Papa Francesco in Romania: rinsaldiamo la radici comuni della nostra identità cristiana
Preghiera del Padre Nostro nella nuova cattedrale ortodossa di Bucarest alla presenza del patriarca Daniel: “aiutaci, Padre, a prendere sul serio la vita del fratello”.
Michele Raviart – Città del Vaticano
Come fratelli Papa Francesco e il patriarca di Romania Daniel entrano nella nuova cattedrale ortodossa di Bucarest dedicata alla Salvezza del Popolo, inaugurata lo scorso novembre. Come fratelli percorrono la navata centrale fino all’altare per pregare il Padre Nostro, prima in latino e poi in romeno. Il patriarca Daniel ha ricordato il viaggio in Romania di San Giovanni Paolo II nel 1999, quando i lavori per la costruzione della cattedrale non erano ancora iniziati e ai quali il Papa contribuì con una donazione.
Non c’è “Padre” senza “nostro”
“La propria chiamata”, spiega il Papa prima della preghiera non è “completa senza quella del fratello”, come ricorda l’episodio evangelico di Andrea, patrono della Romania, e Pietro, chiamati da Gesù a lasciare le reti per diventare pescatori di uomini. In questo senso, continua Papa Francesco, la preghiera del Padre Nostro contiene la certezza della promessa fatta da Gesù ai suoi discepoli di non lasciarli orfani e “ci offre la fiducia per ricevere e accogliere il dono del fratello”.
Ogni volta che diciamo “Padre nostro” ribadiamo che la parola Padre non può essere senza dire “nostro”, non può stare senza dire “nostro”. Uniti nella preghiera di Gesù, ci uniamo anche nella sua esperienza di amore e di intercessione che ci porta a dire: Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro. È l’invito a che il “mio” si trasformi in nostro e il nostro si faccia preghiera. Aiutaci, Padre, a prendere sul serio la vita del fratello, a fare nostra la sua storia. Aiutaci a non giudicare il fratello per le sue azioni e i suoi limiti, ma ad accoglierlo prima di tutto come figlio tuo. Aiutaci a vincere la tentazione di sentirci figli maggiori, che a forza di stare al centro dimenticano il dono dell’altro.
Nel nome dei cristiani
Al Padre Nostro, che sei nei cieli, continua il Pontefice, “domandiamo quella concordia che in terra non abbiamo saputo custodire” in nome “di tanti fratelli e sorelle nella fede che insieme abitano il tuo Cielo dopo aver creduto, amato e molto sofferto, anche ai giorni nostri, peri il solo fatto di essere cristiani”. Come loro, infatti, noi vogliamo santificare il tuo nomemettendolo al centro di tutti i nostri interessi.
Quante volte, pregando, ci limitiamo a chiedere doni ed elencare richieste, dimenticando che la prima cosa è lodare il tuo nome, adorare la tua persona, per poi riconoscere nella persona del fratello che ci hai posto accanto il tuo riflesso vivente. In mezzo a tante cose che passano e per le quali ci affanniamo, aiutaci, Padre, a ricercare quello che resta: la presenza tua e del fratello.
Rinunciare ai bagliori del consumismo
Domandiamo e desideriamo poi, prosegue Papa Francesco, che venga il tuo regno, perché vediamo che le dinamiche del mondo, orientate dalle logiche del denaro, degli interessi, del potere, non lo assecondano”:
Mentre ci troviamo immersi in un consumismo sempre più sfrenato, che ammalia con bagliori luccicanti ma evanescenti, aiutaci, Padre, a credere in quello che preghiamo: a rinunciare alle comode sicurezze del potere, alle ingannevoli seduzioni della mondanità, alla vuota presunzione di crederci autosufficienti, all’ipocrisia di curare le apparenze. Così non perderemo di vista quel Regno al quale tu ci chiami.
.Il pane della memoria
Sia fatta la tua volontà, spingendoci come a Pentecoste, “ad annunciare la lieta notizia del Vangelo oltre i confini delle nostre appartenenze, delle lingue, delle culture, delle nazioni”. Ogni giorno, afferma il Papa, abbiamo bisogno di Lui, nostro pane quotidiano. Il “pane della vita”, “che ci fa sentire figli amati e sfama ogni nostra solitudine e orfanezza” e “Il pane del servizio”, che chiede a noi di servirci a vicenda, alimentando in noi la nostalgia del fratello”.
Chiedendo il pane quotidiano, Ti domandiamo anche il pane della memoria, la grazia di rinsaldare le radici comuni della nostra identità cristiana, radici indispensabili in un tempo in cui l’umanità, e le giovani generazioni in particolare, rischiano di sentirsi sradicate in mezzo a tante situazioni liquide, incapaci di fondare l’esistenza. Il pane che chiediamo, con la sua lunga storia che va dalla semina alla spiga, dal raccolto alla tavola, ispiri in noi il desiderio di essere pazienti coltivatori di comunione, che non si stancano di far germogliare semi di unità, di far lievitare il bene, di operare sempre accanto al fratello: senza sospetti e senza distanze, senza forzature e senza omologazioni, nella convivialità delle diversità riconciliate.
Un pane che è anche “il pane di cui tanti ogni giorno sono privi, mentre pochi hanno il superfluo”. Il Padre Nostro”, infatti, “è un grido di fronte alle carestie di amore del nostro tempo, di fronte all’individualismo e all’indifferenza che profanano il nome tuo”.
.Il bisogno di sfamare gli altri
Ogni volta che preghiamo, spiega ancora il Papa, dobbiamo “avere fame di donarci”. Per vivere, infatti, “non abbiamo bisogno di conservarci, ma di spezzarci; di condividere, non di accumulare; di sfamare gli altri più che riempire noi stessi, perché il benessere è tale solo se è di tutti”. Chiediamo che i nostri debiti siano rimessi e ci impegniamo a rimettere i debiti che gli alti hanno con noi, avendo la forza di perdonare di cuore il fratello, “di lasciarsi alle spalle il passato e di abbracciare insieme il presente”, non accontentandoci del quieto vivere e ricercando sempre, “con trasparenza e sincerità”, il volto del fratello.
E quando il male, accovacciato alla porta del cuore (cfr Gen 4,7), ci indurrà a chiuderci in noi stessi; quando la tentazione di isolarci si farà più forte, nascondendo la sostanza del peccato, che è distanza da Te e dal nostro prossimo, aiutaci ancora, Padre. Incoraggiaci a trovare nel fratello quel sostegno che Tu ci hai posto a fianco per camminare verso di Te, e ad avere insieme il coraggio di dire: “Padre nostro”
Al termine della preghiera Papa Francesco ha salutato le maggiori autorità civili e politiche della Romania, donando loro un rosario, e ha benedetto tutti i fedeli presenti.