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Papa Francesco: ‘E’ sempre necessario l’incontro, essere nemici è il peggior incubo’

Quanto ha bisogno della “cultura dell’incontro” questo mondo che a volte costruisce muri finendo per trasformare in realtà l’incubo peggiore: “vivere come nemici”. Così Papa Francesco nel Videomessaggio per la conclusione del Congresso delle “Cattedre Scholas” organizzato dalla Fondazione pontificia Scholas Occurrentes presso l’Università Ebraica di Gerusalemme.

 

 

“Tra l’Università e la Scuola, costruendo la pace attraverso la cultura dell’incontro” è il titolo di questo Terzo Congresso delle “Cattedre Scholas”, che si è svolto a fianco di un incontro interreligioso e si è aperto il 2 luglio. Oltre 70 i giovani israeliani, palestinesi e di altri paesi del mondo riuniti con altrettanti accademici di 41 università. A partecipare, fra gli altri, anche il segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica, mons. Antonio Vincenzo Zani, il preside dell’Università ebraica di Gerusalemme, prof. Menahem Ben Sasson e il presidente mondiale della stessa Scholas Occurrentes, José Maria del Corral.

 

“Voglio celebrare questi giorni vissuti lì a Gerusalemme, perché voi stessi, a partire dalle vostre differenze, avete raggiunto l’unità”, dice il Papa nel Videomessaggio. “Non ve lo ha insegnato nessuno. Lo avete vissuto”. Nelle sue parole si sottolinea, dunque, l’importanza dell’esperienza concreta. “Nella nudità dello sguardo non ci sono risposte, c’è apertura” a “tutto ciò che non sono io” così, una volta aperti agli altri, si realizza l’incontro e in questo incontro si dà un senso. “Tutti abbiamo un senso nella vita”, afferma. “Nessuno di noi è un ‘no’. Tutti siamo ‘sì’, per questo quando incontriamo il senso è come se ci si allargasse l’anima”.

Abbiamo quindi bisogno della festa come espressione umana della celebrazione del senso, prosegue il Papa nel Videomessaggio per il Congresso di Scholas a Gerusalemme. “Allora troviamo il senso più profondo che si può avere”: un sentimento che esiste tra noi, “per tutto e malgrado tutto”, cioè la gratitudine. Le Scholas quindi intuiscono che si tratta di educare a esere liberi da pregiudizi che bloccano, per poter sognare e “trovare nuove strade”. “Noi adulti”, prosegue, non possiamo togliere a bambini e giovani “la capacità di sognare”, né di “giocare”.

Quindi l’incontro di Scholas ha insegnato che bisogna “generare un contesto di speranza perché quei sogni crescano e si condividano”. “Un sogno, quando è condiviso, diventa l’utopia di un popolo, la possibilità di creare un nuovo modo di vivere”, rileva Francesco. “La nostra utopia, quella di tutti noi che, in qualche modo, formiamo le Scholas, è creare con questa educazione una cultura dell’incontro”. Si può quindi valorizzare la diversità di culture per raggiungere non l’uniformità ma l’armonia.





“E quanto ne ha bisogno questo mondo così ‘atomizzato’!”, esclama Francesco. “Questo mondo che ha paura del diverso, che a partire da questo timore a volte costruisce muri che finiscono per trasformare in realtà l’incubo peggiore, ossia vivere come nemici”. E quanto ha bisogno questo mondo di uscire ad incontrarsi. E il Papa conclude con un ringraziamento a tutti i partecipanti all’incontro a Gerusalemme per essersi impegnati a sognare, a cercare il senso, a metterci la mente, le mani ed il cuore per trasformare in realtà la cultura dell’incontro. Non a caso questo evento dalla forte impronta di dialogo fra cristianesimo, ebraismo e islam, è stato segnato da diversi gesti simbolici: l’ultimo, che chiude il raduno, è quello di un olivo piantato proprio come simbolo di incontro tra le religioni.




Fonte it.radiovaticana.va/Debora Donnini
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