Sulla vita di un neonato si consuma uno scontro tra medici e famiglia. L’Alta Corte di Londra oggi ha stabilito che i medici possono staccare la spina al piccolo Charlie Gard, andando contro il volere dei suoi genitori e decidendo così la sorte del bimbo di sette mesi ricoverato al Great Ormond Street Hospital, centro pediatrico nella capitale britannica, affetto da una rara patologia che per i dottori ha compromesso irreversibilmente il cervello e non può essere curata.
I genitori invece, Connie Yates e Chris Gard, si erano opposti lanciando una campagna di solidarietà e affermando che fosse possibile ancora salvare il bimbo affetto dalla sindrome di deperimento mitocondriale trasferendolo in un ospedale negli Usa. I genitori sono disperati, dicono i siti dei giornali inglesi, e non capiscono i motivi per cui i medici non vogliono «dare una possibilità» al figlio. Non è ancora chiaro se le cure a Charlie verranno sospese subito o se i suoi genitori hanno la possibilità di appellarsi alla decisione del giudice.
Per le cure all’estero del piccolo erano stati raccolti 1,26 milioni di sterline, grazie al contributo di più di 80mila persone.
Il giudice dell’Alta Corte, Justice Francis, aveva acconsentito di lasciare ai genitori e ai medici americani la possibilità di esporre il caso alla Corte entro il 3 aprile. Ma evidentemente non ha tenuto conto delle loro ragioni e ha emesso la sua sentenza «con il cuore pesante», ma nella «piena convinzione» che questo sia il migliore interesse del bambino. Il giudice ha elogiato Connie e Chris per il loro coraggio, per la dignità con cui hanno affrontato la malattia del figlio e la loro dedizione nell’assisterlo fin da giorno in cui è nato, il 4 agosto scorso. Quando Justice Francis ha letto la sua decisione, Chris ha scosso la testa gridando «No» e insieme alla moglie è scoppiato in lacrime.
Durante i cinque giorni di dibattito, il giudice Francis ha ascoltato diversi pareri sulla sorte del piccolo Charlie: i rappresentanti dell’ospedale hanno spiegato che numerosi esperti concordano sul fatto che non sia opportuno continuare a offrire al neonato i supporti vitali, e che le eventuali cure in America sono sperimentali, mentre gli avvocati dei genitori hanno ribattuto che Charlie non soffre e che se fosse possibile trasferirlo negli Usa avrebbe almeno una possibilità di migliorare. I desideri dei genitori – ha anche aggiunto – dovrebbero avere un peso maggiore.
Il suicidio assistito e l’eutanasia sono illegali nel Regno Unito e punibili fino a 14 anni ma nell’ultimo decennio le spinte per renderli accettabili sono state incessanti.
Nel luglio 2010 l’allora procuratore della regina Keir Starmer, sotto la pressione dei casi di diversi malati terminali ma soprattutto di quello di Debbie Purdy, affetta da sclerosi multipla, che chiedeva la certezza che il marito non sarebbe stato incriminato se l’avesse accompagnata a morire in Svizzera, introdusse linee guida che sollevano da ogni incriminazione chi abbia agito «per pura compassione». «Ma questo – spiega Peter Saunders, dell’associazione Care not Killing, che da più di dieci anni lotta per il diritto alla vita – non ha fermato la lobby a favore dell’eutanasia nella sua opera di pressione sul Parlamento».
Fonte www.avvenire.it