Il direttore spirituale è un padre che aiuta a discernere l’azione dello Spirito e a rispondervi in pienezza, per compiere un cammino di piena maturità cristiana. Il padre spirituale è “collaboratore di Dio” (1 Cor 3,9). Per direzione spirituale s’intende l’arte di condurre le anime progressivamente dagli inizi della vita spirituale fino al una vita cristiana profonda e piena. Il padre spirituale è indispensabile aiuto, come insegna la tradizione dei santi, in ogni cammino di santità.
IMPORTANZA E NECESSITÀ
Sull’Osservatore Romano è stato pubblicato un bell’articolo sulla direzione spirituale, in cui viene riportata una affermazione di Pio XII:
« “Viene opportuna un’altra raccomandazione: che nel cammino della vita spirituale non vi fidiate troppo di voi stessi, ma con semplicità e docilità prendiate consiglio e domandiate aiuto a chi con saggia direzione può guidare l’anima vostra, prevenirvi nei pericoli che potete incontrare, suggerirvi rimedi idonei, e in tutte le difficoltà interne ed esterne vi può condurre rettamente ad avviarvi a quella perfezione ogni giorno maggiore, alla quale v’invitano con insistenza gli esempi dei santi del cielo e i sicuri maestri dell’ascetica cristiana. Senza questa prudente guida della coscienza, in via ordinaria, è assai difficile assecondare convenientemente gli impulsi dello Spirito Santo e delle grazie divine”. Della direzione spirituale parla il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 2690)» (Oss. Rom., 13 giugno 2004, p. 5). Nella Novo Millennio Ineunte il Papa afferma che tutta la pastorale deve porsi nella prospettiva della santità, che è “ora di proporre a tutti con convinzione questa “misura alta” della vita cristiana ordinaria” che “i percorsi di santità esigono una vera e propriapedagogia della santità” e all’interno di questa pedagogia egli accenna alle forme tradizionali di aiuto personale, tra cui la direzione spirituale (cfr. N.M.I., n. 31). Secondo la testimonianza della tradizione, la direzione spirituale è normalmente necessaria per raggiungere la perfezione. S. Vincenzo Ferreri non esitò a scrivere nel suo Trattato della vita spirituale le seguenti parole: “Gesù Cristo non darà mai la sua grazia, senza la quale non possiamo fare nulla, a chi, avendo a disposizione un uomo capace di istruirlo e dirigerlo, disprezza questo aiuto persuaso che basterà a se stesso e che troverà da solo tutto quello che è utile alla sua salvezza”. La Chiesa ha sempre raccomandato l’obbedienza ad un sapiente e sperimentato direttore.
Il Papa Leone XIII, in una lettera al Card. Gibbons, affermava chiaramente che questo è quanto fu sempre praticato dai santi di tutti i tempi e che sono temerari coloro i quali respingono questa dottrina. Sin dai tempi apostolici infatti appare nella Chiesa la pratica della direzione spirituale. Nessuno è buon giudice in causa propria anche presupponendo la massima, sincerità e buona fede.
L’ORIENTE ED IL PADRE SPIRITUALE
L’Oriente cristiano sottolinea con forza il convincimento che il cammino spirituale ha bisogno di accompagnamento. Il padre spirituale, lo starets, come viene chiamato in Russia, è colui che aiuta i fratelli nel viaggio della preghiera e della santità: un cammino che necessita di discernimento, perché conduce là dove il mistero di Dio si fa più fitto e avvolgente. Così si esprime Silvano del monte Athos (1866-1938): “Colui che vuole pregare incessantemente deve essere sobrio in tutto e obbediente allo starets che lui serve; deve confidarsi con fiducia al suo padre spirituale pensare che in lui vive lo Spirito Santo e solo allora non avrà nei suoi confronti cattivi pensieri. Un uomo simile a motivo della sua santa obbedienza sarà istruito dalla grazia e progredirà nella umiltà di Cristo. Ma se egli pensa: “Non ho bisogno di consigli” e così abbandona l’obbedienza diventerà irascibile e non solo non progredirà ma perderà anche la preghiera”. Gli staretz russi e Silvano del Monte Athos, invitano l’orante alla lettura pregata della Sacra Scrittura e dei Padri della Chiesa, ad una assidua vita sacramentale, alla pratica dei comandamenti, ai semplici consigli del confessore.
