Il 13enne ha scelto il nome di Angelo. La suora che lo seguiva: aveva letto la Bibbia, voleva sapere tutto di Gesù, diceva: lui mi può guarire, ma non dalla malattia, da qualcosa di più interiore. A raccontatare questa storia drammatica, ma disperanza grande è Antonella Mariani su Avvenire, quotidiano dei Vescovi.
Aveva chiesto di essere battezzato, e quando è arrivato il grande momento, poco prima di Natale, aveva sfoggiato sorrisi bellissimi. Lui era in carrozzella e la sua grande famiglia cinese e tutti i medici dell’hospice, compresa la primaria, erano lì per lui e trattenevano le lacrime per non intaccare la sua gioia. Lui diceva di essere felice, anche se sapeva che sarebbe morto presto. Zhang ha scelto per sé il nome di Angelo, perché gli avevano parlato degli angeli custodi e lui li sentiva vicini, sapeva che gli avrebbero tenuto la mano quando avrebbe dovuto lasciare questa terra.
Zhang non aveva ancora compiuto 13 anni ed è morto all’inizio di marzo all’ospedale pediatrico di Padova per un sarcoma alla gambe che lo affliggeva da quando ne aveva appena 6. Condivideva con la sua famiglia la fede buddista, ma da quando suo padre gli aveva regalato una Bibbia in mandarino le cose sono cambiate. Voleva saperne di più, e quando era ricoverato per le cure chiamava la suora francescana dei poveri che offre assistenza spirituale in corsia, Tania Alesci, e la interpellava. “Andai da lui a fine novembre, mi disse che aveva conosciuto Gesù attraverso la Bibbia. Era emozionato, gli brillavano gli occhi. Era poco più che un bambino e mi disse che finalmente aveva conosciuto una persona che poteva guarirlo, ma non dalle malattie bensì da qualcosa di più interiore. Faceva tante domande. Gli piacevano in particolare le parabole, ha voluto che gli spiegassi il Figliol prodigo. Stava in silenzio, chiudeva gli occhi e diceva solo: ok”.
Una mattina Zhang disse a suor Tania di aver sognato di essere vestito di bianco e di aver sentito Gesù che lo chiamava e lo accoglieva. Disse che nessun altro poteva risolvere il suo “problema”, cioè la malattia e la morte. “Ha voluto sapere tutto dell’episodio della vedova di Nain, a cui Gesù resuscitò il figlio”. Era la sua speranza nel percorso di una malattia che non ne dava affatto.
Zhang in breve ha deciso che voleva essere battezzato e la sua famiglia non si è opposta. Suor Tania è stata la sua madrina e padre Giuseppe Quaranta ha amministrato il sacramento all’hospice. “Era consapevole del fatto che non sarebbe guarito, ma era felice”, racconta. Padre Quaranta gli chiedeva: sei sicuro? E lui ripeteva sì. “Voglio diventare figlio di Dio e fratello di Gesù”, diceva. C’erano tutti: i suoi genitori, la sua sorellina minore, gli zii, gli infermieri e i dottori, tutti emozionati, anche i non credenti.
Aveva anche momenti di crisi, Angelo. Un giorno, davanti alla sua famiglia riunita al suo capezzale, chiese perché doveva essere proprio lui ad andarsene. Il padre gli rispose dolcemente: “Tu vai incontro al tuo Gesù”. “E’ vero”, ha risposto, e si è rasserenato. L’ultima settimana è stata straziante, il dolore fortissimo. Angelo è morto il 22 febbraio.
La decisione di celebrare per lui un funerale cattolico è stata presa dalla famiglia, con grande rispetto per la fede del ragazzino: a celebrarlo insieme a padre Quaranta, all’inizio di marzo, dopo diverse complicazioni burocratiche, è stato don Giorgio Ronzoni, pastore di una tra le più belle e antiche chiese di Padova, Santa Sofia. Don Giorgio ricorda quel giorno e ha voluto raccontarlo nel bollettino parrocchiale alla sua comunità. Al funerale è stato letto il Vangelo che parla di Lazzaro, e un parente ha ripreso il rito con un telefonino, trasmettendo il video ai familiari in Cina.
Ora Angelo è stato cremato e il suoi resti, che nei piano sarebbero stati destinati al Tempio buddista di Prato, riposano in un piccolo cimitero all’Arcella, vicino al luogo in cui morì Sant’Antonio da Padova, a fianco a un monastero e a un campo di calcio dove giocano i bambini. “Non ho voluto tenere questa storia solo per me”, scriveva don Giorgio Ronzoni ai suoi parrocchiani. “Perché a me ha insegnato molto”. Grazie, Angelo.