Pietro Nolasco è stato un religioso francese, fondatore dell’ordine cattolico dei Mercedari.
Nasce verso la fine del XII secolo a Mas-Saintes-Puelles (Francia) da una nobile famiglia, forse figlio del cavaliere normanno Henri de Nolasque. Da giovane era dedito alla devozione, all’elemosina e alla carità. Avendo distribuito tutti i suoi averi ai poveri, fece voto di verginità e per evitare contatti con gli Albigesi, si recò a Barcellona.
Circa la metà della penisola iberica era sotto il dominio degli arabi musulmani. Durante gli scontri armati catturavano i cristiani per farne degli schiavi.
Il santo si trasforma in mercante per insinuarsi facilmente tra i maomettani. Decise di dedicarsi al riscatto di quei poveri prigionieri. Prima di iniziare questa missione si recò in pellegrinaggio al celebre santuario mariano di Montserrat, in Catalogna. Dopo qualche tempo partì per Valencia, allora sotto dominio arabo, dove riuscì col suo denaro a liberare più di trecento schiavi.
Esaurite le sue disponibilità finanziarie, riuscì a raccogliere attorno a sé, sensibilizzandoli al problema, altri giovani della nobiltà per chiedere offerte con cui riprendere e intensificare i riscatti. A confermarlo nella sua decisione contribuì un’apparizione della Vergine.
La quale gli disse che suo Figlio desiderava la fondazione di un ordine religioso che si occupasse della redenzione degli schiavi. Col consenso del vescovo di Barcellona, il santo formò col gruppo dei suoi amici e discepoli una confraternita. Sotto la guida del domenicano san Raimondo di Peñafort e l’aiuto economico del re d’Aragona Giacomo I, si consolidò ricevendo nel 1228 l’approvazione orale di papa Onorio III.
Il vescovo nella cattedrale di Barcellona vestì Pietro e i suoi dodici compagni dell’abito di lana bianca (in segno di omaggio alla purezza della Vergine Maria). Mentre il re Giacomo I donò loro per distintivo lo scudo del suo regno, dando così all’Ordine un carattere militare. L’ospedale di Santa Eulalia, attiguo alla reggia, che servì loro come primo convento e come casa di accoglienza degli schiavi riscattati e di assistenza ai poveri e ai malati. Nasceva così l’Ordine di Santa Maria della Mercede, i cui membri si sarebbero chiamati Mercedari. Ma poche volte, e soltanto con alcuni cavalieri, essi presero parte ad azioni di guerra contro i Mori. Il fondatore infatti, mirava più alla salvezza delle anime che a fini politici. Ebbero invece l’incarico di presidiare vari castelli di confine per proteggere la popolazione dalle incursioni degli arabi.
I Mercedari adottarono la regola di Sant’Agostino, cui aggiunsero alcune semplici costituzioni. Nel frattempo Raimondo di Peñafort, che era stato chiamato presso la Curia romana, ottenne la solenne conferma dell’Ordine da parte di papa Gregorio IX con la bolla Devotionis Vestrae del 17 gennaio 1235. I laici sempre più numerosi che aiutavano il Nolasco nella raccolta delle elemosine furono poi inquadrati nella Confraternita e Terz’Ordine della Mercede.
Il Fondatore aveva stabilito non solo che tutti i beni e le attività dei religiosi fossero destinati alla liberazione e alla rieducazione morale degli schiavi, ma che «tutti i membri dell’Ordine, come figli della vera obbedienza, fossero lietamente disposti in ogni tempo a dare, se necessario, la propria vita, come Cristo la dette per noi», e che ciascuno si obbligasse con il “voto di redenzione” a rimanere egli stesso schiavo per liberare coloro che correvano pericolo di perdere la fede. All’inizio i membri erano tutti laici, come era e rimase lo stesso Pietro. Poi Clemente V decretò che il Maestro Generale dovesse essere sempre un sacerdote.
Nel 1244, in occasione del Capitolo generale che si teneva ogni anno per la festa della “Croce di maggio”, il santo chiese a Innocenzo IV di porre sotto la protezione di San Pietro e sua personale l’Ordine e le Confraternite. Il pontefice accolse la richiesta con la bolla Religiosam vitam. Fu detta aurea perché portava il sigillo d’oro essendo stata emanata nel concilio di Lione, firmata dal papa e dai dodici cardinali presenti.
Merito del santo non è solo quello di aver fondato l’Ordine, ma di avergli dato una base stabile e continuativa con un’adeguata organizzazione. Tra l’altro stabilì che i cristiani liberati, prima di tornare in famiglia, accompagnassero i religiosi che mendicavano per testimoniare le sofferenze subite in prigionia. Inoltre, volle che in ogni suo convento vi fosse un ospedale o un’infermeria per curare gli infermi, alloggiare i pellegrini, istruire e confermare nella fede i reduci dalla schiavitù.
Nel 1245, durante un viaggio ad Algeri per un’altra serie di riscatti, avendo esaurito il denaro, egli si offrì come ostaggio per liberare atri prigionieri. Poiché tardava ad arrivare il prezzo del suo riscatto, venne frustato a sangue dai musulmani. Poi caricato su una barca danneggiata in precedenza e abbandonato in mare.
Per intervento soprannaturale riuscì a raggiungere sano e salvo in Spagna; una sorte analoga era toccata, sempre in Algeria, a san Raimondo Nonnato. Entrato nell’Ordine dei Mercedari nel 1224: catturato e tenuto per diversi mesi come ostaggio, era stato sottoposto a crudeli sevizie, e per impedirgli di predicare, i suoi aguzzini gli avevano serrato la bocca con un lucchetto dopo avergli perforato le labbra con un ferro rovente. Ma lui continuò ugualmente a fare coraggio agli schiavi esortandoli e perseverare nella fede.
Nel 1238, avendo assistito alla liberazione di Valencia, il santo ricevette in dono da Giacomo I la collina del Puig dove edificò una chiesa e un convento. Dieci anni dopo, quando i Mori furono scacciati da Siviglia, il santo ebbe in dono in quella città dal re Ferdinando III (a sua volta canonizzato) un convento e una moschea da trasformare in chiesa. Debilitato anche a causa dei molti viaggi intrapresi attraverso tutta la Spagna e il sud della Francia, rinunciò alla carica di Maestro generale e nominò suo successore Guglielmo de Bas.
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Colpito dalla malaria nel 1249 a Barcellona, dopo aver ricevuto gli ultimi sacramenti circondato dai suoi religiosi, morì il 13 maggio di quello stesso anno.
Venne sepolto nella chiesa del convento ma, per quante ricerche si facessero ripetutamente dal 1400 al 1800, anche nella cattedrale della città, le sue spoglie non vennero più trovate. Alla sua morte l’Ordine era già diffuso non soltanto in tutta la Spagna e in Francia, ma anche in America Latina e in Italia.
Viene canonizzato il 30 settembre 1698. Messina e Palermo lo venerano come loro patrono. (Fonte santiebeati.it – Autore: Angelo Montonati)
O Dio, che hai rivestito della carità di Cristo, San Pietro Nolasco, e, per mezzo della beata Vergine Maria, lo hai costituito messaggero di amore e di libertà per i fratelli schiavi, concedi a noi d’imitare i suoi esempi per la redenzione di tutti gli oppressi e l’edificazione della tua Chiesa.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen. (Padre Nostro, Ave Maria, Gloria)
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