LO STARETZ: LA PATERNITÀ SPIRITUALE NEL MONACHESIMO RUSSO
“La parola russa starec indica letteralmente “anziano, vecchio”. Ma nel contesto monastico assume una caratteristica ben precisa: lo starec è quel monaco che ha raggiunto una “maturità” spirituale sperimentata nell’arte ascetica e nella preghiera, capace di guidare altri nella vita che conduce alla pace di Cristo. La tradizione dello starec russo trova le sue più profonde radici nella figura del pater pneumatikos del monachesimo del deserto (l’ “abba” degli apoftegmatha Patrum), arricchita dall’esperienza dei monachesimo cenobita (soprattutto Teodoro Studita) e dalla spiritualità dell’esicasmo. Dunque lo starec esercita quella dimensione della vita monastica che è la “paternità spirituale”. La sua vita interiore intensa, vissuta in una ascesi evangelica e in una dimensione orante, lo riempie dei doni dello Spirito santo. Nello starec russo sono presenti tutti gli aspetti della tradizionale paternità spirituale: capacità di ascolto e di discernimento degli spiriti, dono della prescienza profetica, sentimento di responsabilità davanti a Dio per i suoi figli spirituali, discrezione. Ma forse il tratto dominante nello starec russo è la compassione, la dolcezza, la tenerezza che rese simile questo monaco al Cristo che soffre per gli altri. Questo ministero non rimane chiuso entro le mura del monastero. Questi monaci non furono separati dal mondo, dai suoi dolori, dalle sue necessità; le porte delle loro celle furono sempre aperte a tutti coloro che nel dubbio, nella sofferenza, nel loro cammino spirituale, chiedevano aiuto. Uomini e donne di ogni ceto sociale, contadini o intellettuali, ricchi o poveri, trovavano in questi monaci la luce non solo per la loro vita spirituale, ma anche per i problemi e gli impegni quotidiani. Nella tradizione orientale, la funzione dello starec, del pater pneumatikos, è in rapporto innanzitutto a coloro che vivono l’esperienza monastica, con coloro che sono agli inizi del loro cammino ascetico e spirituale: è un rapporto vitale che si manifesta attraverso consigli, insegnamenti, esortazioni.
ALCUNI TRATTI DELLO STAREC RUSSO
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Anzitutto la paternità spirituale degli starcy appare come una “diakonia” nella carità. La misericordia e la compassione, unite alla pazienza, alla mitezza, all’umiltà sono i tratti essenziali che emergono dal modo con cui questi monaci accostano la gente, con cui la guidano.
Vi è un secondo aspetto del ministero degli starcy, ed è quello che meglio delinea il loro ruolo: esso si presenta come una “diakonia” dello Spirito. È un servizio non esteriore, che mira a cambiare strutture, situazioni, contraddizioni; ma interiore, spirituale, rivolto al cuore dell’uomo. Ecco, in breve, un buon programma per formare un buon padre spirituale: Parola di Dio e Padri della Chiesa; esperienza personale; purificazione interiore; consiglio dei fratelli” (Adalberto Piovano, Il molo del monachesimo nella storia del popolo e della chiesa russa).
1) IL PADRE SPIRITUALE METTE A CONTATTO CON TUTTA LA TRADIZIONE VIVA DELLA CHIESA
Non certo con la sua interpretazione riduttiva del cristianesimo, adattata o ritagliata sui gusti di correnti teologiche non autentiche oppure sottomessa a gruppi e movimenti la cui prospettiva è necessariamente limitata (cfr. Le aggregazioni laicali nella Chiesa). 2) Il padre spirituale aiuta a vivere la docilità allo Spirito nella Chiesa, non alle tecniche (cfr. Congr. per la dottrina della fede, Alcuni aspetti della Meditazione cristiana, 1989). 3) Bisogna fare un cammino spirituale, non confonderlo con la psicanalisi o la psicoterapia. Il padre spirituale educa alla mentalità di fede, alla prospettiva di fede, non deve mai ridursi a semplice “fotocopia” di tecniche psicologiche.
Non sia intruppato o troppo suggestionato o condizionato da interventi politici diretti, oppure sia troppo intruppato, “imbavagliato” e suggestionato da nessun gruppo, movimento o associazione: deve essere in una condizione tale di libertà da poter correggere – eventualmente – anche il gruppo che gli sta più vicino.
IL DIRETTORE SPIRITUALE –CARATTERISTICHE GENERALI
1 – Deve essere inviato da Dio, cioè incaricato ufficialmente di questa missione da parte della Chiesa. Bisogna chiedere nella preghiera che sia il Signore ad inviarci ed indicarci il Padre spirituale che Lui ha scelto per noi. Bisogna chiedere a Dio nell’orazione le luci necessarie per poter fare una buona scelta, in una cosa tanto importante.
2 – Per quanto riguarda la missione particolare, deve farla per obbedire a Dio e non per gratificazione personale: deve essere riluttante piuttosto che eccessivamente desideroso di assumersi questa responsabilità, lo deve fare come una croce sopportata e accettata per amore.
Diffidate di quelli che si propongono con facile entusiasmo come direttori spirituali, soprattutto alle ragazze. 3 – Così come Mosè, il vero padre spirituale, non sa dove Dio ti vuole portare: il suo compito è di discernimento e annuncio della volontà di Dio nei tuoi confronti. Più che una guida è uno strumento, un tramite.
