Nessun cristiano si fa da sé, “in laboratorio”, perché si è cristiani in quanto appartenenti alla Chiesa, un popolo “che viene da lontano”. È il pensiero di fondo di Papa Francesco all’udienza generale di stamattina in Piazza S. Pietro, davanti a oltre 30 mila fedeli, l’ultima prima della pausa estiva del mese di luglio. Il Papa l’ha iniziata salutando, come di consueto da qualche settimana, le persone ammalate radunate in Aula Paolo VI al riparo dal caldo e, oggi in particolare, dalla pioggia che bagna Roma. “Loro – ha detto il Papa all’inizio, riferendosi agli ammalati – sono collegati con noi tramite il maxi schermo. E così siamo uniti nella stessa udienza. E tutti noi oggi pregheremo specialmente per loro, per le loro malattie”.
Quindi, la catechesi – la seconda del ciclo sulla Chiesa iniziato mercoledì scorso – si è concentrata sul senso di “appartenenza alla Chiesa”. Noi, ha detto Papa Francesco, “non siamo isolati e non siamo cristiani a titolo individuale, ognuno per conto proprio, no: la nostra identità cristiana è appartenenza! Siamo cristiani perché noi apparteniamo alla Chiesa. È come un cognome: se il nome è ‘sono cristiano’, il cognome è ‘appartengo alla Chiesa’”. E tale appartenenza, spiega, nasce dall’alleanza stretta da Dio Con Abramo, al quale per la sua fedeltà dona un grande popolo.
“Questa relazione di Dio con il suo popolo”, ha osservato, “precede a tutti noi, viene da quel tempo” e dunque, “in questo senso – ha affermato Papa Francesco – il pensiero va in primo luogo, con gratitudine, a coloro che ci hanno preceduto e che ci hanno accolto nella Chiesa. Nessuno – ha esclamato – diventa cristiano da sé! E’ chiaro questo? Nessuno diventa cristiano da sé. Non si fanno cristiani in laboratorio. Il cristiano è parte di un popolo che viene da lontano. Il cristiano appartiene a un popolo che si chiama Chiesa e questa Chiesa lo fa cristiano il giorno del Battesimo, si capisce, e poi nel percorso della catechesi e tante cose. Ma nessuno, nessuno, diventa cristiano da sé”.
“Se noi crediamo, se sappiamo pregare, se conosciamo il Signore e possiamo ascoltare la sua Parola, se lo sentiamo vicino e lo riconosciamo nei fratelli, è perché altri, prima di noi – ha sottolineato – hanno vissuto la fede e poi ce l’hanno trasmessa, la fede l’abbiamo ricevuta dai nostri padri, dai nostri antenati e loro ce l’hanno insegnata”. E qui il Papa ha rimarcato il ruolo dei genitori, di altri familiari che hanno saputo trasmettere la fede. “Io ricordo tanto sempre – ha confidato il Papa – il volto della suora che mi ha insegnato il catechismo e sempre mi viene – è in Cielo sicuro, perché è una santa donna – ma io la ricordo sempre e rendo grazie a Dio per questa suora – oppure il volto del parroco, di un altro prete, o di una suora, di un catechista, che ci ha trasmesso il contenuto della fede e ci ha fatto crescere come cristiani… Ecco, questa è la Chiesa: una grande famiglia, nella quale si viene accolti e si impara a vivere da credenti e da discepoli del Signore Gesù”.
Questo cammino, ha poi ribadito Papa Francesco, lo possiamo vivere non soltanto grazie ad altre persone, ma insieme ad altre persone. Nella Chiesa – ha detto a chiare note – non esiste il ‘fai da te’, non esistono ‘battitori liberi’. Quante volte Papa Benedetto ha descritto la Chiesa come un ‘noi’ ecclesiale! Talvolta capita di sentire qualcuno dire: ‘Io credo in Dio, credo in Gesù, ma la Chiesa non m’interessa…’. Quante volte abbiamo sentito questo? E questo non va”.
C’è, ha ricordato il Papa, “chi ritiene di poter avere un rapporto personale, diretto, immediato con Gesù Cristo al di fuori della comunione e della mediazione della Chiesa. Sono tentazioni pericolose e dannose. Sono, come diceva il grande Paolo VI, dicotomie assurde”. È vero, ha riconosciuto, “che camminare insieme è impegnativo, e a volte può risultare faticoso: può succedere che qualche fratello o qualche sorella ci faccia problema, o ci dia scandalo… Ma il Signore ha affidato il suo messaggio di salvezza a delle persone umane, a tutti noi, a dei testimoni; ed è nei nostri fratelli e nelle nostre sorelle, con i loro doni e i loro limiti, che ci viene incontro e si fa riconoscere. E questo significa appartenere alla Chiesa”.
Dunque, ha terminato Papa Francesco, “non si può amare Dio senza amare i fratelli, non si può amare Dio fuori della Chiesa; non si può essere in comunione con Dio senza esserlo nella Chiesa e non possiamo essere buoni cristiani se non insieme a tutti coloro che cercano di seguire il Signore Gesù, come un unico popolo, un unico corpo. E questo è la Chiesa”.
Presenza insolita, oggi, nell’ultima udienza generale prima della pausa estiva. Alla fine del giro della piazza sulla “papamobile”, nell’ultimo tratto che il Papa percorre a piedi per raggiungere il palco al centro del sagrato della basilica di San Pietro, gli si è avvicinato un uomo in maglietta e cappellino giallo, con in braccio uno dei “cani guida” dei Lions, presenti oggi in piazza.
L’uomo ha spiegato a Francesco le mansioni del cane, e il Papa ha commentato: “Fate un bel lavoro”. A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana