A Pisa, beata Chiara Gambacorti, che, ancora giovane, rimasta vedova del marito, su esortazione di santa Caterina da Siena, fondò qui il primo monastero domenicano di stretta osservanza e, perdonati gli assassini del padre e dei suoi fratelli, governò le consorelle con prudenza e carità.
La vita
Forse il suo nome originario è Teodora oppure Vittoria. Ma tutti la chiamano Tora. È nata nel potente casato mercantile dei Gambacorti o Gambacorta. Nata nel 1362 forse a Firenze. Ma non sappiamo con certezza dove si trovasse in quel momento la famiglia.
Già da bambina, Tora viene inclusa nei progetti politici e finanziari del padre, che nel 1374 la dà in sposa a un giovane di famiglia importante, Simone Massa: e lei ha dodici anni. Ma Simone muore tre anni dopo, sicché in casa Gambacorti c’è ora una vedova quindicenne.
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La quale però si nega risolutamente a ogni altro disegno matrimoniale del padre, perché vuole scegliersi un futuro seguendo i consigli di Caterina da Siena. L’ha incontrata a Pisa nel 1375, in primavera e poi in autunno. Più tardi, dopo la morte del marito, riceve sue lettere che la spingono a farsi suora. Anzi, già le danno suggerimenti pratici di comportamento quotidiano come religiosa: «E guarda che tu non perda il tempo tuo (…), ma sempre esercita il tempo o coll’orazione o colla lezione [lettura] o con fare alcuna cosa manuale, acciocché tu non cada nell’ozio». Su questa spinta, Tora decide di ritirarsi presso le monache Clarisse, ma non è ancora una di loro.
E non lo diventerà, perché la famiglia reagisce duramente alla sua iniziativa: i fratelli la portano via con la forza dal monastero, e per alcuni mesi la tengono in una sorta di prigionia domestica. Ma non serve. Ha deciso, e i suoi si rassegnano a vederla entrare nel monastero domenicano di Santa Croce. Qui Tora veste l’abito religioso e prende il nome di suor Chiara.
È il tempo in cui papa Gregorio XI, tallonato da Caterina, lascia Avignone per ritornare stabilmente in Roma (gennaio 1377). Pietro Gambacorti, padrone di Pisa, lo accoglie solennemente durante la sosta a Livorno. E intanto fa costruire in Pisa un monastero nuovo per la figlia, che sarà dedicato a san Domenico. Non solo: vorrebbe anche poter ricevere un’altra volta in città Caterina da Siena. Lei non può più accettare, è ammalata; ma trova il tempo di scrivergli, con belle parole di gratitudine. E con un avviso bene in chiaro: sappia il signore di Pisa che è tempo per lui di “correggere” vita e comportamenti: «Non indugiate, che il tempo è breve e il punto della mortene viene, che non ce n’avvediamo».
Caterina muore nel 1380. Dodici anni dopo c’è in Pisa un’altra congiura contro i Gambacorti, appoggiata dai Visconti di Milano: e Pietro viene assassinato con i figli Benedetto e Lorenzo.
Nel monastero, suor Chiara diventa madre abbadessa, e fa della sua comunità domenicana un centro di diffusione del movimento riformatore nell’Ordine. I beni dei Gambacorti le servono per farne anche un centro di accoglienza per ogni sorta di poveri. E un giorno battono alla sua porta la moglie e le figlie dell’uomo che ha ucciso suo padre e i suoi fratelli. E da quel momento il monastero di Chiara diventa anche la loro casa.
Per le sue monache, Chiara è già santa da viva. E nel giorno della morte 17 Aprile 1420, invece del Requiem, le loro voci intonano il Gloria. Il suo corpo si trova ancora nel suo monastero. Nel 1830, il pontefice Pio VIII ne ha confermato il culto comebeata.
Autore: Domenico Agasso