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San Josemaria Escrivà: il fondatore dell’Opus Dei

Oggi è il suo compleanno in cielo: il 9 gennaio del 1902 è nato a Barbastro, in Spagna, san Josemaría Escrivá, fondatore dell’Opus Dei, canonizzato da Giovanni Paolo II il 6 ottobre del 2002.

Il 2 ottobre del 1928 San Josemaría Escrivá fonderà l’Opus Dei

Josemaría era secondogenito di sei figli. Il padre José, mercante di tessuti, e la madre Dolores, casalinga, impartirono una vivida educazione cristiana ai loro figli. La loro vita fu costellata da una serie di disgrazie: a due anni Josemaría fu sul punto di morire a causa di un’infezione, e dal 1910 in avanti tre delle sue sorelle morirono una dopo l’altra. Nel 1915 la famiglia si trasferì per seguire l’attività lavorativa del padre José nella cittadina di Logroño ma il padre perse poi il lavoro e dopo poco si ammalò gravemente. Fu qui che Josemaría ebbe i primi richiami vocazionali. Fra i 15 e i 16 anni Josemaría decise di farsi sacerdote. “A convincermi fu un dettaglio apparentemente insignificante: un giorno d’inverno del 1918 mi cadde lo sguardo sulle orme che due piedi scalzi avevano lasciato nella neve. Capii che erano le impronte di uno dei frati carmelitani da poco giunti in città”. Nel 1918 iniziò gli studi ecclesiastici nel Seminario di Logroño, e dal 1920 li proseguì nel Seminario San Francesco da Paola, a Saragozza, dove dal 1922 svolse mansioni di “Superiore”. Nel 1923 iniziò gli studi di legge nell’Università di Saragozza, con il permesso dell’autorità ecclesiastica, senza che ciò ostacolasse gli studi teologici. Ricevette il diaconato il 20 dicembre 1924, e fu ordinato sacerdote il 28 marzo 1925. Iniziò il ministero sacerdotale nella parrocchia di Perdiguera – nell’arcidiocesi di Saragozza – continuandolo poi nella stessa Saragozza. Nella primavera del 1927, sempre col permesso dell’arcivescovo, si trasferì a Madrid, dove lavorò anche per sostenere i poveri e malati delle borgate, specie agli incurabili e ai moribondi negli ospedali. Divenne cappellano del Patronato per i malati, iniziativa assistenziale delle Dame Apostoliche del Sacro Cuore, e fu docente in un’accademia universitaria. Frattanto continuava gli studi e i corsi di dottorato in legge, che a quell’epoca si tenevano solo nell’Università di Madrid.

Il 2 ottobre 1928 Escrivá fondò l’Opus Dei. Il 14 febbraio 1930 iniziò l’apostolato dell’Opus Dei con le donne. Si apriva così quella che alcuni vedono come una “nuova via” per la Chiesa cattolica, finalizzata a promuovere, fra persone di ogni ceto sociale, la ricerca della santità e l’esercizio dell’apostolato attraverso la “santificazione” del lavoro. Nel 1934 fu nominato rettore del Patronato di Santa Elisabetta. Durante la guerra civile spagnola svolse il suo ministero sacerdotale dapprima a Madrid e quindi a Burgos; in varie fasi della guerra fu costretto per salvarsi la vita a dissimulare la sua condizione clericale nascondendosi in sedi diplomatiche e manicomi, al fine di sfuggire all’attività di ricerca svolta nei suoi confronti da membri del fronte popolare che operava omicidi sommari a danno di religiosi e si batteva contro i nazionalisti anti-governativi e conservatori di Francisco Franco. Del resto, già allora Escrivá ebbe per lungo tempo forti opposizioni, in particolare a causa della sua presunta vicinanza agli ambienti politici del nascente governo di Francisco Franco, che dell’appoggio alla chiesa e del ripristino del suo ruolo dominante nella società spagnola aveva fatto la sua bandiera. Tale vicinanza politica sembrerebbe però smentita dal fatto che diversi membri dell’Opus Dei furono esiliati o incarcerati a causa della loro contrarietà al regime franchista: Rafael Calvo Serer, proprietario del giornale “Madrid”, chiuso dalla censura franchista, che fu costretto all’esilio in Francia, o Manuel Fernández Areal, incarcerato per alcuni articoli critici nei confronti del regime franchista, pubblicati nel «Diario Regional de Valladolid».

