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Vangelo 15 Dicembre 2018. Elìa è già venuto, e non l’hanno riconosciuto.

Mt 17,10-13
Elìa è già venuto, e non l’hanno riconosciuto.

Mentre scendevano dal monte, i discepoli domandarono a Gesù: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?».
Ed egli rispose: «Sì, verrà Elìa e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elìa è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro».
Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista.

Elia è già venuto e non l’hanno riconosciuto

Il mistero di Cristo Gesù non è solamente pura gloria, esaltazione, trionfo, innalzamento. È mistero di croce, sofferenza, dolore, persecuzione, rifiuto, consegna ai pagani. Il Natale è il primo passo verso il calvario. Tutte le profezie lo annunziano uomo dei dolori che ben conosce il patire. Non vi è stata sofferenza che non si sia abbattuta sopra di Lui. Lui ha preso su di sé tutte le colpe dell’umanità. Ha espiato tutte le pene dovute ai peccati senza misura e senza limite degli uomini.

È sufficiente meditare un brano delle Lamentazioni e tutta la sofferenza di Gesù è dinanzi agli occhi.

Io sono l’uomo che ha provato la miseria sotto la sferza della sua ira. Egli mi ha guidato, mi ha fatto camminare nelle tenebre e non nella luce. Sì, contro di me egli volge e rivolge la sua mano tutto il giorno. Egli ha consumato la mia carne e la mia pelle, ha rotto le mie ossa. Ha costruito sopra di me, mi ha circondato di veleno e di affanno. Mi ha fatto abitare in luoghi tenebrosi come i morti da gran tempo. Mi ha costruito un muro tutt’intorno, non posso più uscire; ha reso pesanti le mie catene. Anche se grido e invoco aiuto, egli soffoca la mia preghiera. Ha sbarrato le mie vie con blocchi di pietra, ha ostruito i miei sentieri. Era per me un orso in agguato, un leone in luoghi nascosti.

Seminando di spine la mia via, mi ha lacerato, mi ha reso desolato. Ha teso l’arco, mi ha posto come bersaglio alle sue saette. Ha conficcato nei miei reni le frecce della sua faretra. Sono diventato lo scherno di tutti i popoli, la loro beffarda canzone tutto il giorno. Mi ha saziato con erbe amare, mi ha dissetato con assenzio. Ha spezzato i miei denti con la ghiaia, mi ha steso nella polvere.

Sono rimasto lontano dalla pace, ho dimenticato il benessere. E dico: «È scomparsa la mia gloria, la speranza che mi veniva dal Signore». Il ricordo della mia miseria e del mio vagare è come assenzio e veleno. Ben se ne ricorda la mia anima e si accascia dentro di me. Questo intendo richiamare al mio cuore, e per questo voglio riprendere speranza. Le grazie del Signore non sono finite, non sono esaurite le sue misericordie. Si rinnovano ogni mattina, grande è la sua fedeltà (Lam 3,1-22).

Neanche Gesù sarà riconosciuto Signore, Dio e Cristo

Affermando Gesù, anche se in modo velato, che Elia è già venuto ed è Giovanni il Battista, dichiara che Lui è il Signore al quale Giovanni ha preparato la via. Lui però non è stato riconosciuto dai capi del suo popolo. Ha terminato la sua vita con la decapitazione. Neanche Gesù sarà riconosciuto Signore, Dio e Cristo. Anche Lui dovrà soffrire molto per opera dei capi dei sacerdoti e degli anziani del popolo. Gesù è il Redentore e nessuna redenzione avviene senza l’effusione del sangue. È questa regola universale.

Il riscatto va pagato con il proprio sangue, la propria sofferenza, il dolore sia fisico che spirituale. Gesù sa questo fin dall’eternità e Lui al dolore, alla passione, alla croce si è offerto liberamente. Chi vuole redimere mai lo potrà fare per costrizione, imposizione. Lo potrà unicamente per dono, frutto di una volontà che vuole solo amare e per questo rinunzia anche alla propria vita in favore dei suoi fratelli.

Questa verità di Cristo Gesù ogni suo discepolo deve custodirla gelosamente nel cuore. Non c’è amore senza consegna volontaria alla croce, alla sofferenza, al disprezzo, alle ingiurie, agli sputi, ad ogni ingiustizia. Gesù chiede ai suoi discepoli di abbracciare la croce e la sofferenza della povertà, della fame, del pianto, della nudità, di ogni mancanza delle cose della terra. Per Gesù modello del vero suo discepolo è Lazzaro il povero, uomo coperto di piaghe seduto dinanzi alla porta del ricco con un solo desiderio: essere trattato come i cani dell’uomo che si vestiva di porpora e di bisso e mangiava lautamente.

Gesu sei re

Pensare di edificare sulla terra un cristianesimo senza croce, senza sofferenza, malattie, fame, nudità, persecuzione, martirio, è utopia. Non è questa la speranza cristiana. La nostra speranza consiste in una sola certezza: che mai il Signore preserverà da ogni male coloro che in Lui confidano e gli obbediscono.

Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutateci ad essere veri testimoni del mistero di Gesù.

Commento a cura del Movimento Apostolico

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