SCANDALO DEL MOSE – La lezione del Patriarca Francesco Moraglia sulla tempesta che ha investito la classe dirigente della città e della Regione con arresti eccellenti, ipotesi di reato pesanti, echi mediatici rombanti, contraccolpi personali e sociali. Dall’invito a un esercizio responsabile della prudenza alla “ridefinizione delle priorità nella nostra vita individuale e collettiva, anche nella vita della nostra Chiesa”
La tempesta spaventa. È dell’uomo coraggioso, però, ricordarsi di mantenere la calma. E avere comportamenti adeguati è condizione indispensabile per affrontare le avversità e riconquistare il sereno. È la metafora che adopera il Patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, riflettendo sui fatti drammatici che da una settimana ormai scuotono Venezia. Arresti eccellenti, ipotesi di reato pesanti, echi mediatici rombanti, contraccolpi personali e sociali al limite del devastante…: sono alcuni degli ingredienti del cocktail sgradevolissimo che oggi rappresenta la vicenda veneziana, all’ombra del Mose e dei presunti loschi affari che hanno circondato questa grande opera salva-Venezia.
Intervistato da “Gente Veneta”, il suo settimanale diocesano, il Patriarca dice alcune cose importanti – tre, in particolare – che dovrebbero aiutare a superare meglio il dramma attuale. La prima va sotto il nome di prudenza. La storia dice che, ogniqualvolta ci si è trovati nel mezzo di una vicenda giudiziaria che porta in carcere dei potenti e ipotizza patti illeciti, si scatenano reazioni non sempre equilibrate né utili al bene comune. Reazioni di pancia, a volte perfino più perniciose delle scorrettezze che le hanno generate.
Quando un’indagine pone in campo ipotesi di accordi di potere e di uso indebito o illecito di grandi quantità di denaro pubblico, si rischia di lasciarsi prendere tutti, in coro, dall’indignazione e dal clamore. E la tentazione diventa quella di buttare a mare tutto.
Perciò – sottolinea il Patriarca – è bene che tutti evitino di ergersi a facili giudici di una situazione che è in divenire ed è opportuno riflettere con equilibrio. La prudenza, insomma, è una virtù, non un paravento. Ed è coraggioso, in certe circostanze, essere prudenti. Parlare e giudicare a ruota libera, spesso, è troppo facile. E sconfina malignamente nella chiacchiera. Lo stesso monsignor Moraglia, nell’intervista, ricorda quanto apprezzò, vent’anni fa, ai tempi di Tangentopoli, chi, fra i giudici, evitò di lasciarsi andare a troppe parole e disse che “i magistrati parlano con le sentenze”. Con le sentenze, punto e basta. Per evitare chiacchiere, appunto.
Fatta questa prima fondamentale premessa, però, nessuno vuole nascondersi. Anzi, la tempesta è occasione per accrescere le consapevolezze. Il secondo punto importante messo in campo dal vescovo di Venezia è perciò l’esame di coscienza. Un esame di coscienza che per protagonisti ha la città e la Chiesa di Venezia.
Degli errori, anche gravi, ci sono stati. Urge, quindi, un ripensamento perfino radicale del modo con cui si affronta la vita pubblica, la politica e anche l’impegno ecclesiale. “Non basta – sottolinea il Patriarca – parlare del valore della legalità. Bisogna parlare della giustizia e motivare, soprattutto di fronte ai giovani, le ragioni della giustizia”.
Terzo punto, infine: dall’esame di coscienza alla “ridefinizione delle priorità nella nostra vita individuale e collettiva, anche nella vita della nostra Chiesa”.
Le priorità sono la “scaletta” della nostra vita e delle nostre scelte. Ed è fisiologico aggiornarla nei trapassi tra una stagione l’altra: “Ci sono alcune priorità di fondo – dice il Patriarca a Gente Veneta – che rilevo sempre più urgenti ed essenziali da perseguire e che ho cercato di indicare fin dalla mia venuta a Venezia. Questa della cultura e dell’educazione non va sottovalutata ma una priorità è la formazione dei laici e un loro maggiore coinvolgimento. Aprirsi di più alla vera conoscenza della dottrina sociale della Chiesa è poi essenziale per orientarsi nell’interpretazione di quanto accade intorno a noi, nelle questioni del bene comune e della politica. Ma è una priorità vitale tendere una mano, specialmente in questa congiuntura di crisi economica, a chi soffre di più ed ecco il motivo della recente apertura della mensa-dormitorio di Marghera”.
Ecco, allora, che la tempesta Mose può trascolorare da tragedia a dramma. E il dramma è la dimensione di ogni vita di fede e in sé contiene anche l’accensione della speranza. Se questo percorso, indicato dal Patriarca, avrà un seguito, la convenienza (nel senso alto del termine) sarà per tutti. di Giorgio Malavasi – ”Gente Veneta”