“La maternità surrogata ha successotra le donne più povere perché rappresenta soldi facili, disponibili con poco sforzo. Ma è una pratica che va contro la dignità umana, alla quale ci opponiamo con fermezza”. A parlare è mons. Thomas Ignatius Macwan, vescovo di Ahmedabad, in Gujarat. Nella sua diocesi ad Anand -riferisce una nota di asianews-, ha sede la Akankasha Infertility Clinic: sulla carta è una clinica per l’infertilità; in realtà è il centro più famoso dell’India per la maternità surrogata, utilizzato da coppie di tutto il mondo che non riescono ad avere figli. Fondato nel 1999 dalla dott.ssa Nayana Patel, la struttura mette a disposizione due ostelli per ospitare quelle donne che accettano di “affittare” il proprio utero per impiantarvi l’embrione di una coppia sterile, e portare avanti la gravidanza al loro posto. Per tutti i nove mesi le madri surrogate vengono alimentate in modo appropriato e tenute sotto stretto controllo medico. Le pazienti devono avere tra i 21 e i 35 anni, essere originarie del Gujarat e non possono affrontare più di tre maternità surrogate. Nel caso in cui siano sposate, ci deve essere il consenso firmato del marito. Anche i clienti devono rispettare alcune regole: devono essere sposati e non possono scegliere “l’utero in affitto” in base alla sua casta o religione.
Mons. Macwan spiega:“Questa clinica usa donne che provengono da situazioni molto povere. Alcune di loro sono cattoliche e con la diocesi facciamo di tutto per aiutarle a non ricorrere a questa pratica. Io stesso ho detto ad alcune più volte: ‘Se siete in difficoltà, noi siamo pronti ad aiutarvi. Ma non ricorrete alla surrogazione di maternità’. Perché questa pratica è contro i valori umani”. Per una gravidanza surrogata la donna viene pagata circa 400mila rupie (4.800 euro): appena un quarto di quanto devono pagare i “futuri genitori”. Attraverso il Dipartimento dei social media, sottolinea il presule, “abbiamo tenuto corsi per sensibilizzare la popolazione sull’aborto e sulla surrogazione di maternità, spiegando che si tratta di azioni sbagliate. Abbiamo chiesto a tutte le parrocchie di mettersi in contatto con queste donne per aiutarle e consigliarle, ma la realtà è che un buon numero di loro sceglie comunque quella strada. Alcuni di noi hanno parlato anche con la dottoressa, ma lei sostiene di non fare nulla di sbagliato”. Quella di Ahmedabad è la più piccola delle quattro diocesi del Gujarat, ma la più popolosa dal punto di vista religioso: oltre 70mila cattolici, su 10 milioni di persone. a cura di Ornella Felici