Cosa farà il figlio disabile una volta che i genitori saranno morti o avranno essi stessi bisogno di assistenza e di aiuto? È la domanda che si pongono tutte le famiglie che si trovano in questa situazione, e James e Judy Lee, di Sacramento (Stati Uniti), non fanno eccezione.
James e Judy sono i genitori di Justin, affetto da paralisi cerebrale e nato senza alcune parti del cervello. Justin soffre anche di crisi che ultimamente sono peggiorate. In queste occasioni rimane spesso in silenzio, e perciò deve dormire accanto ai suoi genitori affinché questi possano rendersi conto di quando ha bisogno di aiuto.
Mamma Judy ha affermato che assistere Justin assomiglia molto a prendersi cura di un neonato. “Ti trovi in quella modalità di sopravvivenza che si sperimenta nei primi mesi, quando il ritmo del tuo bambino diventa il tuo ritmo e dormi quando dorme lui e mangi quando mangia lui. E tutta la tua attenzione è concentrata su di lui”, ha spiegato a NPR.
Justin, però, non è un neonato. Ha compiuto da poco 16 anni e pesa circa 45 chili. Non parla, non cammina e richiederà sempre cure continue. Riceve musicoterapia, terapia occupazionale e consulenza.
“Se a livello fisico sappiamo che ha tanti limiti, la mia speranza è che a livello cognitivo riesca ad esprimere ciò che sa, le sue necessità e i suoi desideri, soprattutto man mano che invecchiamo e che altre persone si prenderanno cura di lui”, ha confessato mamma Judy.
Per quanto si sa, Justin ha un’aspettativa di vita normale. I suoi genitori hanno superato entrambi i 50 anni e non hanno altri figli, per cui la preoccupazione per il futuro di Justin è sempre presente nei loro pensieri.
“Sono certo che arriverà il momento in cui avremo bisogno di qualcuno che si prenda cura di noi, per cui in questa famiglia ci saranno tre persone che richiederanno qualche tipo di assistenza. Non so cosa accadrà allora”, ha confessato papà James.
La maggiore fonte di supporto per James e Judy è la comunità di fede. Ogni domenica si recano a Messa nella parrocchia cattolica del Sacro Cuore di Sacramento. James accetta l’empatia della gente, ma non la sua pietà. A questo proposito, ha ricordato che un uomo una volta gli ha chiesto in un gruppo di sostegno se odiava Dio a causa della disabilità di Justin.
“Ho risposto: ‘No, in realtà sono grato che abbia scelto noi per prenderci cura di Justin’”, ha detto. “Attraverso la preghiera ho ricevuto la grazia e la forza per far fronte a tutte le sfide e vedere l’aspetto positivo, perché ce ne sono tanti”, gli fa eco Judy. “Justin è un figlio splendido. È dolce. È affettuoso. Non posso fare a meno di essere felice di essere sua madre”.
Di Roberta Sciamplicotti per Aleteia.it