4 – Deve saper essere – all’occorrenza – anche duro e non transigere su certi punti fondamentali per paura di perderti: chi ti dà sempre ragione non ti ama. Davanti a Dio intercede per te, ma davanti a te sa essere fermo. 5 – Deve dare i segni del vero profeta, cioè le cose che dice funzionano e accadono sul serio. 6 – Deve essere in consonanza con ciò che dice la Chiesa, ti deve annunciare la Parola di Dio così come la Chiesa la comprende e non come lui la pensa soggettivamente. Deve amare la Chiesa anche nella sua componente gerarchica, non deve essere polemico verso di essa o porsi in alternativa. 7 –Deve essere come Giovanni Battista: “Cristo deve crescere e lui diminuire”. Non deve tendere a legarti a sé ma a renderti sempre più maturo. Non ci devono essere gelosie di nessun tipo. 8 – Deve fare questo servizio gratis, senza volere niente da te, non deve avere alcun interesse. Il fatto che tu gli possa essere utile in qualche modo (catechismo, vocazione…) non deve assolutamente influire su quello che ti consiglia. Deve cercare sinceramente la volontà di Dio su di te e non perseguire qualche suo fine, fosse anche il migliore e il più santo. Deve educare alla verità, deve trasmettere la “parola della fede, non mutilata, non falsificata, non diminuita, ma completa ed integrale, in tutto il suo rigore e in tutto il suo vigore” (Giovanni Paolo II, Catechesi tradendae, n. 30). Deve educare a cercare e seguire sempre la Verità, e non ad essere schiavi solo della propria sensibilità, solo delle proprie sensazioni, solo delle proprie impressioni.
SCELTA DEL DIRETTORE.
1) Esaminare chi è adorno di maggior prudenza, bontà e carità tra tutti i sacerdoti che possiamo scegliere liberamente. 2) Evitare che in questa elezione vi prendano parte le simpatie naturali o, almeno, che esse siano le uniche a decidere. 3) Non proporre subito al Sacerdote scelto che sia il nostro direttore. Conviene prima verificare che effettivamente questa scelta sia volontà di Dio. 4) A parità di circostanze, eleggere il più santo per i casi ordinari e il più sapiente per quelli straordinari, come si deduce dalla dottrina di S. Teresa.
Proponiamo qui il “corredo” spirituale di colui che potrebbe essere un buon padre spirituale: “Buona esperienza parrocchiale; uomo di grande preghiera e vita interiore; assetato della Parola di Dio e della sua diffusione; centralità dell’Eucaristia nella vita e nei pensieri; amore ardente alla Madonna; catechista dei catechisti; appassionato e promotore di un’autentica Liturgia; grande apertura di cuore alla carità e alla sollecitudine per tutti i bisognosi; notevole zelo per la conversione delle anime, accompagnata da buone qualità pastorali e missionarie, vita profonda di penitenza evangelica. Testimonianza piena di un’autentica identità sacerdotale, com’è delineata dalla “Presbyterorum ordinis” e quindi niente preti affannati, intruppati e… intrappolati in prima persona e direttamente in politica e niente preti intruppati, imbavagliati o… intrappolati da gruppi, movimenti e associazioni”.
CHI PUÒ ESSERE LA GUIDA SPIRITUALE?
Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri: “Parallelamente al Sacramento della Riconciliazione, il presbitero non mancherà di esercitare il ministero della “direzione spirituale”. La riscoperta e la diffusione di questa pratica, anche in momenti diversi dall’amministrazione della Penitenza, è un grande beneficio per la Chiesa nel tempo presente. L’atteggiamento generoso e attivo dei presbiteri nel praticarla costituisce anche un’occasione importante per individuare e sostenere le vocazioni al sacerdozio e alle varie forme di vita consacrata. Per contribuire al miglioramento della loro spiritualità è necessario che i presbiteri pratichino essi stessi la direzione spirituale. Ponendo nelle mani di un saggio confratello la formazione della loro anima, matureranno la coscienza, fin dai primi passi del ministero, dell’importanza di non camminare da soli per le vie della vita spirituale e dell’impegno pastorale. Nel far uso di questo efficace mezzo di formazione, tanto sperimentato nella Chiesa, i presbiteri avranno piena libertà nella scelta della persona che li deve guidare” (Congregazione per il Clero, n. 54).
Il ruolo del sacerdote, anche nella direzione spirituale, è originale, insostituibile, unico. Non si può sostenere o pensare – in questo campo – che il prete sia sostituibile o intercambiabile con un laico. Non si può sostenere cioè che, in questo campo, – o l’uno o l’altro – “pari sia”!
Ordinariamente il padre spirituale deve essere un sacerdote, per i seguenti motivi: 1) a lui è riservato l’ufficio di guida, di pastore della comunità (Direttorio, n. 55); a lui è riservato il ruolo di Maestro della Parola, Ministro dei Sacramenti e guida della comunità (Documento della Congregazione per il Clero, 19 marzo 1999); 2) per l’intima connessione – alle volte fusione – con l’ufficio di confessore, che solo il sacerdote possiede; 3) per la migliore preparazione teorica e pratica che ordinariamente il sacerdote riceve per dirigere le anime; 4) per la grazia di stato sacerdotale; 5) per la pratica della Chiesa, che proibisce a chi non è sacerdote d’intromettersi nelle anime – ancorché si tratti di superiori religiosi – ammaestrata dagli inconvenienti che facilmente potrebbero derivarne. In via eccezionale, però, si potrebbe ammettere, in qualche caso, la direzione di una persona prudente e sperimentata non rivestita del carattere sacerdotale. Non mancano esempi non solo tra i padri del deserto e i primi abati benedettini, che non erano sacerdoti, ma anche in epoche più recenti. Basti ricordare S. Francesco di Assisi e S. Ignazio di Loyola prima del 1537. Non mancano persino esempi di direzione spirituale esercitata da donne, come S. Caterina da Siena e S. Teresa di Gesù. Si trattava, però, di religiosi, che hanno professato dei voti, che vivono una regola religiosa, che obbediscono ad un superiore oppure sono loro stessi superiori di un convento. Gli staretz erano monaci. Per i Padri del deserto, si trattava di persone che compivano e vivevano costantemente, scelte radicali, forti, esemplari. Insomma si trattava di persone che offrivano grandi garanzie di spiritualità e di maturità cristiana. Solo straordinariamente – e a certe condizioni – potrebbe essere anche un laico purché abbia un mandato dall’ordinario del luogo, cioè un esplicito riconoscimento o autorizzazione, dopo aver verificato una particolare maturità, ricchezza di cammino spirituale o vera competenza.
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In un certo senso, ogni volta che un fratello aiuta un altro a fare scelte spirituali corrette oppure lo aiuta a superare una difficoltà spirituale è stato per lui come un… padre spirituale.Ma la qualifica di padre spirituale, propriamente detta, e soprattutto l’ufficio della direzione spirituale, deve essere riservata solo a coloro – ordinariamente sacerdoti – che ne hanno il mandato ufficiale.
VERI E FALSI CARISMATICI
Invitiamo tutti a diffidare di laici che – evidentemente in preda ad autoesaltazione – si autopropongono o autoproclamano “padri spirituali”, senza aver comunione con i legittimi pastori della Chiesa o peggio contro di loro. Vi invitiamo a diffidare, soprattutto, di autoproclamatisi super carismatici, con poteri speciali, non verificati da nessuno, che non hanno nessun riferimento sacerdotale e che sono ostili e insofferenti ad ogni accertamento da parte della Chiesa. Diffidate di coloro che ostentano a tutti i costi i loro presunti “doni” o che fanno di tutto perché la gente sappia della loro straordinarietà. Spesso queste persone, ingannate loro stesse, ingannano altri; preda loro stesse di illusioni, illudono altri; devianti loro stesse, spingono altri alle più svariate deviazioni.
DISCERNIMENTO E VISIONI
Quando incontra persone che si mettono a parlargli delle proprie visioni, il padre spirituale si preoccupa in primo luogo di individuarne correttamente la fonte, per discernere se siano davvero visioni mandate dall’alto oppure solo il parto di una fantasia esaltata o malata.
Quando il padre spirituale non ha chiara la realtà delle cose, gli rimane a disposizione il “procedimento psicologico”, che consiste nel proporre a chi si confessa la diffidenza nei confronti di eventi particolari di qualsiasi genere. Se la visione proveniva effettivamente da Dio, nell’anima di chi si confessa prevarrà l’umiltà, e questi accoglierà con tranquillità il consiglio di essere ragionevole. In caso contrario, possono verificarsi una reazione negativa e il tentativo di dimostrare che la visione non poteva che essere da Dio. E allora c’è ragione di dubitarne.
CONFESSIONE E DIREZIONE
La direzione spirituale è spesso legata al sacramento della confessione anche se ne è distinta per natura, importanza e metodo. Basti accennare che ciò che viene detto nella confessione non può essere “materiale” per la direzione spirituale… neanche se il direttore ed il sacerdote sono la stessa persona. Solo il direttore può sciogliere questo vincolo e chiedere di “utilizzare” ciò che viene detto nella confessione per la direzione spirituale. Non è strettamente necessario che il direttore spirituale sia anche il confessore, ma è convenientissimo: 1) Per l’intima relazione esistente tra un ministero e l’altro ancorché ogni confessione non richieda necessariamente anche la direzione spirituale. Questa ultima si può fare, per esempio, una volta quando le speciali necessità di chi è diretto lo richiedono. 2) Per la convenienza che la direzione si eserciti nel confessionale; in ogni caso un po’ di direzione spirituale va sempre fatta durante la confessione; 3) Perché favorisce molto l’unità della vita spirituale nell’anima di chi è diretto.
