A Granada in Spagna, beato martire Pietro Pascual, vescovo di Jaén, dell’Ordine della Mercede, che, arrestato dai Mori mentre, in visita al suo gregge, esortava il popolo alla difesa delle fede, morì in prigione.
La vita
Un martire vittima dell’integralismo islamico del lontano 1300; Pedro Pascual (nome spagnolo) nacque a Valencia verso il 1225 e la sua nascita fu attribuita alle preghiere di san Pietro Nolasco per i suoi genitori, da lungo tempo sterili.
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I suoi primi studi li fece presso i Benedettini; nel 1241 si recò all’Università di Parigi, compagno di studio di s. Bonaventura e s. Tommaso, si addottorò nel 1249 e ordinato sacerdote.
Tornato a Valenza venne nominato canonico, dedicandosi alla predicazione, finché nel 1250 entrò nell’Ordine di Maria della Mercede, prese ad insegnare teologia e lettere nel convento di Saragozza, fra i suoi discepoli ebbe anche Sancio figlio del re Giacomo I, che accompagnò poi a Viterbo dove il giovane venne nominato vescovo di Toledo da papa Clemente IV, il 31 agosto 1266.
Collaborò con Sancio nella direzione della Diocesi, finché questi caduto prigioniero dei Mori, è decapitato nel 1275. Negli anni seguenti Pietro Pascasio percorse la Spagna e il Portogallo, predicando, portando conforto ai cristiani schiavi degli arabi e costruendo vari conventi dell’Ordine dei Mercedari, fondato da s. Pietro Nolasco il 10 agosto 1218.
Nel 1291 per conto dell’Ordine, partì per Roma, predicando per tutta la Francia e l’Italia, arrivando ad Orvieto il 26 agosto 1291, dove si trovava il papa Niccolò IV; nel 1296 era di nuovo a Roma dove il papa Bonifacio VIII, lo nominò vescovo di Jaén, venendo consacrato nella basilica di S. Bartolomeo all’isola Tiberina.
Il ritorno in Spagna
Tornato in Spagna lavorò per riordinare la sua diocesi, che era senza vescovo da sei anni, a causa dell’occupazione dei Mori musulmani. E visitando la diocesi venne catturato dagli arabi nel 1297 e trasportato a Granada sede del re musulmano Moley Mahomed che lo fece suo schiavo, ma essendo tributario diretto del re di Castiglia, gli diede la libertà di girare per la città a confortare gli schiavi e istruire i cristiani liberi.
Pietro Pascasio comunicò al papa la sua situazione di prigioniero, il quale scrisse alla curia di Jaén di raccogliere elemosine per la liberazione del vescovo; per due volte fu raccolta la cifra e per due volte Pietro preferì utilizzarla per la liberazione di donne e fanciulli in pericolo.
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Nel suo stato di semilibertà poté scrivere vari argomenti teologici e dottrinari; specie sull’immacolato concepimento della Vergine. Anticipò così, di almeno dieci, anni la dottrina di Giovanni Duns Scoto.
Dalle sue opere si vede la sua conoscenza delle lingue parlate in quell’epoca in Europa, ma anche dell’arabo, dell’ebraico e aramaico; disputava con giudei e musulmani, confutando i loro errori dottrinari.
La morte e il culto
I musulmani irritati dagli attacchi alla loro religione e per il fatto che alcuni di loro si convertivano, lo rinchiusero in una oscura prigione, condannandolo infine alla pena capitale, decapitandolo il 6 dicembre 1300.
Il suo culto, confermato con un regolare processo, da papa Clemente X, il 14 agosto 1670; il ‘Martirologio Romano’ lo celebra al 6 dicembre.
Autore: Antonio Borrelli