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500 anni fa nasceva San Filippo Neri: ecco alcuni suoi pensieri e massime

SanFilippoNeri

La Chiesa, quella di Roma in particolare, vive la vigilia dell’anniversario di uno dei suoi Santi più popolari: il 21 luglio 1515 nasceva a Firenze Filippo Neri, che ben presto si trasferirà nella città del Papa per dare inizio a una straordinaria esperienza di carità tra i più poveri, intessuta di una letizia e una spontaneità rimaste come uno dei segni più noti e amati dell’apostolato di San Filippo.

L’amore di Dio

–    Chi vuol altro che Cristo, non sa quel che vuole, e chi dimanda altro che Cristo, non sa quel che dimanda. Chi opera e non per Cristo, non sa quel che fa.

–    Cristo mio, amor mio, tutto il mondo è vanità. Chi cerca altro che Cristo non sa quel che si voglia; chi cerca altro che Cristo non sa quel che dimandi.

–    Ognuno vorrebbe stare sul monte Tabor a vedere Cristo trasfigurato: accompagnar Cristo sul monte Calvario pochi vorrebbero.

–    Jesu, sis mihi Jesus. Io non voglio altro se non la tua santissima volontà, o Jesù mio. – Quando ti amerò con filiale amore? – Jesù mio, ti vorrei amare. – Jesù mio, non ti fidare di me. – Jesù mio, io te l’ho detto: se tu non mi aiuti, non farò mai bene. – Datemi grazia, Jesù mio, che io vi abbia ad amare non per timore, ma per amore. – Signore, non aspettar da me se non male e peccati; Signore, non ti fidar di me, perché cadrò al certo, se non mi aiuti. – Signore, la piaga del tuo costato è grande, ma se non mi aiuti la farò più grande.

–    All’acquisto dell’amor di Dio non c’è più vera e più breve strada che staccarsi dall’amore delle cose del mondo, ancor piccole e di poco momento, e dall’amor di se stesso, amando in noi più il volere e servizio di Dio, che la nostra soddisfazione e volere.

–    Come mai è possibile che un uomo il quale crede in Dio, possa amare altra cosa che Dio?

–    La grandezza dell’amor di Dio si riconosce dalla grandezza del desiderio che l’uomo ha di patire per amor suo.

–    A chi veramente ama Dio non può avvenire cosa di più gran dispiacere quanto non aver occasione di patire per Lui.

–    Ad uno il quale ama veramente il Signore non è cosa più grave, né più molesta quanto la vita.

–    I veri servi di Dio hanno la vita in pazienza e la morte in desiderio.

–    Un’anima veramente innamorata di Dio viene a tale che bisogna che dica: Signore, lasciatemi dormire! Signore, lasciatemi stare!

–    Chi non sale spesso in vita col pensiero in Cielo, pericola grandemente di non salirvi dopo morte.

–    Buttatevi in Dio, buttatevi in Dio, e sappiate che se vorrà qualche cosa da voi, vi farà buoni in tutto quello in cui vorrà adoperarvi.

–    Bisogna avere grande fiducia in Dio, il quale è quello che è stato sempre: e non bisogna sgomentarsi per cosa accada in contrario.

–    Paradiso! Paradiso! (era il grido col quale calpestava ogni grandezza umana).

 

La volontà di Dio

–    Io non voglio altro se non la tua santissima volontà, o Gesù mio.

–    Quando l’anima sta rassegnata nelle mani di Dio, e si contenta del divino beneplacito, sta in buone mani, ed è molto sicura che le abbia ad intervenire bene.

–    È ottimo rimedio, nel tempo delle tribolazioni e aridità di spirito, l’immaginarsi di essere come un mendico, alla presenza di Dio e dei Santi, e come tale andare ora da questo Santo, ora da quell’altro a domandar loro elemosina spirituale, con quell’affetto e verità onde sogliono domandarla i poveri. E ciò si faccia alle volte corporalmente, andando ora alla Chiesa di questo Santo, ed ora alla Chiesa di quell’altro a domandar questa santa elemosina.

–    Al P. Antonio Gallonio, fortemente tormentato da una interna tribolazione, S. Filippo diceva: Abbia pazienza, Antonio: questa è la volontà di Dio. Abbi pazienza, sta saldo; questo è il tuo Purgatorio.

–    A chi si lamentava di certe prove diceva: Non sei degno, non sei degno che il Signore ti visiti.