DIFFERENZA TRA AIUTO PSICOLOGICO E DIREZIONE SPIRITUALE
È necessario affermare una chiara distinzione tra le due realtà. Serve avere una idea chiara delle rispettive competenze.
Aiuto Psicologico e/o Psicoterapia.
Obiettivo: la guarigione psichica, la risoluzione dei sintomi, la conoscenza di sé, a volte la ristrutturazione della personalità.
Effetti: alleviamento delle tensioni, la guarigione psicologica, il benessere psichico, la capacità di adattamento alla realtà.
Metodo: ascolto senza nessun giudizio su quanto viene detto. Offerta di una interpretazione e di una tecnica per trattare eventuali conflitti.
Contenuto: tutto il materiale psichico che la persona riconosce in sé (fatti, sogni, ricordi, desideri, ecc…).
Ruoli: medico-paziente, psicologo-cliente, psicoterapeuta-cliente. Lo psicoterapeuta non giudica la moralità.
Relazione: la relazione da uomo a uomo, in essa intervengono fattori emotivi, percettivi (relazione trasferenziale), ecc.
Direzione Spirituale.
Obiettivo: la riconciliazione con il Padre, il permanere nello stato di grazia, la ri-creazione nella libertà dei figli di Dio. Un cammino di formazione e di maturazione evangelica. Acquisizione della mentalità di fede, di uno stile di vita e di scelta “duc in altum”. Incarnazione della grazia nella storia personale. Soprannaturale che entra, vive e incide nella vita naturale.
Effetti: La vita divina in noi, lo stile di vita della beatitudini, la ricezione fruttuosa dei sacramenti, la vita di carità, una conoscenza ed un rapporto sempre più profondo e personale con la Persona di Gesù Cristo e con le tre Persone trinitarie, una profonda e matura vita di preghiera e di penitenza. Un’integrazione tra fede e vita, la comunione ecclesiale: questo è indipendente dalle risonanze psicologiche e si realizza sul. piano della grazia.
Metodo: sincerità e confidenza piena. Cercare con realismo di conoscere e giudicare secondo la verità di Dio. Obbedienza al padre spirituale. Grande disponibilità ad “abbassare le montagne e riempire i burroni” ma anche a “fare le valigie e partire – come Abramo – là dove il Signore vuole e chiama.
Contenuto: tutti gli aspetti e le dimensioni della vita personale e comunitaria.
Ruoli: fedele e sacerdote. Il sacerdote deve porre un giudizio sulla moralità.
Relazione: la relazione è tra il fedele e Dio. Essa viene mediata dalla Chiesa, nella persona del sacerdote Il padre spirituale ha il compito di leggere nel cuore del fedele, innanzitutto la vocazione che Gesù ha scritto dentro di lui e poi di aiutarlo ai discernere tutte le “chiamate” che il Signore vorrà donare e a compiere i passi giusti, nelle direzioni giuste.
Cambiamento: è nell’ordine delle scelte, dello stile, della personalità, dei comportamenti, delle finalità e dei mezzi: è frutto della grazia e della libera corrispondenza della persona.
PRUDENZA E SCIENZE UMANE
La scienza umana dà gli strumenti per esprimere l’esperienza, ma non può comunicare la conoscenza che veramente salva senza la cooperazione della grazia. Pur essendo laureato in filosofia ad indirizzo psicologico e, quindi avendo fatto un bel po’ di esami di psicologia, non posso non tenere conto che la psicologia è nata in ambiente positivista e di quel clima culturale risente ed è impregnata. La psicologia si pone su un piano solo “orizzontale”: esula dalla sue prospettive e dalla sua competenza la dimensione verticale della fede e della realtà soprannaturale.
Ecco perché il Direttorio Generale per la Catechesi (1997) parla del “discernimento evangelico delle differenti tendenze o scuole psicologiche, sociologiche e pedagogiche: i loro valori e i loro limiti. /…/ Lo studio delle scienze umane non è fine a se stesso. La presa di coscienza della situazione esistenziale, psicologica, culturale e sociale dell’uomo si fa guardando alla fede nella quale lo si deve educare. /…/ Bisogna evitare che queste scienze si convertano nell’unica norma per la pedagogia della fede, prescindendo dai criteri teologici che derivano dalla stessa pedagogia divina. Sono discipline necessarie, ma pur sempre al servizio di un’azione evangelizzatrice che non è soltanto umana” (n. 243, pp. 250-251). “In ogni caso, il sacerdote, saprà mantenere la celebrazione della Riconciliazione a livello sacramentale, superando il pericolo di ridurla ad una attività puramente psicologica o semplicemente formalistica” (Direttorio per il ministero e la vita del presbitero, n. 52, p. 53).
LA DIREZIONE SPIRITUALE NON VENDE RICETTE FACILI CHE ELUDANO LA FATICA!