Il 14 febbraio 1943 fondò la Società sacerdotale della Santa Croce, inseparabilmente unita all’Opus Dei, che, oltre a permettere l’ordinazione sacerdotale di membri laici dell’Opus Dei e la loro incardinazione al servizio dell’Opera, avrebbe più tardi consentito pure ai sacerdoti incardinati nelle diocesi di condividere la spiritualità e l’ascetica dell’Opus Dei, cercando la santità nell’esercizio dei doveri ministeriali, pur restando alle esclusive dipendenze del rispettivo ordinario diocesano. Nel 1946 si trasferì a Roma, dove rimase fino alla morte. Da Roma stimolò e guidò la diffusione dell’Opus Dei in tutto il mondo, prodigandosi per dare agli uomini e alle donne dell’Opera una solida formazione dottrinale, ascetica e apostolica. Alla morte di Escrivá l’Opus Dei contava più di 60.000 membri, di 80 nazionalità. Escrivá fu consultore della Pontificia Commissione per l’interpretazione autentica del Codice di Diritto canonico e della Sacra Congregazione per i Seminari e le Università; prelato d’onore di Sua Santità e membro onorario della Pontificia Accademia teologica romana, è stato anche gran cancelliere delle Università di Navarra (Spagna) e Piura (Perù).

Josemaría Escrivá morì il 26 giugno 1975. A succedergli nel governo dell’Opus Dei, il 15 settembre 1975 fu eletto all’unanimità Álvaro del Portillo, che per molti anni era stato il suo più stretto collaboratore. La fama di santità, che già avrebbe avuto in vita presso i suoi seguaci, dopo la sua morte ha continuato a diffondersi tra i cattolici di molti paesi, come dimostrano le molte testimonianze di “favori spirituali e materiali” attribuiti all’intercessione del fondatore dell’Opus Dei; fra di essi si registrano anche presunte guarigioni miracolose. Numerosissime sono anche state le lettere di testimonianza, fra le quali si annoverano quelle di 69 cardinali e di circa 1.300 vescovi che chiedevano al Papa l’apertura della causa di beatificazione e canonizzazione di Josemaría Escrivá. La Congregazione delle Cause dei Santi ha concesso il 30 gennaio 1981 il nihil obstat per l’apertura della causa, e papa Giovanni Paolo II lo ha ratificato il 5 febbraio 1981.

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Tra il 1981 e il 1986 si svolsero due processi cognizionali, a Roma e a Madrid, sulla vita e le virtù di Escrivá. Esaminati i risultati dei due processi, e accogliendo i pareri favorevoli del congresso dei consultori teologi e della commissione di cardinali e vescovi membri della Congregazione delle Cause dei Santi, il 9 aprile 1990 Giovanni Paolo II dichiarò l’eroicità delle virtù di monsignor Escrivá, che pertanto ricevette il titolo di Venerabile. Il 6 luglio 1991 il Papa ordinò la promulgazione del decreto che dichiarava il carattere miracoloso di una guarigione dovuta all’intercessione di Escrivá, atto con il quale si concluse l’iter di beatificazione del fondatore dell’Opus Dei; la stessa fu celebrata il 17 maggio 1992, nel corso di una cerimonia presieduta da Giovanni Paolo II in piazza San Pietro. Una volta conclusisi tutti gli iter previsti dal diritto canonico Escrivá è stato infine canonizzato da Giovanni Paolo II nel corso di una solenne Celebrazione tenutasi il 6 ottobre 2002 alla presenza di politici, 400 vescovi e circa 300 000 pellegrini provenienti da tutto il mondo. Dal 21 maggio 1992 il corpo di Escrivá si trova nell’altare della chiesa prelatizia di Santa Maria della Pace, nella sede centrale della prelatura dell’Opus Dei.