–    Quietati che Dio la vuole, disse una volta ad una mamma a cui moriva una piccola figlia, e ti basta essere stata balia di Dio.

 

Il desiderio di perfezione

–    Non è tempo di dormire, perché il Paradiso non è fatto pei poltroni.

–    Bisogna desiderare di far cose grandi per servizio di Dio, e non accontentarsi di una bontà mediocre, ma aver desiderio (se fosse possibile) di passare in santità ed in amore anche S. Pietro e S. Paolo: la qual cosa, benché l’uomo non sia per conseguire, si deve con tutto ciò desiderare, per fare almeno col desiderio quello che non possiamo colle opere.

–    Non è superbia il desiderare di passare in santità qualsivoglia Santo: perché il desiderare d’essere santo è desiderio di voler amare ed onorare Dio sopra tutte le cose: e questo desiderio, se si potesse, si dovrebbe stendere in infinito, perché Dio è degno d’infinito onore.

–    La santità sta tutta in tre dita di spazio (e si toccava la fronte), cioè nel mortificare la razionale, contrastando cioè se stesso, l’amore proprio, il proprio giudizio).

La preghiera

–    L’uomo che non fa orazione è un animale senza ragione.

–    Il nemico della nostra salute di nessuna cosa più si contrista, e nessuna cosa cerca più impedire che l’orazione.

–    Non vi è cosa migliore per l’uomo che l’orazione, e senza di essa non si può durar molto nella vita dello spirito.

–    Per fare buona orazione deve l’anima prima profondissimamente umiliarsi e conoscersi indegna di stare innanzi a tanta maestà, qual è la maestà di Dio, e mostrare a Dio il suo bisogno e la sua impotenza, ed umiliata gettarsi in Dio, che Dio le insegnerà a fare orazione.

–    La vera preparazione all’orazione è l’esercitarsi nella mortificazione: perché il volersi dare alla orazione senza questa è come se un uccello avesse voluto incominciar a volare prima di metter le penne.

–    Non vi caricate di troppe devozioni, ma intraprendetene poche, e perseverate in esse. Non tante devozioni, ma tanta devozione.

 

L’umiltà

–    Figliuoli, siate umili, state bassi: siate umili, state bassi.

–    Umiliate voi stessi sempre, e abbassatevi negli occhi vostri e degli altri, acciò possiate diventar grandi negli occhi di Dio.

–    Vi sono tre sorta di vanagloria. La prima è Padrona e si ha quando questa va innanzi all’opera e l’opera si fa per il fine della vanagloria. La seconda è la Compagna e si ha quando l’uomo non fa l’opera per fine di vanagloria, ma nel farla sente compiacenza. La terza è Serva e si ha quando nel far l’opera sorge la vanagloria, ma la persona subito la reprime.

–    Per acquistare il dono dell’umiltà sono necessarie quattro cose: spernere mundum, spernere nullum, spernere seipsum, spernere se sperni (disprezzare il mondo, non disprezzare alcuno, disprezzare se stesso, non far conto d’essere disprezzato). E soggiungeva, rispetto all’ultimo grado: A questo non sono arrivato: a questo vorrei arrivare.

–    Fuggiva con tutta la forza ogni sorta di dignità: Figliuoli miei, prendete in bene le mie parole, piuttosto pregherei Iddio che mi mandasse la morte, anzi una saetta, che il pensiero di simili dignità. Desidero bene lo spirito e la virtù dei Cardinali e dei Papi, ma non già le grandezze loro.

 

La mortificazione

–    Figliuoli, umiliate la mente, assoggettate il giudizio.

–    Tutta l’importanza della vita cristiana consiste nel mortificare la razionale.

–    Molto più giova mortificare una propria passione per piccola che sia, che molte astinenze, digiuni e discipline.

–    Quando gli capitava qualche persona che avesse fama di santità, era solito provarla con mortificazioni spirituali e se la trovava mortificata e umile, ne teneva conto, altrimenti l’aveva per sospetta, dicendo: Ove non è gran mortificazione, non può esservi gran santità.

–    Le mortificazioni esteriori aiutano grandemente all’acquisto della mortificazione interiore e delle altre virtù.
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L’obbedienza

–    L’obbedienza buona è quando si ubbidisce senza discorso e si tiene per certo che quello che è comandato è la miglior cosa che si possa fare.