Altro concetto estremamente importante da sottolineare è che il sistema psico-analitico cristiano crede nella possibilità di trascendenza del soggetto; mentre per Freud si rimaneva così come si era: ti sfoghi o ti reprimi. Non c’è trascendenza. Invece nell’autotrascendenza cristiana c’è la possibilità del superamento di sé e ci si può aprire ad una relazione sana.
LE ASPETTATIVE ERRATE DA PARTE CHI SI AVVICINA ALLA SPIRITUALE
C’è chi cerca solo un sollievo temporaneo da un problema immediato; c’è chi cerca solo sicurezza per la decisione vocazionale che deve prendere rinunciando alla sua autonomia proprio perché il direttore è un tipo sicuro e decisionista; c’è chi cerca solo dipendenza affettiva oppure operativa, mascherata con la sottomissione spirituale e la venerazione del direttore… tale dipendenza può essere cosciente o incosciente; c’è chi cerca garanzie anziché rischi… una vita tranquilla con punti fermi senza particolari difficoltà, fallimenti o frustrazioni; c’è chi cerca conoscenza e non cambiamento, vuole conoscersi ma non cambiare. Queste sono tutte aspettative da chiarire subito, perché diventano delle resistenze al cambiamento; il rischio è che si lavori a vuoto e non si cammini.
QUALITÀ TECNICHE DEL DIRETTORE
Nessuno forse come S. Teresa di Gesù ha indicato con tanta precisione le qualità tecniche che deve possedere un buon direttore spirituale. La santa scrive:
Le qualità fondamentali, dunque, sono: 1) La scienza. – La conoscenza della teologia dogmatica – della teologia morale – e della teologia ascetica e mistica. Deve essere un buon psicologo. Il direttore possegga la scienza abituale di un sacerdote sufficientemente dotto e navigato. 2) Discrezione. – La parola discrezione deriva dal verbo latino discernere, che significa, distinguere, separare, dividere: chiarezza e penetrazione di giudizio per distinguere in ogni caso ciò che vero e conveniente da ciò che è falso, ciò che è retto da ciò che non lo è, ciò che è conveniente da ciò che è pregiudizievole. Suppone principalmente tre cose: prudenza nelle decisioni, chiarezza nei consigli e fermezza nell’esigerne l’adempimento. 3)CHIAREZZA NEI CONSIGLI. Essa suppone principalmente due cose:
A. Semplicità e precisione di linguaggio, in maniera da evitare, all’anima diretta, dubbi e incertezze circa il modo di interpretare i consigli ricevuti. Il direttore dovrà quindi evitare il linguaggio indeciso (“forse”, “se le pare”, “a meno che non preferisca”, ecc.). Deve dare norme chiare, ben determinate, che non si prestino a dubbi o interpretazioni equivoche. Deve, per quanto è possibile, risolvere i problemi delle anime che dirige, con un si o con un no fermo, dopo matura riflessione, se, il caso lo richiede. Non deve lasciare insoluto nessun problema.
B. Sincerità e franchezza nel dire alle persone, che si dirigono, la verità senza considerazioni o rispetti umani. Mancherebbe gravemente al suo dovere di direttore chi per non molestare colui che dirige, o per il timore che si rivolga ad altri (!) non gli indicasse le mancanze, i difetti, gli errori e lo lasciasse nelle sue illusioni, oppure esagerasse le sue virtù. A tale proposito scrive giustamente un maestro della via spirituale: “S’incontrano molte anime che sembrano molto virtuose e sono invece completamente vuote di virtù perché sono piene di se stesse e della propria stima e non hanno ancora trovato chi le abbia disingannate dicendo loro che non hanno appreso neppure i primi rudimenti della vita spirituale”. Con prudenza e mansuetudine, ma, allo stesso tempo con energia e fortezza, il direttore deve manifestare all’interessato tutta la verità, assolutamente. Non dimentichi che sta facendo le veci di Dio cui dovrà rendere stretto conto dell’amministrazione dei suoi poteri sacerdotali. Chi non ha il coraggio di dire la verità, sia pure ad un superiore o ad una persona insignita di un’alta dignità ecclesiastica o civile deve rinunciare nella maniera più categorica all’ufficio di direttore spirituale di quella determinata persona.
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DOVERI DEL DIRETTORE SPIRITUALE.
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– I principali sono i seguenti:
1) Conoscere l’anima diretta. 2) Istruirla. 3) Stimolarla. 4) Controllare la sua vita spirituale.
– Il direttore deve sempre tener presente che il fine della direzione spirituale – condurre alla santità – ha bisogno sì, innanzitutto, di indicazioni positive, ma non si potrà mai raggiungere senza il costante lavoro negativo della correzione e distruzione dei difetti, che non mancano mai del tutto, in nessuna tappa della vita spirituale. Questa correzione non deve estendersi solamente ai difetti morali, ma anche a quelli psicologici e di temperamento.
