Il presidente russo, durante il forum del Valdai a Sochi, ha ricordato che l’Isis, nel territorio fra Iraq e Siria, ha sequestrato 130 famiglie, circa 700 persone, tra cui molti cittadini americani ed europei. E secondo il Cremlino, i terroristi minacciano di ucciderne “dieci al giorno”. “Tutti tacciono, c’è un silenzio come se non succedesse nulla”, ha ricordato Putin. “L’Isis ha lanciato un ultimatum e se non verrà ascoltato ucciderà 10 ostaggi al giorno. E sappiamo che dieci sono stati già eliminati”.
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Il leader russo non ha indicato quali siano i termini dell’ultimatum dei terroristi. Ma un dato è certo: per la Russia, il Califfato non è finito. Anzi, si sta rafforzando proprio nelle aree sotto il controllo della coalizione internazionale a guida americana. E sotto questo profilo, Putin ha voluto affondare il colpo: “Vediamo cosa sta accadendo sulla riva sinistra del fiume Eufrate, i nostri colleghi lo sanno bene.
Questo territorio è sotto la protezione degli americani, che si relazionano con le forze armate curde. Ma evidentemente non stanno facendo abbastanza, visto che l’Isis resta in molti insediamenti e di recente hanno cominciato a espandere la loro presenza”.
Come ricorda Libero, la denuncia di Putin si basa sull’ultimo rapporto del generale Vladimir Savchenko, uno dei maggiori comandanti russi in Siria. Secondo le informazione del Gru, l’intelligence militare russa, gli ostaggi sono stati catturati il 13 ottobre in un campo di rifugiati ad Al Bahra, nella provincia di Deir Ezzor. Da qui sarebbero stati deportati ad Hajin per poi essere utilizzati come scudi umani per evitare attacchi da parte delle forze anti-Daesh. “I miliziani dello Stato Islamico si sono avvantaggiati di una completa impunità. Come risultato dell’inazione delle forze pro-Usa, i terroristi sono riusciti a stabilire il pieno controllo lungo la riva sinistra dell’Eufrate, estesa per 20 chilometri tra Hajin e As Susah”.
Gli Stati Uniti non hanno confermato quanto dichiarato dal presidente russo. “Mentre abbiamo confermato che c’è stato un attacco a un campo di sfollati lì vicino (a Deir Ezzor ndr) la scorsa settimana, non abbiamo informazioni a sostegno dell’elevato numero di ostaggi denunciati dal presidente Putin e siamo scettici sulla sua esattezza”, ha dichiarato il comandante Sean Robertson, portavoce del Pentagono. “Non siamo nemmeno a conoscenza di cittadini statunitensi che si trovano in quel campo”, ha aggiunto il funzionario Usa.
Fonte www.ilgiornale.it/Lorenzo Vita
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