–    L’obbedienza è il vero olocausto che si sacrifica a Dio sull’altare del nostro cuore, e bisogna sforzarci d’obbedire anche nelle cose piccole, e che paiono di niun momento, poiché in questo modo la persona si rende facile ad essere obbediente nelle cose maggiori.

–    È  meglio obbedire al sagrestano e al portinaio quando chiamano, che starsene in camera a fare orazione.

–    A proposito di colui che comandava diceva: Chi vuol esser obbedito assai, comandi poco.

La gioia cristiana

–    La tristezza di solito ha origine nella superbia.

–    Dilettatevi della vita comune, fuggite tutte le singolarità, attendete alla purezza del cuore, perché lo Spirito Santo abita nelle menti candide e semplici, ed Egli è il maestro dell’orazione e ci fa stare sempre in continua pace e allegrezza, che è pregusto di Paradiso.  

–    Figliuoli, state allegri, state allegri. Voglio che non facciate peccati, ma che siate allegri.

–    Non voglio scrupoli, non voglio malinconie. Scrupoli e malinconie, lontani da casa mia.

–    L’allegrezza cristiana interiore è un dono di Dio, derivato dalla buona coscienza, mercé il disprezzo delle cose terrene, unito con la contemplazione delle celesti.

–    Ai giovani che facevano chiasso, a proposito di coloro che si lamentavano, diceva: Lasciateli, miei cari, brontolare quanto vogliono. Voi seguitate il fatto vostro, e state allegramente, perché altro non voglio da voi se non che non facciate peccati. E quando doveva frenare l’irrequietezza dei ragazzi diceva: State fermi, (e, sotto voce,) se potete.

–    Beati voi giovani che avete tempo di fare il bene.

 

La devozione a Maria

–    Figliuoli miei, siate devoti della Madonna: siate devoti a Maria.

–    Sappiate, figliuoli, e credete a me, che lo so: non vi è mezzo più potente ad ottenere le grazie da Dio che la Madonna Santissima.

–    Chiamava Maria il mio amore, la mia consolazione, la mamma mia.

–    La Madonna Santissima ama coloro che la chiamano Vergine e Madre di Dio, e che nominano innanzi a Lei il nome santissimo di Gesù, il quale ha forza d’intenerire il cuore.

 

La confessione

–    La confessione frequente de’ peccati è cagione di gran bene all’anima nostra, perché la purifica, la risana e la ferma nel servizio di Dio.

–    Nel confessarsi, l’uomo si accusi prima de’ peccati più gravi e de’ quali ha maggior vergogna: perché così si viene a confondere più il demonio e cavar maggior frutto dalla confessione.

 

La tentazione

–    Le tentazioni del demonio, spirito superbissimo e tenebroso, non si vincono meglio che con l’umiltà del cuore, e col manifestare semplicemente e chiaramente senza coperta i peccati e le tentazioni al confessore.

–    Contro le tentazioni di fede invitava a dire: credo, credo, oppure che si recitasse il Credo.

–    La vera custodia della castità è l’umiltà: e però quando si sente la caduta di qualcuno, bisogna muoversi a compassione, e non a sdegno: perché il non aver pietà in simili casi, è segno manifesto di dover prestamente cadere.

–    Ai giovani dava cinque brevi ricordi: fuggire le cattive compagnie, non nutrire delicatamente il corpo, aborrire l’ozio, fare orazione, frequentare i Sacramenti spesso, e particolarmente la Confessione.

 

Le giaculatorie

–    Per tenere vivo il pensiero della divina presenza ed eccitare la confidenza in Dio sono utilissime alcune orazioni brevi e quelle spesse volte lanciare verso il cielo tra il giorno, alzando la mente a Dio da questo fango del mondo: e chi le usa, ne ricaverà frutto incredibile con poca fatica.

A cura di Massimo Francini della Redazione dei Papaboys

Bibliografia
–    Congregazione dell’Oratorio di Vicenza (a cura di), Lo spirito di Filippo Neri nelle sue massime e ricordi, Vicenza, 1988.
–    San Filippo Neri, Gli scritti e le massime (a cura di Antonio Cistellini), Editrice La Scuola, Brescia, 1994.
–    San Filippo Neri, «Chi cerca altro che Cristo…»: Massime e ricordi (a cura di Edoardo Aldo Cerrato), Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, 2006.

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