“La misericordia è il vero volto di Dio, per questo non è lecito uccidere e odiare in suo nome”. Così martedì sera il cardinale Angelo Comastri, vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano e arciprete della basilica di San Pietro, nel corso dell’omelia per la messa d’apertura del pellegrinaggio nazionale Unitalsi a Lourdes.
Un viaggio iniziato lunedì nel segno del Giubileo straordinario della misericordia e nel ricordo vivo di Santa Teresa di Calcutta, “icona di tutto ciò che un volontario dovrebbe essere” per usare le parole del presidente nazionale Unitalsi Antonio Diella.
Nonostante il calo di visite che negli ultimi anni ha colpito il santuario mariano, l’associazione ha accompagnato quest’anno circa 7.000 fedeli, 632 barellieri, 980 sorelle d’assistenza, 200 religiosi e 74 operatori sanitari.
Giovedì la conclusione con la tradizionale processione aux flambaux, quando verrà acceso il cero che il Papa ha voluto donare all’Unitalsi. Il Santo Padre ha inviato all’associazione anche un messaggio personale, mentre a tutti i presidenti di sezione verrà consegnata una copia della sua croce pettorale.
La celebrazione si aperta con l’ingresso nella basilica di San Pio X degli stendardi di sezione degli unitalsiani, accompagnati da pellegrini le cui storie rappresentano il frutto di quella stessa misericordia scelta come tema centrale del pellegrinaggio.
LA SORPRESA DEL PELLEGRINAGGIO
Tra loro anche Nafie, la prima bambina che Madre Teresa portò in Italia strappandola alle condizioni miserevoli di un istituto in Albania. “Dio ci lascia liberi – ha ammonito Comastri commentando la parabola del figlio prodigo da lui definita rivoluzionaria – perché senza libertà il mondo diventerebbe un teatrino di burattini e neanche la bontà sarebbe più vera, perché costretta. Uscendo dalla casa del padre si finisce nel fango, nel degrado, nel porcile. Dio è felice di perdonare – ha osservato – ma ci crediamo al perdono di Dio fino in fondo? Davvero siamo convinti che Dio ci aspetta?”.
Ma è l’altra figura della parabola a catturare l’attenzione del cardinale: “Quante volte capita anche a noi di non saper fare festa per il ritorno di un fratello o di una sorella, di non tendere la mano per riportare il fratello o la sorella all’abbraccio di Dio”.
Il fedele autentico è quindi chiamato a guardare con misericordia chi gli ha fatto del male e le parole di Giovanni Paolo II dopo l’attentato del 13 maggio 1981 offrono al cardinale il modello perfetto di questo atteggiamento: “Perdono il fratello che mi ha sparato: parole che sono il volto di Dio – ha concluso – parole che sono il volto della Chiesa”.
Redazione Papaboys (Fonte www.avvenire.it/Matteo Marcelli)
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