Avere la Pasqua più di una volta l’anno sarebbe una buona idea? Io direi di no. Lasciate che mi spieghi. Ogni momento dovrebbe essere vissuto alla luce della risurrezione di Cristo? Sì, naturalmente! Ma “passare” (dal latino passio, “soffrire”!) più di una volta all’anno la Settimana Santa che precede la Pasqua… penso che sarebbe insopportabile.
Siamo delle creature così distratte, dimentichiamo facilmente le grazie ricevute arrivando persino ad indurire i cuori contro di esse e siamo davvero bravi a scoprire nuove razionalizzazioni per vecchi peccati. Se così non fossimo, per la nostra conversione potrebbe forse bastare sperimentare la Settimana Santa una volta soltanto, vissuta nella sua profondità. Parlando per me, so che devo continuare a imparare e ricordarmi sempre più di essere un peccatore amato, salvato da Dio ad un prezzo altissimo. Ho bisogno di ascoltare ancora una volta la chiamata a custodire le grazie che ho ricevuto (che, se ben vissute, sono più che sufficienti per condurre me e gli altri alla felicità del Cielo). Ma io imparo lentamente. Devo rivivere le lezioni della Settimana Santa ogni anno, nella speranza di viverle giorno per giorno.
Eppure, avere la Settimana Santa più di una volta all’anno sarebbe eccessivo, anche per chi come me è lento ad apprendere. Consideriamo ciò che ci viene chiesto di testimoniare e vivere durante la Settimana Santa: l’euforia volubile della folla nella Domenica delle Palme, sapendo che chiunque può essere volubile. Il tradimento di Giuda nel Mercoledì Santo, sapendo che chiunque potrebbe avere un prezzo. La confusione e la meraviglia del Giovedì Santo, nel quale ci è stato fatto l’infinito dono dell’Eucaristia, un dono del quale potremmo rischiare di non prenderci cura abbastanza. Assistiamo all’orrore e al trauma del Venerdì Santo – le agonie di Gesù, la sofferenza di Maria, la fuga degli apostoli e il vuoto vantarsi di Pietro – chiedendoci come potremmo convincerci che saremmo rimasti con Gesù fino alla fine. Il silenzio freddo e scuro del Sabato Santo, una palese dichiarazione di speranze infrante. Tutto ciò seguito dalla stupenda e inaspettata meraviglia di Cristo risuscitato e vittorioso! Se davvero vivessimo in profondità quei misteri, saremmo esauriti. Chi potrebbe vivere tutto ciò più di una volta all’anno?
Ed ecco la sfida di oggi: come dovremmo vivere, alla luce della Pasqua? A prescindere da come abbiamo vissuto Quaresima e Settimana Santa, adesso ci troviamo nel Tempo di Pasqua. E la Chiesa insegna che – sebbene il tempo liturgico di Pasqua duri 50 giorni, fino alla domenica della Pentecoste – viviamo ora nella nuova e irrevocabile “epoca della Pasqua”. Tutto il passato, il presente e il futuro dell’Uomo sono stati ridefiniti dalla vittoria di Cristo. Come allineeremo la nostra mente, il nostro cuore e le nostre mani alla verità della Pasqua? Per farlo, credo, dovremmo imparare a vivere con la consapevolezza di essere perdonati.
Nel corso degli anni ho detto, in molte omelie, che “se facciamo finta di essere peccatori, allora faremo finta di essere salvati“. Se diciamo di essere “fondamentalmente buoni” e che i nostri peccati non abbiano molta importanza, allora la Settimana Santa è un superfluo e inutile melodramma divino. Le persone che sono indifferenti al loro peccato vedono la Settimana Santa proprio come la gente che, non essendo mai rimasta intrappolata in un edificio in fiamme, legge la testimonianza di chi è stato salvato da un incendio: è una storia che ispira, ma con la quale è impossibile immedesimarsi. E quelle persone si sentono addirittura contente di non essere state loro ad aver avuto bisogno di salvezza! Chi prende sul serio il proprio peccato è invece come coloro che sono stati salvati da un edificio in fiamme: sanno che erano condannati e che sono stati salvati da un potere più grande di loro. Sapendo ciò, bisogna chiedersi: perché allora i cristiani sembrano così cupi? Le persone che sanno di essere dei peccatori amati, non dovrebbero forse avere più gioia?
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Sappiamo da Apocalisse 12:10 che “è stato precipitato l’accusatore dei nostri fratelli”. Chi è “l’accusatore”? In ebraico, la parola per “avversario” e “accusatore” è “satana”. A causa del giusto sacrificio di Cristo, Satana non ha alcuna pretesa su di noi. Se i cristiani appaiono cupi o senza gioia, è perché continuano a prendere in considerazione la condanna (ora non più valida) di Satana. Satana ci vorrebbe far credere che è il nostro peccato a definirci. Che bugia! Ciò che ci definisce è il Battesimo, che ci segna con il sigillo del Cristo risorto e vittorioso. Sì, c’è ancora un viaggio da fare, quello che ci porta da questa vita a quella successiva. Lungo la strada ci saranno prove e lacrime. Ma la luce e la musica del Cielo si irradiano attraverso di noi, perché siamo peccatori amati, chiamati al cuore del nostro Padre Celeste, la nostra unica vera casa, dove per noi è stato già preparato un banchetto.
Fonte it.aleteia.org/padre Robert McTeigue