Italiae et Ecclesia

5 anni fa, la morte del Cardinale Martini: quando i terroristi gli consegnarono armi

Era il 13 giugno 1984: nell’Arcivescovado di Milano uno sconosciuto si presentò al segretario dell’epoca del cardinale Carlo Maria Martini, don Paolo Cortesi, e, mentre questi era al telefono, abbandonò sul tavolo tre borse, contenenti due fucili kalashnikov con caricatore, un fucile beretta, un moschetto automatico, tre pistole, un razzo per bazooka, quattro bombe a mano, due caricatori e centoquaranta proiettili.

Il cardinal Carlo Maria Martini in una immagine del 2007 DANIEL DAL ZENNARO / ANSA

Era l’arsenale dei “Comitati Comunisti Rivoluzionari”, gruppo terroristico di sinistra, ritenuto contiguo alle Brigate Rosse, che nella seconda metà degli anni settanta aveva firmato alcune eclatanti azioni di sangue. L’arsenale fu consegnato al cardinal Martini, gesuita, figura carismatica a Milano, arcivescovo della città dal 1980 al 2002, del quale il prossimo 31 agosto ricorre il quinto anniversario della morte, che sarà ricordata con una serie di iniziative promosse dalla Fondazione a lui intitolata.

La consegna di quelle armi voleva indicare indicare una volta di più la fine definitiva della lotta armata e sollecitare una mediazione della Chiesa per una “riconciliazione umana, sociale e politica”. L’uomo lasciò le tre borse, non proferì parola e andò via. Il cardinale Martini, informato dal segretario, chiamò le autorità, e le armi furono affidate alla polizia.
Il cardinale scelse il silenzio su quel gesto emblematico degli ormai ex terroristi, ed il fatto emerse solo alcuni giorni dopo durante un processo a circa 200 imputati, molti dei quali accusati di banda armata. Tra questi vi era Ernesto Balducchi, che il 27 maggio 1984, dal carcere di San Vittore, aveva inviato al cardinale Martini una lettera per chiedere l’intervento della Chiesa in una sorta di mediazione per la ripresa del dialogo con lo Stato. Nel documento si diceva tra l’ altro: “Noi vi affidiamo le nostre armi”. Si pensò a una consegna figurata.

La camera ardente del cardinale Carlo Maria Martini allestita il 1 settembre 2012, nel Duomo di Milano ANSA / MATTEO BAZZI




L’episodio del 13 giugno, invece, diede concretezza a quel che era scritto nella lettera. Due giorni prima che si presentasse lo sconosciuto, descritto da don Cortesi come un giovane tra i 25 e i 30 anni, alto circa uno e ottanta, lo stesso segretario del cardinale aveva ricevuto una telefonata da un anonimo il quale sosteneva di avere del materiale da consegnare all’Arcivescovo di Milano. Si pensò in quella circostanza che si trattasse di omaggi che venivano fatti al Cardinale.

Quando la notizia della consegna delle armi da parte dei terroristi al cardinal Martini divenne pubblica, un portavoce dell’arcivescovado fornì una versione ufficiale: “La mattina del giorno 13 giugno si è presentato alla segreteria dell’Arcivescovo un uomo che ha consegnato tre borse per il cardinal Martini, andandosene immediatamente. Quando, in tempo successivo, le tre borse sono state aperte scoprendovi in esse delle armi, sono state subito avvisate le autorità competenti che hanno provveduto a farle ritirare dalla polizia”.




“No, non ebbi paura”, raccontò successivamente il cardinal Martini al giornalista Aldo Maria Valli, che ha riportato quel colloquio nel suo libro “Storia di un uomo”. “Quando portarono le borse con le armi – disse il cardinale – chiamai il prefetto. Arrivò e io dissi: bene, apriamo le borse. Lui restò inorridito ed esclamò: per carità, non tocchiamo niente! Una situazione curiosa. Temo che un po’ di paura l’ebbe invece il mio segretario di allora”.

di Enzo Quarantino per Ansa on line

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