Il miracolo-. La radiodermite è una malattia causata dall’esposizione prolungata ai raggi X, e si evolve fino a provocare la comparsa di un cancro cutaneo. Attualmente le uniche terapie sono di tipo chirurgico, e nella letteratura medica non sono segnalate guarigioni spontanee. Il dottor Nevado, spagnolo, nato nel 1932, è un traumatologo, e dal 1956 cominciò a esporre le mani ai raggi X a causa della sua professione. I primi sintomi di radiodermite risalgono al 1962; nel 1984 dovette limitare l’attività, per interromperla poi nell’estate del 1992, senza sottoporsi nel frattempo a terapie. Nel novembre del 1992 cominciò a raccomandarsi all’intercessione del fondatore dell’Opus Dei, beatificato il 17 maggio dello stesso anno. Le lesioni alle mani iniziarono a migliorare, per sparire del tutto nel giro di quindici giorni. Dopo la completa guarigione, nel gennaio del 1993 il dottor Nevado riprese la sua attività. Dopo il processo canonico, svoltosi nella competente arcidiocesi di Badajoz e conclusosi nel 1994, la Consulta medica della Congregazione per le Cause dei Santi, nella seduta del 10 luglio 1997, diagnosticò la “cancerizzazione di radiodermite cronica grave al 3º stadio, in fase d’irreversibilità.”, e dichiarò la guarigione, confermata dagli esami del 1992, 1994 e 1997 “molto rapida, completa e duratura, scientificamente inspiegabile.” Il 9 gennaio 1998 il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi ha dichiarato la guarigione miracolosa, e da attribuire all’intercessione del beato Josemaría Escrivá, giudizio confermato dalla Congregazione Ordinaria dei Cardinali e dei Vescovi il 21 settembre 2001. Il decreto sul miracolo è stato promulgato il 20 dicembre 2001, alla presenza di Giovanni Paolo II, che ha proceduto alla canonizzazione il 6 ottobre 2002.

Il 23 giugno 2006 si sono compiuti 60 anni dall’arrivo del fondatore dell’Opus Dei a Roma. Questo anniversario mette in evidenza molti aspetti della vita di san Josemaría: l’abbandono nelle mani di Dio e la fortezza eroica per compiere la sua Volontà; la fiducia nella Chiesa e il suo amore per il Papa; i sogni di espansione apostolica – che parevano impossibili – e l’anelito di romanità: un cuore universale, cattolico, appoggiato sul fondamento visibile dell’unità della Chiesa, che è Pietro. Una volta domandarono a san Josemaría quando aveva pensato per la prima volta di andare a Roma, e la sua risposta fu concisa e chiara: Non ho mai pensato di venire a Roma. Sono dovuto venire a Roma, perché l’Opus Dei nacque romana. In altre occasioni spiegava più dettagliatamente il senso della romanità della Chiesa, della quale partecipa l’Opus Dei. Per me, romana è sinonimo di Cattolica, Universale ed Ecumenica, commentava nel 1964 durante un incontro. E alcuni anni più tardi, scriveva: Venero con tutte le mie forze la Roma di Pietro e Paolo, bagnata dal sangue dei martiri, centro da cui tanti sono usciti per propagare nel mondo intero la parola salvifica di Cristo. Essere romano non significa nessuna forma di particolarismo, ma di ecumenismo autentico; presuppone il desiderio di ingrandire il cuore, di aprirlo a tutti con le ansie redentrici di Cristo, che cerca tutti e accoglie tutti, perché per primo ha amato tutti. La Chiesa di Cristo è romana, perché la Provvidenza divina ha disposto che a Roma ci fosse la sede di Pietro, fonte di unità e garanzia per trasmettere il deposito della fede rivelata. E’logico, pertanto, che i cristiani vogliano romanizzarsi sempre più, perché in ognuno si compia quello che san Josemaría augurava ad alcuni dei suoi figli appena arrivati nell’Urbe: Roma vi lascerà una impronta nell’anima, un segno profondo e duraturo, se avrete fatto buon uso del tempo. E saprete essere figli più fedeli alla Chiesa, e avere un amore più soprannaturale al Santo Padre. a cura della

Redazione Papaboys

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