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Venerdì 19 Aprile 2019 LIVE TV h.21.05
Negli occhi chiari di suor Eugenia Bonetti si intravede una pace; la stessa che moltissime donne raccolte sulla strada hanno trovato grazie a lei che le ha liberate, riconoscendole come tante Veroniche di oggi. Nell’incontro con i giornalisti, la missionaria della Consolata ha raccontato la sua storia riflessa nelle meditazioni della Via Crucis al Colosseo nel giorno del Venerdì Santo.
Tutti siamo responsabili
Chiamata a questo compito dal cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, suor Eugenia ha subito risposto sì “anche perché un no – spiega sorridendo – non era contemplato”. Racconta che il suo sogno è che al Colosseo, luogo di sofferenze del passato, oggi si raccolgano i dolori di tante donne “senza volto, senza nome, senza speranza, trattate solo come usa e getta”. Per suor Eugenia tutti siamo chiamati alla responsabilità perché ci sono “enormi guadagni sulla pelle dei poveri, tutti – afferma – ci mangiano tranne loro”. “Non è lecito distruggere la vita di queste persone”.
La missione di suor Eugenia nelle strade
Raccontando di sé, suor Eugenia ricorda i suoi 24 anni in Kenya “tra i giovani che desiderano un futuro”; del suo rientro in Italia in un centro di ascolto per immigrati. “Io non volevo stare lì, il mio posto era in Africa”. Ma è l’incontro con Maria, una giovane prostituta, a cambiarle la vita. “La mia conversione passa nei singhiozzi di questa donna che era venuta a chiedere aiuto ma io non avevo tempo per ascoltarla perché iniziava la Messa. Mi ha accompagnato in chiesa, tutti mi guardavano perché era strano vedere una suora insieme ad una ragazza di strada. Mentre pregavo ho sentito il suo pianto, lei era uscita dalla Messa perdonata, io sconvolta tanto da non dormire la notte. Il Signore mi aveva indicato la via da seguire”. Da lì il suo impegno a salvare le donne che in tante riconoscono e chiamano “mamma”.
Mercy e le sue compagne
Nel suo racconto, suor Eugenia riporta storie dolorose come quella di tre ragazze bruciate da alcuni giovani che avevano lanciato del liquido da una macchina, oppure di Mercy, 15 anni, costretta dalla sua protettrice detta “mama” a non fermarsi mai mentre lei era vinta dal sonno. “Era buttata per strada come un fagotto – afferma la religiosa – e io mi chiedevo se l’avesse vista sua mamma che cosa avrebbe provato”. Ma tra i fili della disperazione c’è sempre spazio per la Resurrezione come quella di una giovane 19enne, incinta di 5 mesi, che nella bambina in grembo trova la sua rinascita. “Dopo qualche tempo, è stata battezzata in San Pietro da Giovanni Paolo II, in dono ha portato all’altare la sua bambina, la grazia più grande, il frutto del suo riscatto”.