserlo, chi rifiuta la misericordia divina. E Dio non s’impone. C’è un giudizio finale. Per questo il Papa propone sempre il capitolo 25 del Vangelo di Matteo: “Io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare …”. Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore.
Francesco contrasta il clericalismo, perché il pastore deve “servire” e avere “l’odore delle pecore”. Afferma che i laici devono scoprire sempre di più la loro identità nella Chiesa: non devono rimanere al margine delle decisioni. Basta con i “vescovi pilota”. Rilancia il ruolo della donna, ma guardando al suo mistero, non alla sua funzionalità: non si tratta di una lotta per il potere o di rivendicazioni impossibili, come il sacerdozio. Si tratta di riflettere sull’ermeneutica della donna perché – ribadisce – Maria è più importante degli Apostoli. Invita i giovani ad avere un maggiore protagonismo e a scomodare i pastori con la loro creatività.
Il Papa chiede a tutti i cristiani di essere “evangelizzatori con Spirito” per “annunciare la novità del Vangelo con audacia, a voce alta e in ogni tempo e luogo, anche controcorrente”, toccando “la carne sofferente degli altri”, dando “ragione della nostra speranza, ma non come nemici che puntano il dito e condannano”. “Se riesco ad aiutare una sola persona a vivere meglio – afferma Francesco – questo è già sufficiente a giustificare il dono della mia vita”.
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