Corregga la precipitazione, la leggerezza, l’incostanza, la superficialità, i capricci, i punti di vista errati, obbligando l’anima a seguire una norma seria, costante e precisa, che non lasci campo a dubbi ed a scappatoie. 6) Procedere progressivamente.
C) FERMEZZA ED ENERGIA NELL’ESIGERNE L’ADEMPIMENTO.
Il direttore deve stare attento a non diventare praticamente il diretto. Certe anime hanno una straordinaria abilità nel fare accettare i loro punti di vista ed ottenere quindi che il direttore “comandi” ciò che loro vogliono. Con soavità e dolcezza, ma anche con fermezza ed energia irremovibile deve prevenire o eliminare questo abuso. Una volta dato il giudizio, secondo quanto gli detta la sua prudente coscienza, non lo deve cambiare, nonostante suppliche e proteste, a meno che non mutino sostanzialmente le circostanze. Esperienza. – Il direttore spirituale deve essere dotato di esperienza personale e esperienza altrui.
QUALITÀ MORALI DEL DIRETTORE
Le principali sono cinque: intensa pietà, zelo ardente, profonda umiltà, infine perfetto distacco e disinteresse nelle relazioni con le anime. Bontà e soavità di carattere. Diceva S. Francesco di Sales, “si ottiene di più con una oncia di miele che con un barile di aceto”. Perfetto disinteresse e distacco nelle relazioni con le anime. Il direttore non deve amare le anime per le consolazioni che esse gli procurano, ma unicamente per portarle a Dio. S. Agostino fa notare che “coloro i quali dirigono le pecore di Cristo come fossero proprie, dimostrano di amare se stessi e non il Signore”. S. Lorenzo Giustiniani chiama un simile modo di comportarsi furto sacrilego, poiché è un appropriarsi di ciò che il Signore rivendica gelosamente per sé.
IL FIGLIO SPIRITUALE
Definizione. – È ogni anima, che, aspirando seriamente alla perfezione cristiana, si è volontariamente posta sotto il governo di un direttore spirituale.
QUALITÀ E DOVERI DEL DIRETTO.
A) IN RAPPORTO ALLA DIREZIONE – I principali sono quattro: piena sincerità e apertura di cuore, docilità e obbedienza, perseveranza ed infine assoluta discrezione.
Si illudono, quindi, coloro che manifestano al direttore unicamente le cose buone o meno cattive e confessano ad uno sconosciuto i loro peccati. È vero, non è necessario che lo stesso sacerdote sia confessore ordinario e direttore spirituale, ma è sempre necessario che non si nasconda nulla al direttore della propria vita, soprattutto le proprie miserie.
2) Docilità ed obbedienza. – Il direttore non si trova su un piano di uguaglianza o di semplice amicizia con colui che dirige. Il suo compito è paragonabile a quello del maestro e dell’educatore. Senza questa, docilità la direzione sarebbe inefficace e quindi inutile. 3) Perseveranza. – il trascorrere lunghi periodi di tempo senza direzione, il mutare pratiche, metodi, lasciarsi trasportare dal capriccio del momento, nell’osservanza delle norme ricevute dal direttore, rende praticamente nulla la direzione. 4) Assoluta discrezione. – Non dimentichi chi è diretto che se il direttore è vincolato dal sigillo sacramentale o dal segreto naturale, quest’ultimo obbliga anche lui nei riguardi del direttore. Non deve quindi mai confidare ad altri gli avvisi, le norme o i consigli ricevuti, neppure per motivi buoni. I consigli dati ad una determinata persona con il suo particolare temperamento, possono non essere convenienti ad altre persone, dotate di temperamento diverso e poste in altre circostanze. L’indiscrezione di chi è diretto è motivo più che sufficiente perché il direttore sospenda la sua opera verso una persona che se ne è mostrata indegna.
B) VERSO LA PERSONA DEL DIRETTORE. – I principali sono: rispetto, fiducia ed amore soprannaturale.
La direzione è moralmente necessaria, non assolutamente necessaria, per la santificazione e quindi Iddio – nel caso ci sia ignoranza del soggetto o assenza di suo volontario rifiuto – può provvedere in altri modi alle anime di buona volontà che non possono disporre di questo mezzo ordinario.
IL DISCERNIMENTO DEGLI SPIRITI
Bisogna sapere riconoscere in un caso determinato se questa o quella anima è mossa dallo spirito di Dio, dalle aberrazioni della sua fantasia o dallo spirito delle tenebre. Senza il discernimento degli spiriti, l’azione del direttore spirituale risulterà vana e molte volte dannosa e controproducente.
