Oggi quarto giorno di Esercizi spirituali ad Ariccia, predicati al Papa e alla Curia Romana da don José Tolentino Mendonça. Al centro della riflessione le lacrime delle donne dei Vangeli, che indicano sete di Gesù.
Le lacrime manifestano sete di vita e di relazione. Stamani, nella sesta meditazione di questi Esercizi spirituali al Papa e alla Curia Romana, il sacerdote portoghese José Tolentino Mendonça ripercorre il senso delle lacrime nella vita dell’uomo e in relazione a Dio, con citazioni tratte dal Vangelo e da diversi autori.
Le lacrime delle donne dei Vangeli
Maria, la vedova di Nain, la peccatrice: non si può ignorare le tante donne presenti nel Vangelo. Diverse per condizione esistenziale, economica, età, con il loro modo di fare, evangelizzano. Il loro stile è il servizio, non fanno mai domande per “intrappolare” Gesù. Ma quello che le unisce sono soprattutto le lacrime, un traboccare di emozioni, conflitti, gioie e ferite.
Ma le lacrime dicono che Dio s’incarna nelle nostre vite, nei nostri fallimenti, nei nostri incontri. Nei Vangeli, anche Cristo piange. Gesù si carica della nostra condizione, si fa uno di noi, e per questo le nostre lacrime sono inglobate nelle sue. Le porta con sé veramente. Quando piange, raccoglie e assume solidalmente tutte le lacrime del mondo.
Il desiderio di vita
Sono proprio le donne dei Vangeli a concedere diritto di cittadinanza alle lacrime, mostrando l’importanza di questo segno, dice il sacerdote, poeta e teologo, facendo riferimento alla psicoanalista Julia Kristeva, non credente, che diceva che quando un paziente depresso arrivava a piangere sul divano, accadeva una cosa molto importante: stava cominciando a prendere le distanze dalla tentazione del suicidio perché le lacrime non narrano il desiderio di morire ma “la nostra sete di vita”.
Dio conosce il dolore del pianto
Fin da bambini, il pianto indica sete di relazione. Molti i santi come Ignazio di Loyola che piangevano copiosamente. E il filosofo Cioran diceva che nel giudizio finale verranno pesate soltanto le lacrime, che danno un senso di eternità al nostro divenire, e che il dono della religione è proprio quello di insegnarci a piangere: le lacrime sono ciò che può renderci santi dopo essere stati umani.
La nostra biografia può essere raccontata anche attraverso le lacrime: di gioia, di festa, di commozione luminosa; e di notte oscura, di lacerazione, di abbandono, di pentimento e di contrizione. Pensiamo alle nostre lacrime versate, e a quelle che sono restate un nodo in gola e la cui mancanza ci è poi pesata, o ci pesa ancora. Il dolore di quelle lacrime che non sono state piante. Dio le conosce tutte e le accoglie come una preghiera. Abbiamo fiducia, dunque. Non nascondiamole a Lui.
Ricerca di relazione
Per Gregorio Nazianzeno le lacrime sono in un certo senso un quinto battesimo. E Nelson Mandela, in prigione, si ritrovò gli occhi così rovinati che perdette la capacità di versare le lacrime ma non la sete di giustizia. In fondo – prosegue il sacerdote – quando si piange anche se ci si sforza di non farlo vedere, la verità è che piangiamo sempre perché l’altro veda. “E’ la sete dell’altro che ci fa piangere”: arriva un amico e sentiamo che possiamo abbandonarci alle nostre emozioni più intime.
La sete di Gesù
Infine, don Tolentino fa riferimento alla donna che piange e lava i piedi di Gesù con le sue lacrime. Molte volte – nota – si prende una distanza critica dalla religiosità popolare, dove ci si esprime con un’abbondanza di lacrime. Ed è talora difficile, per i pastori, percepire la religione dei semplici basata non sulle idee ma sui gesti. Talvolta, invece, la si può vivere in maniera asettica. Ed è proprio l’impressionante qualità di ciò che la donna dona a Gesù che consente di constatare che Simone, il padrone di casa, non ha dato nulla. “È questa inedita ospitalità che Gesù intende esaltare”, conclude don Tolentino, “questa sete, di cui le lacrime sono segno e che tocca a noi apprendere”.
Fonte it.radiovaticana.va