Era difficile trovare pure un posto in piedi, domenica sera, alla messa della parrocchia «Santa Monica» di Ostia: il vice parroco don Franco De Donno lascia l’incarico dopo 36 anni. Basta con la tonaca, si passa alla politica.
E così, per l’ultima messa del sacerdote, sono arrivati decine di parrocchiani. Lui, 71 anni, trenta da insegnante di religione, coordinatore della Caritas locale, ha deciso di candidarsi con una Lista Civica alle elezioni amministrative di ottobre come presidente del X Municipio. Lo stesso commissariato nel 2015 dopo l’inchiesta sul «Mondo di mezzo» e le collusioni con la mafia. «Non vedo rappresentate le istanze che mi stanno a cuore. La considero una seconda chiamata per un servizio diverso ma più ampio per il bene comune» spiega il sacerdote, stimato in diocesi e conosciuto come «un papa Francesco in miniatura» per l’impegno in favore degli ultimi, rom e migranti in primo luogo.
Alcuni fedeli sono sconcertati: «Ci servono bravi preti oggi, non altri politici»; altri sono contenti di levarsi di torno questo prete «troppo sinistroide». I commenti si sprecano anche su Facebook: «Se hai scelto di entrare in politica è per dare un aiuto ancora più forte al tuo quartiere che ha bisogno di “politici” che diano tutto se stessi senza scendere a compromessi», scrive un utente; «i preti come te sono il motivo per il quale la Chiesa cattolica non ha più alcuna credibilità in Italia e nel mondo. Almeno smetterai di fare danni con le tue prediche», scrive un altro.
La maggior parte dei 40 mila parrocchiani di Santa Monica plaude comunque al «coraggio» di don Franco, certi che la sua umanità sia sinonimo di «affidabilità».
Una prospettiva che non mandano giù i militanti – molto attivi in zona – di CasaPound che domenica mattina hanno realizzato un sit-in davanti alla chiesa di Santa Monica con lo striscione: «De Donno: da prete a candidato, comizi in chiesa e prima l’immigrato».
Il prete ci ride su: «CasaPound sta facendo da tempo una campagna elettorale in mio favore, senza volerlo… Dialogheremo anche con loro, se vorranno. La mia è una candidatura di dialogo e non di scontro». Intanto De Donno si è autosospeso dal ministero per non incorrere nelle sanzioni previste dal Codice di Diritto Canonico che vieta al clero di assumere cariche politiche o istituzionali senza esplicito permesso. La pena è la sospensione «a divinis», come accadde a padre Baget Bozzo nel 1985 dopo la candidatura al Parlamento europeo con il Partito socialista. La decisione spetta ora al vicario di Roma, Angelo De Donatis, che aveva concordato con il sacerdote di mantenere il silenzio elettorale. Almeno fino a domenica, quando la notizia – che già circolava da settimane in case, chiese e uffici di Ostia – è stata resa pubblica dallo stesso don Franco che, sceso dall’ambone, con voce tremante, ha letto le motivazioni della sua scelta, «spinta dalla coscienza», di inseguire nuovi «traguardi di giustizia sociale». «Oggi la vita – ha spiegato – mi chiama a rispondere sì nel campo della politica istituzionale».
Sul caso del prete in corsa come «mini sindaco» è intervenuto anche il vescovo Giovanni D’Ercole, segretario della Commissione episcopale per le Comunicazioni sociali, il quale ha affermato che questa candidatura «mostra l’assenza di laici cristiani formati». L’impegno dei laici «sarebbe più giusto e necessario», invece è un prete a sentire «il dovere di supplire a mancanze oggi imperdonabili». Tuttavia, sottolinea il vescovo: «Essere sacerdote di frontiera e diventare amministratore sono due cose assai diverse. I preti in politica hanno sofferto sempre molto, talora traditi dagli stessi che li incoraggiavano… Un conto è l’intenzione apprezzabile, un altro è il confronto con i fatti e con la politica dove per immergersi occorre anche tanta esperienza».
Fonte www.lastampa.it