P. Scaramelli afferma: “Un direttore che non ha acquistato la sufficiente discrezione di spirito, non può conoscere da dove provengono gli impulsi e i movimenti delle nostre anime; se da Dio, o se dalla nostra corrotta natura o se dal demonio; il che è anche più vero quando le mozioni interne sono straordinarie come succede frequentemente alle anime contemplative. Per la qual cosa si espone a manifesto pericolo di approvare quello che è degno di riprensione, e di riprendere quello che è degno di disapprovazione, e di prescrivere regole non rette per le quali, invece di promuovere le anime alla perfezione, frapponga loro impedimenti o le incammini forse per i sentieri della perdizione. Di qui si deve dedurre che non si può esimere da una certa nota di temerità e da qualche macchia di colpa chiunque faccia il padre spirituale delle anime, senza avere acquistato la dovuta nozione e il discernimento degli spiriti; e molto più se si espone a confessare nei monasteri di religiose tra le quali ce ne sono sempre molte che attendono seriamente alla perfezione e se ne trova sempre qualcuna che Dio conduce per vie straordinarie, e non può confrontare i movimenti del suo cuore tranne che col suo confessore. È necessario, dunque, esaminare attentamente i mezzi che abbiamo a disposizione per conseguire il discernimento acquisito degli spiriti.
2. Il discernimento acquisito e mezzi per conseguirlo. – I mezzi principali per acquistare questa arte divina sono: 1) L’orazione. 2) Lo studio. E necessario approfondire i dati della S. Scrittura, dei santi Padri, dei teologi e i maestri della vita spirituale, soprattutto di coloro che seppero unire insieme scienza ed esperienza. 3) L’esperienza propria. 4) La rimozione degli ostacoli. Bisogna evitare, soprattutto, lo spirito di autosufficienza, che spinge a decidere per proprio conto, senza consultare mai i sapienti e gli sperimentati. Si eviti anche con cura l’attaccamento o l’eccessivo affetto alla persona diretta, che intorbida la chiarezza dello sguardo e impedisce di vedere i suoi difetti, o spinge a procedere con eccessiva benignità e mancanza di energia.
I TRE SPIRITI CHE MUOVONO L’ANIMA.
S. Bernardo indica sei spiriti diversi che possono muovere l’uomo nelle sue operazioni: lo spirito divino, l’angelico, il diabolico, il carnale, il mondano e l’umano. Si possono però ridurre facilmente ai tre spiriti indicati comunemente dai maestri della vita spirituale, giacché lo spirito angelico si riduce a quello divino, in quanto che gli angeli sono strumenti di Dio, e non operano se non secondo le sue divine ispirazioni; il mondano si riduce al diabolico, in quanto che il mondo è il miglior alleato di Satana; e il carnale si riduce all’umano, di cui è una delle manifestazioni più frequenti. Dio ci spinge sempre al bene, operando direttamente sui nostri spiriti o servendosi delle cause seconde. Il demonio ci spinge sempre al male, sia per se stesso, sia per mezzo del mondo che è suo amico e alleato. La natura alcune volte ci inclina al bene, conosciuto dalla ragione e desiderato dalla volontà, e altre volte al male, trascinata dalla propria concupiscenza, che le fa considerare come bene apparente quello che in realtà è un male.
Alle volte questi spiriti si mescolano in mille maniere. È evidente che lo spirito di Dio e quello diabolico non possono spingere contemporaneamente a una buona azione. Lo spirito divino e quello puramente naturale possono invece spingere a un’azione per sé buona e onesta.
Può avvenire che prima o dopo l’illuminazione divina si siano introdotti inconsciamente molti movimenti puramente naturali o umani i quali hanno fatto perdere ad essi la loro primitiva purezza. In questi casi si richiede nel direttore una grande saggezza soprannaturale per sapere distinguere l’oro dall’orpello. Inoltre, non pare che ripugni o sia impossibile che dopo una mozione divina s’intrometta nell’anima in modo subdolo col permesso di Dio, l’azione diabolica. Non sempre sarà facile distinguere dove termina l’azione di Dio e dove comincia l’influenza dello spirito delle tenebre e degli impulsi naturali.
Tuttavia, l’attento esame e il confronto delle caratteristiche generali di ognuno dei tre spiriti offrirà, nella maggior parte dei casi, dati sufficienti per poter fare il discernimento con garanzia di successo.
Questa riflessione sul Direttore Spirituale è di Don Guglielmo Fichera
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
* ANTONIO ROYO MARIN, Teologia della perfezione cristiana, Ed. Paoline, 8ª Ediz.,1989
* AAVV, “Direzione spirituale e orientamento vocazionale”, EP 1992
* A. MANENTI, “Vivere gli ideali”, EDB 1988
* L. M. RULLA, “Antropologia della vocazione cristiana”, PIEMME 1985
* A. CENCINI, “L’accompagnamento personale…”, in AAVV, “L’accompagnamento alla vita religiosa “, ROGATE 1991
sono molto felice che esiste uns pagina cosi importante del direttore Spirituale io sono molto interessata e amo con tutto la mia anima il cuore Sacro di Dio e di Gesu´Cristo nostro Salvatore …… Amennn Alleluiaaaaaaaaaaaaaaa
Complimenti per l’articolo chiaro, completo e ben scritto.